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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 28/03/2013, 13:38 
C.Levan ha scritto:
Allora potremo dire che l’identificazione del mondo con la sua quantificazione non si addice al pensare umano libero. Con questo, senz’altro, concordo.


A me pare sempre che al pensare si addica tutta l'immaginativa morale possibile tranne che la convenzione. O meglio: uno può pensare anche in modo convenzionale. Ma allora si permane nella specie umana, testimoniando di essere esemplari della specie. Non individualità.


  
 
 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 28/03/2013, 16:25 
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C.Levan ha scritto:

Sono dell'idea che i grandi artisti non suonino sul ritmo ma tra il ritmo, appoggiandosi ad esso, come sono dell'avviso che i grandi artisti non cantino le note ma tra le note, appoggiandosi ad esse, liberando in tali modi l'essenza della musica dai punti di riferimento.

Cosa ne pensate?



Penso che fai dei salti intuitivi un pò troppo alti. Ma dopotutto non ti sei scostato poi molto dal tema che proponevo.
Per di più da qualche settimana ho ripreso in mano "Physical and Etherical Spaces" di Georg Adams, che parla di geometria proiettiva. E allora ai miei occhi sei molto in tema!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 31/03/2013, 10:20 
C.Levan ha scritto:
La geometria è una espressione spirituale.
Si distingue dal pensiero che edifica la natura per il fatto di essere una espressione umana. Non ho ricontrollato la fonte ma se non sbaglio, ne “La mia vita”, Rudolf Steiner ne parla quando narra a riguardo degli studi tecnici che fece prima dell’università. Detto questo hai toccato un tema importante, quello della misura, che in realtà non fa un tutt’uno con la geometria quale descrizione di forme attraverso punti, linee, figure e solidi, basandosi su assiomi per arrivare alla formulazione di teoremi complessi. La misurazione mi pare successiva a questo. Ne da la quantità. Ed infatti tra la geometria euclidea, o quella di Pitagora, e la misurazione in se, bisogna distinguere. Il problema della misurazione si ha quando il “quanto” delle cose prende il posto della percezione delle cose stesse; ovvero quando si identifica il mondo con numero, peso e misura. Allora potremo dire che l’identificazione del mondo con la sua quantificazione non si addice al pensare umano libero. Con questo, senz’altro, concordo.


E con cosa d'altro non concordi?


  
 
 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 04/04/2013, 13:39 
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Pincopallinoblues ha scritto:

A me pare sempre che al pensare si addica tutta l'immaginativa morale possibile tranne che la convenzione. O meglio: uno può pensare anche in modo convenzionale. Ma allora si permane nella specie umana, testimoniando di essere esemplari della specie. Non individualità.


Concordo con te quando parli dell'uomo come di un uomo ispirato, libero nel pensare; o tendente al pensiero libero.

Un uomo libero nel pensare, riconoscerebbe il contenuto spirituale di qualsiasi opera d’arte, purché abbia un contenuto spirituale, al di là di qualsiasi codice metrico o formale.

Ma nell'uomo vivono entità diverse da lui stesso, che concorrono alla sua evoluzione.
Nel pensare per esempio, l'uomo viene portato nella sua razionalità a generalizzare in numero, peso e misura.
In se, numero, peso e misura non hanno una valenza negativa, ma possono averla qualora il pensiero umano si conformi esclusivamente a questi in astrazioni fredde e quantitative, e venga ad ostacolarsi la formazione delle capacità di percezione diretta del mondo.

La percezione spirituale di fatto non manca; non è di certo assente. Si da in modi diversi. Ma al contempo sappiamo che va conquistata; la libertà è in divenire.

Non sarei daccordo se si intendesse l'uomo come già e sempre libero, cosa comunque da te non affermata.

Non essendo già e sempre libero l’uomo da vincoli di numero, peso e misura, ecco che si fa necessaria la veste della metrica perché un contenuto spirituale presente in una musica, giunga fino a lui.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 04/04/2013, 22:23 
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lonblu ha scritto:

Penso che fai dei salti intuitivi un pò troppo alti. Ma dopotutto non ti sei scostato poi molto dal tema che proponevo.
Per di più da qualche settimana ho ripreso in mano "Physical and Etherical Spaces" di Georg Adams, che parla di geometria proiettiva. E allora ai miei occhi sei molto in tema!


Innanzitutto vorrei ringraziarti per l'inforazione relativa alla geometria proiettiva, materia che nemmeno conoscevo e che andrò ad approfondire.

Poi, in effetti, per affermare quanto scritto, avrei potuto presentare tali pensieri in una forma indipendente ed articolata; cosa che mi propongo di fare in un prossimo post.

