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 Oggetto del messaggio: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 08/03/2013, 16:36 
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Iscritto il: 21/07/2011, 18:17
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Qualche riflessione in contemporanea col corso di solfeggio che sto seguendo.
All'inizio di una partizione è indicato il tempo 2/4, 3/4, 6/8, 4/4, ecc., ed è indicato una volta sola, come per dire "Beh, prova a tenerlo, questo tempo!". In effetti non c'è da badarci tanto perché normalmente lo si fa passare come azione abitudinaria: una volta trovata la melodia, il tempo ce lo possiamo dimenticare.
Però si trova sempre qualcuno che va fuori tempo, ma egli non lo percepisce a meno che non glielo si faccia notare. Uno può provare a correggere l'abitudine, ma funzionerà meglio?
L'abitudine che si prende nel tenere il tempo è molto forte, è radicata nella natura, e non la si mette molto alla prova. Il tempo è il battito del cuore, il ritmo della respirazione, se mi chiedi di cambiare il tempo mi chiedi di intervenire dove non posso per natura, nel battito e nella respirazione.
E allora migliora il ritmo! Non è forse la stessa cosa del tempo? Tempo e ritmo, insomma, cosa cambia? Forse nel ritmo si ha una diversificazione, mentre nel tempo una semplificazione. Il tempo non cambia, il ritmo si. Tempo e ritmo si definiscono a vicenda, più il tempo si impone (impone sé stesso) come elemento costante, più il ritmo si può diversificare.
Il tempo parla, il ritmo parla, sono due elementi creativi, simil-parola.
La nostra definizione matematica, misurata, del tempo, crea qualche difficoltà alla creatività. Quando si legge una partizione ci si mette del proprio, altrimenti potremmo farla leggere ad un computer e sederci comodi con una sigaretta ad ascoltare. Ma dove ci si mette del proprio? Nell'interpretazione dello spartito che spazio viene dato alla creatività? Si pretende eseguire un pezzo alla perfezione, ma la perfezione non può evitare di essere creatività (soggettività, anima) dell'interprete, che non è un computer.
Se un computer divide tutto in piccoli pezzi, in piccole informazioni, l'anima dell'interprete si sente obbligata all'unire tutto in un tuttuno armonioso. E questo tuttuno trova il tempo quale suo elemento più semplice, più unificante. Ecco allora che si può concepire il tempo creativamente, non solo quale abitudine. Nell'affermare la sua costanza, il tempo diventa simil-parola, parla creativamente, diversamente dalla sordità che le abitudini implicano.

Auguri alle donne!


Ultima modifica di lonblu il 09/03/2013, 1:08, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 08/03/2013, 18:34 

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Grazie Lonblu! Fa piacere risentirti!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 08/03/2013, 22:06 

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grazie anche da parte mia :-)


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 10/03/2013, 0:55 
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Il ritmo incide sulla volontà, cioè sulla parte meno cosciente di noi. Il ritmo dei tamburi di guerra serve appunto a caricare la volontà dei combattenti. Se poi viene accentuato dagli ottoni (trombe ecc) anche la parte cosciente della volontà si muove. Se aumente la velocità, cioè se acceleriamo il tempo, l'impegno diventa maggiore, si articola maggiormente verso le membra, si esteriorizza.

Certamente suonando si può cambiare il ritmo, passando da un valzer in 3/4 a una marcetta in 2/4, e si può accelerare o rallentare, modificando il tempo. Preciso queste cose perché non colgo il punto che vuoi raggiungere - e forse non è nemmeno necessario ...


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 13/03/2013, 3:19 
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Iscritto il: 21/07/2011, 18:17
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Cita:
Certamente suonando si può cambiare il ritmo, passando da un valzer in 3/4 a una marcetta in 2/4, e si può accelerare o rallentare, modificando il tempo. Preciso queste cose perché non colgo il punto che vuoi raggiungere - e forse non è nemmeno necessario ...


