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 Oggetto del messaggio: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 21/09/2012, 22:41 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Questo è il terzo punto sollevato da Robinson nella mail del 14/9/2012, v. viewtopic.php?f=49&t=172&p=1044#p1044
In verità, possiamo in queste riflessioni trovare due problemi relativamente distinti: il problema di che cosa sia la libertà veramente, e quello del distacco tra il momento del pensare, che può ben allontanare dal corpo, e quello del ... sentire sé stessi, cioè essere presenti a sé stessi (che poi si può pure vedere nella famosa presenza di spirito "richiesta" agli antroposofi).


Cita:
Un terzo e finale punto in nuce: il "pensare" per molti versi è a noi incosciente [ ... ] avviene in modo mirabile in noi, ma ad un livello inconscio; ci si arriva solo per "ragionamento" profondo. Ma questo "pensare" così mirabile, così divino, alla fine ciò che produce nell' uomo sono i "pensieri"; e qua casca e pesantemente l' asino.

perché non è sufficiente pensare di conoscere le "cause" o i "motivi" (che è la prima parte di FdL); Lucio Russo direbbe, bisogna "sapere" CHI o COSA ha pensato: se l' astrale... allora è determinismo; se l' "Io" allora è libertà. Un pensiero può solo essere "limitato" ed allora va ampliato, va aumentato (Archiati); ma dove sta la bussola allora per "sapere" se il pensiero è amplio sufficientemente da cogliere il "VERO" ed è LIBERO, oppure ancora non lo è? come capire se in fondo è stato il nostro carattere a scegliere qualcosa e non l' Io??

Il lattante (scrive Steiner) è determinato dal suo organismo a chiedere il latte; invece un diplomatico, un guerriero, uno scienziato no.
Loro conoscono i motivi del loro agire.
Ma questo è sufficiente per dire che allora essi sono "liberi"? Intanto mi verrebbe da dire che non è sufficente fare anche "bene" questi 3 lavori per poter dirsi liberi; insomma per Steiner è facile confutare Spinoza nell' esempio che lui ha fatto (del lattante e dell' ubriaco), ma anche a me è facile confutare Steiner negli esempi che lui fa; non basta "conoscere" i motivi per essere liberi da quei motivi.

Insomma qua ci stà da una parte un pensiero che libera, dall' altra i comuni pensieri, che forse è meglio per un po'..,. lasciarli perdere (Eckart Tolle: Il potere dell' Adesso" gran bel libro); e poi c'è il grande capitolo del fraintendimento, da cui è sorta la BELLISSIMA storiella che un antroposofo non va in Paradiso... ma va alla conferenza SUL Paradiso.

Di ciò, bisognerà pure che se ne parli, che ci si rfletta sopra? Non ne ho mai visto l' esigenza in anni di frequentazione; ma è una riflessione mica di poco conto.

Con E.Tolle ho scoperto (e te lo dico con parole e riflessioni mie) la seguente esperienza che ciascuno immagino possa fare: nel "pensiero" l' uomo penetra in uno stargate del tempo: col pensiero (e solo con esso!) può andare nel tempo: nel passato ( a crucciarsi di ciò che è stato, ma anche a godere di esperienza fatte) e nel futuro (con tutte le ansie e le preoccupazioni relative, ma anche le speranze ecc..)

Insomma, l'uomo sa' già dove finirà la palla colpita (FdL), quindi conosce la "causa finale"... prima del tempo; sempre il pensiero porta l' uomo in luoghi diversi (basta vedere la tv o internet); insomma, il pensiero è una gran cosa, ma ha il potere di allontanarci (o almeno c'è il rischio) dal "qui e ora"; chi "vive" invece è già nel qui e ora; gli animali immagino siano "solo" nel qui e ora. Il "corpo" dell' uomo vive nel qui e ora; la sua mente il suo pensiero lo proiettano oltre lo stargate, da altre parti. L' Uomo E' questo, e pertanto vive questa dualità.

SE l' uomo SOLO "vivesse", avrebbe coscienza unicamente per ciò che sta' vivendo (il qui-e-ora); (ossia: per essere più preciso: per la coscienza occorre avere il pensare, ma sarebbe quel pensare inconscio che l' uomo HA di diritto; qua si tratterebbe quindi di NON usare i pensieri soliti che scaturiscono anch' essi - e più o meno coscientemente - dallo stesso pensare); ma l' uomo quando "pensa" ha la coscienza che si proietta nel tempo (nel futuro o nel passato) e altrove. In ciò l' Uomo si "disancora" dalla "vita", ossia dal "qui e ora".