Tornando al tuo primo quesito, interessante è ciò che scrivi sulle relazioni tra tempo e ritmo.

A riguardo mi giunge il pensiero che lo scorrere del tempo non sia misurabile. L'idea della sua presunta misurazione cade quando, vista l'unidirezionalità del tempo nel mondo fisico, non è possibile rimisurare lo stesso intervallo di tempo in un secondo momento: manca il riscontro oggettivo. Quindi già la scansione metrica del tempo è una illusione.

Il ritmo, inteso come intervalli di battuta, vorrebbe allora descrivere una accelerezione od un rallentamento della musica, ma sempre basandosi su un sistema di misura incoerente. Non solo: sarebbe poi lecito rappresentare una musica soltanto su cambi di ritmo secchi (es. da 3/4 a 4/4) senza poter usufruire delle infinite variazioni che stanno tra questi? Come fai notare il nostro cuore non fa così.

Ed in effetti entra allora in gioco la capacità di sentire dell'artista, perché come interprete non legge solo lo spartito ma vede la musica con l'anima. Sente qualcosa di sottile per portarlo con le note nel mondo fisico. Allo spartito si appoggia solamente.

Mi chiedo allora se la musica sia creata dall'uomo, anche nella prima stesura o composizione, oppure solamente sentita quale contenuto spirituale extra umano. Io protendo per la seconda ipotesi, ma, come detto, cercherò di argomentare successiavamente.

Grazie per i tuoi interessantissimi post letti sempre molto volentieri.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 05/04/2013, 0:42 
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Iscritto il: 21/07/2011, 18:17
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C.Levan ha scritto:

Tornando al tuo primo quesito, interessante è ciò che scrivi sulle relazioni tra tempo e ritmo.

A riguardo mi giunge il pensiero che lo scorrere del tempo non sia misurabile. L'idea della sua presunta misurazione cade quando, vista l'unidirezionalità del tempo nel mondo fisico, non è possibile rimisurare lo stesso intervallo di tempo in un secondo momento: manca il riscontro oggettivo. Quindi già la scansione metrica del tempo è una illusione.

Il ritmo, inteso come intervalli di battuta, vorrebbe allora descrivere una accelerezione od un rallentamento della musica, ma sempre basandosi su un sistema di misura incoerente. Non solo: sarebbe poi lecito rappresentare una musica soltanto su cambi di ritmo secchi (es. da 3/4 a 4/4) senza poter usufruire delle infinite variazioni che stanno tra questi? Come fai notare il nostro cuore non fa così.


Grazie dei commenti, fa molto piacere!
Sono colpito da quello che spieghi, e vorrei portarti alle origini: come è nato questo punto di vista?
Principalmente col ballo, in cui due persone, uomo e donna di solito, devono accordarsi sul ritmo. Allora entrano in gioco le abitudini ritmiche, che sono essenzialmente degli istinti molto forti (ma pur sempre banali istinti). Col ballo risulta evidente che ci sono delle abitudini ritmiche a cui si deve spesso sottomettersi per scopi educativi.
Originalmente la metrica del latin jazz (o salsa, quella che si balla per intenderci) è nata con la clave, che sono due bacchette di legno che battono 3colpi + 2colpi, 3-2-3-2-3- e così via. Le misure che derivano dalla musica latin-jazz moderna sono dei 4/4, in cui 2/4 coprono i 3 battiti, e 2/4 i 2 battiti.
Ma la successione originaria della musica latina è un dialogo tra lega i 3 battiti ai 2, ai 3, e via dicendo, mentre la metrica moderna è una successione monotona di battute. In questa successione come sono legate tra loro le battute?
--Nel latin-jazz c'è il dialogo della clave che detta legge, più che il ritmo 4/4, ma anche in altri generi, se non in tutti, più o meno liberi, è possibile notare delle formazioni dialoganti, che per esempio si esprimono con delle risonanze, come nei ritornelli - di quelli che ti restano in testa ascoltando la musica alla radio.
--Se non mi sbaglio si dice che in un tempo 4/4 il primo quarto è più importante, il terzo un pò meno, e il secondo e il quarto ancora meno. Dovrebbe forse esserci una risonanza di tutti i primi quarti tra loro? O di tutti i terzi quarti tra loro? Ma è utile saperlo per andare a tempo?

Ho paura di rendere tutto troppo astratto.
Ciao e grazie!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 05/04/2013, 17:48 
C.Levan ha scritto:
Non essendo già e sempre libero l’uomo da vincoli di numero, peso e misura, ecco che si fa necessaria la veste della metrica perché un contenuto spirituale presente in una musica, giunga fino a lui.

La veste della metrica è convenzionale. Se l'uomo vuole liberarsi (dato che può liberarsi) dovrebbe occuparsi dello spogliarsi degli abiti della convenzione sociale, anziché preoccuparsi della metrica.