Come non è necessario?
Anche se si può cambiare il tempo, come dici, è possibile passare da un'abitudine 3/4 all'abitudine 2/4, col risultato che il tempo non viene curato, non viene affermata la stabilità che lo rende vivo (creativo, simil-parola, come vuoi).
Il ritmo e la melodia possono differenziarsi e trovare più precisa espressione quando il tempo è stabile, ma non stabile abitudine, piuttosto stabile affermazione di sé.
In effetti in questa descrizione il tempo si obiettiva come ente spirituale (creatore, creativo) a fianco all'interprete. L'interprete che cura il tempo lo libera come essere: in effetti il tempo spirituale è detto anche eterna, immutabile presenza.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 13/03/2013, 21:33 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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lonblu ha scritto:
Il ritmo e la melodia possono differenziarsi e trovare più precisa espressione quando il tempo è stabile, ma non stabile abitudine, piuttosto stabile affermazione di sé.
.


Personalmente non vedo questa necessità di mantenere il ritmo (con tempo tu intendi quello) sempre eguale. Mi sembra quasi che tu parli del tempo del Padre (quello della croce greca, della simmetria, della natura) mentre noi viviamo nel tempo del figlio, qui, incarnati. Non so se hai presente che secoli fa la musica religiosa non ammetteva il ritmo binario: solo il ternario era puro, e puoi facilmente immaginare il perché. I popoli slavi, quelli cui è destinata la "reggenza" del 6° periodo postatlantico, quello che verrà, usano facilmente ritmi complessi e composti, quali il 5/4 (v. un famoso brano, mi pare nella Patetica, di Ciaikoskij) o addirittura 15/16.
Poi, secondo Gregorat, il ritmo 4/4, con le sue simmetrie, è stimolante e condizionante insieme, lui par dire "naturale". Ma questo riguarda più le strutture musicali (frase-risposta ecc.) che il ritmo.
Quando Strawinskij, con il Sacre du Printemps, introdusse una successione di ritmi uno diverso dall'altro, ottenne un effetto "barbaro": ciò può mostrare come la simmetria e regolarità di cui sopra siano piuttosto un portato dell'intelletto, che razionalizza l'esistente, che un vero impulso vitale. I canti degli uccelli non hanno regolarità ritmica.


lonblu ha scritto:
In effetti in questa descrizione il tempo si obiettiva come ente spirituale (creatore, creativo) a fianco all'interprete. L'interprete che cura il tempo lo libera come essere: in effetti il tempo spirituale è detto anche eterna, immutabile presenza.
V. appunto sopra, sul Tempo del Padre. Quanto all'azione del tempo in musica, esso certo agisce, oltre che sul fisico, anche nell'eterico (per esempio, non c'è ritmo senza memoria, cioè senza possibilità di strutturare un prima e un dopo come fossero compresenti: vale a dire tante piccole enclavi di spazio-fisico entro il tempo-eterico).
Questo può far sì che l'interprete, come tu segnali, possa sentire entro di sé come la forza di un essere spirituale che agisce ad un livello (corpo eterico) nel quale e del quale lui non è particolarmente cosciente.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 20/03/2013, 2:48 
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Iscritto il: 21/07/2011, 18:17
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Va bene, è una discussione in corso...e la mia chitarra mi ha abbandonato, non suona più! Ora so come spendere 300€.
Grazie comunque, è interessante...molto interessante!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 25/03/2013, 3:00 
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Iscritto il: 26/01/2013, 19:51
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Questa interessante discussione inerente alle costrizioni del tempo in forme strettamente metriche, proprie se non altro delle forme classiche della musica occidentale, mi riporta ad una riflessione di diversi anni fa, che sentii il bisogno di sviluppare.

Dunque: Si può osservare come nello spartito, il tempo, nella forma della scansione ritmica, e l'altezza, come indicativo della acutezza della nota, vengano di fatto rappresentati in modo schematico, o metrico.
Il tempo è organizzato in frazioni uguali, o battute, mentre le note, nella loro diversa altezza, sono suddivise secondo l'ordine della scala cromatica ove ogni semitono si distingue dal precedente per il fatto di avere una frequenza di lunghezza d'onda doppia.

Assieme a queste due variabili, se considerassimo gli accenti e forse anche le legature, ecco che avremmo una terza variabile, relativa all'intensità della nota.