In virtù di ciò l' uomo ha bisogno, talora, non di pensare ancora di più o in modo iù approfondito, ma al contrario, di "portare" la coscienza nel qui e ora, ossia di "cercare" di non essere ancora e sempre nei suoi pensieri (anche se molto attenti e precisi cme negli esercizi di pensiero suggeriti da Steiner); la coscienza non nei pensieri ma al corpo, che è quello che vive (ok i pensieri son viventi, ma questa fiamma è alimentata dalla candela viva del corpo).

Trovo questa pratica interessante per recuperare un equilibrio tra i vari corpi dell' Uomo, per non andare in una unilateralità (basta vedere certe immagini di "pensatori" come sono ormai disancorati dal proprio corpo: e anche su ciò si dovrebbe riflettere).

MA l' uomo ha bisogno di pensare (ci mancherebbe altro!) e pertanto ciò che egli dovrebbe cercare di ottenere (non come qualcosa di"dato" ma come potenzialità da sviluppare) è l' essere nel "qui e ora" ANCHE quando egli pensa ossia quando egi ha la coscienza che va da altre parti e in atri tempi! E questa è la CONSAPEVOLEZZA, ossia l' AUTO-COSCIENZA, ossia una seconda coscienza che, mentre la prima è via con i pensieri (!), questa seconda è ancorata qua.

Questa seconda coscienza è la mano che tiene l' aquilone - prima coscienza- che se ne va oltre lo stargate. Così l' uomo c'è anche quando va via (è il filo d Arianna?).

La "presenza" mentale vuol proprio dire essere presenti (e non ... da qualche altra parte o in altri tempi). Questa va solo sviluppata e questo ci permette di potere usare questo "coltello affilato" che sono i pensieri, senza farci troppo ferire o colpire da essi (basta vedere quanto male fanno i pensieri all' uomo: ogni tipo di credenza, di ossessione; la mente che mente ecc...).

INSOMMA, là si vuole trovare l' IO che pensa (perché se è il "carattere" sono cavoli), ma si corre il rischio di fraintendere (e sai quante belle anime ci sono che le vedi da fuori... hanno solo frainteso?), là si vuole trovare il MOTIVO e non la CAUSA e ci si sforza in questo percorso ma senza poter veamente dirsi a che punto siamo; qua invece ci si accontenta di essere semplicemente presenti ai propri pensieri (quali essi siano!!! insomma, siamo quasi sicuri no che i nostri pensieri non sono liberi come quelli di un arrivato?? AMEN!) e magari proprio per questo vedere che la vita di pensiero non si allarghi troppo (che già lo fa abbondantemente nella nostra epoca).

Qua mi trovo a mio agio anche riconoscendo il mio stato di necessità; il mio compito è "riconoscermi", non è voler migliorare; insomma Spinoza mi sembra molto attuale e mi fa sentire meglio in ciò che sono e non male in ciò che dovrei invece essere: un IO che ha motivi ed è libero.

Insomma, un ruminatore di pensieri e di spirito, uno che gioca con i concetti abilmente, più si incammina in questa direzione e più riesco a sentire la puzza lontano un miglio che c'è qualcosa di... stonato, di unilaterale. Non faccio nomi e non faccio esempi. Ma forse ciascuno può avere avuto la stessa sensazione (forse).

[...]

La domanda allora è: ero almeno presente? oppure la domanda è: "CHI" o "COSA" ha scritto queste rflessioni? (io preferisco rispondere alla prima domanda; ma se non mi fossi posto la domanda, che ci potevo fare?? doveva ancora giungere il momento di avvertire questa domanda come "interna" e non solo posta come "esterna"). Grazie Spinoza.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 23/09/2012, 2:13 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Il punto centrale della prima parte mi sembra questo:
non basta "conoscere" i motivi per essere liberi da quei motivi.