  
 
 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 06/04/2013, 2:52 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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C.Levan ha scritto:
Il tempo è organizzato in frazioni uguali, o battute, mentre le note, nella loro diversa altezza, sono suddivise secondo l'ordine della scala cromatica ove ogni semitono si distingue dal precedente per il fatto di avere una frequenza di lunghezza d'onda doppia.


Rientro a leggere dopo un periodo in cui non me ne restava il tempo (per farlo bene, intendo, e per rispondere). Come prima cosa, scusa, ma devo correggerti, la parte sottolineata è errata. La frequenza d'onda raddoppia di ottava in ottava, cioè il do otto note sopra ha frequenza doppia rispetto a quello inferiore. Ma questo, con quanto segue, non ha molto a che vedere.

Quanto al resto, mi sembra di capire che intendi: la musica si adatta al pensare umano facendosi rappresentare come geometria. Potrei mutarla in: sono le forze dell'antipatia che forzano la musica in una tale "geometria", mentre per quelle della simpatia essa sarebbe una specie di flusso abbastanza indeterminato, proprio come un lattante può ascoltare una sinfonia.

Quanto al resto, che l'essenza della melodia stia nel vuoto degli intervalli è affermazione di Steiner.

Infine una considerazione: nel canto gregoriano il ritmo (le stanghette ecc) non c'era. Ed anche l'antico linguaggio era un canto. Oggi dovremmo cantare di più mentre parliamo, invece spesso ce ne vergogniamo. E parliamo come dei depressi. Oppure ci facciamo portare dall'accento dei dialetti, o anche delle lingue, invece che determinare noi l'aspetto musicale del nostro eloquio.
Tutto ciò appartiene al passato, è una forma di materialismo, nel senso che si cura solo il contenuto del linguaggio e non la forma, l'espressione, l'aspetto vitale.
Nel periodo del classicismo la musica era già "materialistica", in anticipo sulle altre arti: squadrata, simmetrica, esprimeva più lo "spirito" esterno che quello dell'io, sino al romanticismo. Solo che il romanticismo ha usato inizialmente gli stessi mezzi, colorandoli con l'io. Allora la vecchia uniformità ritmica ha cominciato ad andare in crisi, e comunque sempre lo spartito è stato una indicazione che richiamava altro, mai un carcere duro.

Osserviamo che la musica dell'800, o quella delle canzoni, è fatta di note tenute, precise, diciamo cristalline, come degli scalini, mentre il parlato somiglia ad un sentiero. Questo per l'altezza delle note. Ma per la loro durata? Qui vi è tendenza ad una maggiore uniformità, regolarità. Mentre il cantante d'opera o Nilla Pizzi allungavano certe note per ampliare l'espressione, oggi vi è da una parte tendenza ad una maggiore uniformità (materialismo, forze dell'antipatia, cervello sinistro, spazio, polmone ... ), dall'altra (musica d'avanguardia) il ritmo viene ormai negato, considerato un elemento quasi come la rima nella poesia, un supporto di cui si può fare a meno (luciferico, cervello destro, tempo -!!! - forze della simpatia).
Ma, poiché il ritmo, come la rima in poesia, è un supporto per la memoria, sino a che punto si può farne a meno, del ritmo? Solo in quanto la memoria si rinforzi, venga cioè o 1) supportata da altro, oppure 2) diventi super.
1)A, Supportata dai mezzi meccanici, registrazioni ecc. 1)B, supportata dal riferirsi ad altro, per esempio mimando un discorso, "percorrendo" un certo spazio reale esterno, ecc. 2) la memoria super oggi non mi pare affatto si sia sviluppata, eventualmente è il contrario.

Si noti come il dilemma somigli a quello della scrittura, che andò a sostituire la memoria dei cantori, fornendo agli stessi un supporto praticamente infinito.

Lascio qui per ora (e per l'ora!). Anche il brano in link, lo ascolterò un'altra volta. Ciao a tutti.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 08/04/2013, 18:06 
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Iscritto il: 26/01/2013, 19:51
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Grazie a te Lonblu, per l'argomento davvero interessante.
Mi scuso invece per la tardiva risposta.

Quanto mi racconti mi porta ad anni fa, quando studiavo privatamente musica jazz, e mi ero posto quesiti analoghi.

Il mio maestro di allora nel tentativo di spiegarmi lo swing, che mostra similitudini evidenti in ciò che hai riscontrato nella salsa, mi disse di immaginare lo scorrere del tempo di una battuta lungo la circonferenza di un cerchio.
Mi spiegò poi che nello swing il tempo non andava inteso più così.
Nello swing lo svolgersi del tempo andava procedendo lungo la circonferenza di un elisse, o forse di un ovoidale.