Pensando la musica in questo modo, verremmo quindi a trovarci difronte all'immagine di un sistema di tre (o più volendo) coordinate che paiono costituirsi come in uno spazio cartesiano.
In tale spazio le melodie e le armonie parrebbero quindi essere rappresentabili in linee e flussi, in modo da coincidere sempre con i punti di riferimento delle coordinate su dette o, tutt'al più, con dei sottomultipli di essi.

Detto questo, sembrerebbe evidente una analogia tra i rapporti fra musica e la sua rappresentazione grafica, o schematica, e i rapporti fra lo spazio fisico e la geometria.

La geometria è una forma di espressione spirituale puramente umana, nel senso che non descrive la natura e il suo pensiero, ma bensì fornisce la base attraverso la quale l'uomo edifica le sue forme, come le macchine o gli edifici.

La musica invece è un contenuto umano solamente per ciò che riguarda il sentire dell'artista; è la sensibilità del musicista che permette di afferrare un contenuto superumano, per essere rielaborato nella forma del brano.
Tale contenuto si potrebbe chiamare essenza della musica.

La schematizzazione della musica secondo coordinate metriche non svolgebbe allora un compito puramente creativo.
La schematizzazione della musica, avrebbe bensì un compito rappresentativo; di rappresentare l'essenza della musica.

Il motivo per cui la musica viene costruita per lo più nell'osservanza di canoni metrici potrebbe stare nel fatto che essa, sia nella fase di costruzione, come nell'accoglimento dell'ascolto, si rivolga al sentire ed al pensare umano, ed essendo quest'ultimo razionale, matematico e geometrico, la accoglie facilmente solo in questa veste.

Ovvero, attraverso le forme metriche, si rende percepibile l'essenza spirituale della musica.
La musica è metrica perché metrico è il pensiero dell'uomo, ma la metrica non riguarda la sua essenza.

Sono dell'idea che i grandi artisti non suonino sul ritmo ma tra il ritmo, appoggiandosi ad esso, come sono dell'avviso che i grandi artisti non cantino le note ma tra le note, appoggiandosi ad esse, liberando in tali modi l'essenza della musica dai punti di riferimento.

Cosa ne pensate?

Intanto vorrei proporvi un brano: E' di Ryuichi Sakamoto; l'ascolto è esemplare per ciò che dicevo del tempo: Si ascolti come il pianismo, quasi impercettibilmente, sembri rallentare od accellerare, non incatenandosi in un ritmo squadrato, ma seguendo una sorta di movimento.

http://www.youtube.com/watch?v=bzP50slzHA4

Buon ascolto! :)


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 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 27/03/2013, 18:27 
C.Levan ha scritto:
La musica è metrica perché metrico è il pensiero dell'uomo

A me pare che il concetto di metrica sia convenzionale in quanto derivante da "metro" e che, in quanto tale, non si addica al pensare umano, libero nel ritmo del suo portatore...


  
 
 Oggetto del messaggio: Re: Il tempo non cambia
Messaggio da leggereInviato: 28/03/2013, 1:07 
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Iscritto il: 26/01/2013, 19:51
Messaggi: 8
La geometria è una espressione spirituale.
Si distingue dal pensiero che edifica la natura per il fatto di essere una espressione umana.

Non ho ricontrollato la fonte ma se non sbaglio, ne “La mia vita”, Rudolf Steiner ne parla quando narra a riguardo degli studi tecnici che fece prima dell’università.

Detto questo hai toccato un tema importante, quello della misura, che in realtà non fa un tutt’uno con la geometria quale descrizione di forme attraverso punti, linee, figure e solidi, basandosi su assiomi per arrivare alla formulazione di teoremi complessi.
La misurazione mi pare successiva a questo. Ne da la quantità.
Ed infatti tra la geometria euclidea, o quella di Pitagora, e la misurazione in se, bisogna distinguere.
Il problema della misurazione si ha quando il “quanto” delle cose prende il posto della percezione delle cose stesse; ovvero quando si identifica il mondo con numero, peso e misura.

Allora potremo dire che l’identificazione del mondo con la sua quantificazione non si addice al pensare umano libero. Con questo, senz’altro, concordo.


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