Per insegnare lo swing quindi, il mio maestro, usò una immagine che introduce a qualcosa che va al di là anche del ritmo, e che non saprei chiamare in altro modo che movimento.

Quando con molta chiarezza di immagine hai parlato della salsa, ho sentito il bisogno di verificare ed ho trovato questo:

http://www.youtube.com/watch?v=lsTfm1xIvPA

Nel video abbiamo la scansione regolare dei 4/4 in cui si sovrappongono, sui primi 2/4, i due primi colpi di clave, e sui secondi 2/4, gli altri tre colpi; poi viceversa come tu descrivi.

Ora ci si può chiedere: Precisamente sulla partitura, dove cadono i colpi di clave?
Sembra quasi che, da un punto di vista metrico, la loro collocazione precisa sia indefinibile.
Ed inoltre si noti un'altra cosa: i colpi sembrano battuti non con la stessa intensità, ma ancora secondo l'immagine di qualcosa che si riavvicina e si riallontana.

Torna l'idea del movimento.
Si potrebbe immaginare di spingere un carretto a due ruote a velocità costante; costante come l'andamento del tempo.
Un carretto le cui ruote abbiano la stessa circonferenza ma che una sia tonda e l'altra ovoidale.
Si potrebbe poi immaginare il movimento del carretto, col suo andamento ad alti e bassi, senza sussulti o strattoni, in quel suo particolare modo, ricavandone una impressione, per permanere poi solo in essa.
Se infine su di essa ci si movesse, forse avemmo trovato qualcosa di simile alla salsa, a patto di aver individuato la particolare curvatura della ruota ovoidale.

La cosa straordinaria che emerge dal tuo quesito, è che in tutto il nuovo continente vi è tutta una serie di musiche costruite su questo tipo di movimenti, che va dalla bossa nova, al reggae fino al Jazz in tutte le sue diramazioni.

Ora ci si potrebbe chiedere il perché del fatto che nelle americhe l'interpretazione del tempo in musica, possa prendere questi andamenti così particolari.

Una risposta me la ha data in questi giorni una ragazza brasiliana raccontandomi che in brasile la musica si sente fin dalla mattina presto e da tutte le case, e ad alto volume, e che poi, quando si va in spiaggia e si sente poi la musica delle onde, è di nuovo, ancora, la stessa cosa.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 08/04/2013, 18:53 
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C.Levan ha scritto:
Nel video abbiamo la scansione regolare dei 4/4 in cui si sovrappongono, sui primi 2/4, i due primi colpi di clave, e sui secondi 2/4, gli altri tre colpi; poi viceversa come tu descrivi.

Ora ci si può chiedere: Precisamente sulla partitura, dove cadono i colpi di clave?
Sembra quasi che, da un punto di vista metrico, la loro collocazione precisa sia indefinibile.
Ed inoltre si noti un'altra cosa: i colpi sembrano battuti non con la stessa intensità, ma ancora secondo l'immagine di qualcosa che si riavvicina e si riallontana.


Esatto! inoltre il video che hai indicato ti mostra un'altra astrazione o matematizzazione "occidentale" della clave, e cioè che esisterebbe una clave 2-3, e una clave 3-2.
Ma per la mia esperienza la clave tende a essere sempre la stessa, ovvero un dialogo tra il 3 e il 2: qualche volta predomina il 3, qualche volta il 2. E' qui che si può giudicare la qualità della musica.
Puoi fare un pò di pratica con la musica di Ray Barretto, ad esempio: cercare di dominare il dialogo astrattamente non funziona; è il sentimento implicito nel dialogo che funziona. Una regola che trovo utile: suonare nel modo che meglio mi permette di sentire-ascoltare-percepire la musica nella sua pienezza. Altrimenti ci si chiude nelle abitudini percettive e muscolari, coi crampi che ne derivano.
E' in queste forme di dialogo che mi ritrovo col concetto del "simil-parola" di G.Kuhlewind, di cui accennavo nel primo post.


C.Levan ha scritto:
Una risposta me la ha data in questi giorni una ragazza brasiliana raccontandomi che in brasile la musica si sente fin dalla mattina presto e da tutte le case, e ad alto volume, e che poi, quando si va in spiaggia e si sente poi la musica delle onde, è di nuovo, ancora, la stessa cosa.


Grande! Mi fai voglia di Brasile!
Le abitudini ritmiche più raffinate sono dei processi naturali che vanno da sé, come il canto degli uccelli, il pulso del cuore, la pioggia, le onde...chissà...l'argomento comincia a prendere spessore. :P :lol: :?: :idea: :?:


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