Direi che non si tratta di libertà assoluta, ma relativa alla possibilità. Nella misura in cui io conosco i motivi sono libero per quanto mi è possibile arrivare ad esserlo. Non posso modificare i pensieri del mio aguzzino, ma posso tacere su ciò che egli vuole farmi confessare sotto tortura. Ma anche qui, dipende dalla mia capacità di resistere: oltre questa, infatti, perdo, appunto, la mia libertà. Poi posso indagare quanto questa capacità di resistere sia opera mia e quanto sia posta nella mia costituzione ricevuta, quanto dipenda dall'io e quanto dall'astrale. Di uno che delinque possiamo pensare "forse anch'io nelle sue condizioni delinquerei", ma ciò non toglie la responsabilità individuale, permette solo di commisurarla alla forza delle componenti esterne.
Ne deriva che ogni uomo è libero in modo diverso. E che la libertà non è una, astratta e indivisibile, ma il risultato di un processo in cui sono possibili molte gradazioni.
In questo senso l'antroposofo va alla conferenza sul paradiso perché la libertà (e così la "beatitudine") non è tale se ricevuta gratis et amore dei, va conquistata e richiede studio ed azione.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 23/09/2012, 2:46 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
Messaggi: 585
Quanto al qui-ed-ora, tu osservi, se ho ben compreso, che
interpretando ginogost ha scritto:
1) l'animale è tutto nel presente mentre l'uomo può proiettarsi nel futuro, nel passato, e persino sdoppiarsi nel presente, aggiungo io (con la coscienza morale tradizionalmente intesa).
2) il pensiero ci allontana dal qui-ed-ora, e dunque anche dal corpo, che nel qui-ed-ora vive, si disancora in tal modo dalla vita. Pertanto dovrebbe tornare ogni tanto con la coscienza al corpo.
3) l'uomo dovrebbe essere nel qui-ed-ora con la coscienza (presenza di spirito) pur contemporaneamente essendo "altrove" per il fatto che pensa.

1) l'animale, essendo tutto nel presente, sogna, proprio come l'uomo che si guarda la partita alla TV.
2) e 3) posso incantarmi a fantasticare sul mio futuro viaggio in Polinesia, e dunque perdere la presa sul presente. Si tratta di coscienza di sogno, cioè uno degli stati descritti come fondamentali (veglia/sogno/sonno). Ma se i pensieri li decido io (e li tengo sotto controllo) allora ho coscienza di veglia e magari ancor di più..., autocoscienza. Cioè sdoppiamento nel presente, mi vivo come oggetto e come soggetto contemporaneamente. Il fatto è che si tratta di una gerarchia: noi continuiamo a sognare, con una parte di noi, anche quando siamo svegli, proprio come le stelle ci sono di giorno ma non le vediamo perché la luce del sole è di molto superiore. Di più: continuiamo anche a dormire, per esempio nel fegato o nell'intestino: e portare coscienza in tale sonno conduce a patologia, certe cose devono rimanere inconscie (la follia conosce di queste deviazioni, la più semplice è l'ipocondria). Si può portare coscienza nell'inconscio solo per intento terapeutico, si tratta pur sempre della guida dell'attenzione, che deve per quanto possibile portarsi sui livelli più elevati, e non rimanere impacciata a livelli bassi. E qui si chiude il cerchio logico: le parti superiori dell'uomo hanno sempre il compito di guidare quelle inferiori, si torna alla gerarchia di cui dicevo sopra. Il sogno sopra il sonno, la veglia sopra il sogno, la coscienza sopra la veglia.
L'esigenza, che l'uomo moderno sente molto, di recuperare il qui-ed-ora del corpo, è legata alla vita del sentire, che può venire offuscata quando il pensare oltrepassi il proprio giusto spazio. Si può anche prendere coscienza del fatto che il pensare influenza il sentire (rappresentarsi una scena di calma porta a maggior calma), e anche viceversa (un chiodo nel mio stivale, scrisse Majakovskij, è più raccapricciante di tutta la fantasia di Goethe). Ma comunque, resta che il miglior antidoto alle prevaricazioni del pensare (con conseguente alienazione dal corpo-sentire e magari incapacità di operare, o di guidare il proprio operare -volere) sta nell'educazione parallela del sentire e del volere (per es. arte ed artigianato nelle scuole).


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 23/01/2013, 10:59 

Iscritto il: 12/09/2011, 8:29
Messaggi: 68
Località: Roma
Per rispondere a questa domanda sono stato aiutato dalla Meditazione sulla Pietra di Fondazione (della Società Antroposofica Universale), e a ricordarmela sono state queste conferenze di Fabio Montelatici sul Karma.

Certo la premessa non sembrerebbe delle più filosofiche, ma giungiamo alla risposta alla domanda: "pensiero e libertà: qui ed ora o no?".

Nel mio ora si incontrano due correnti principali: quella che mi giunge dal passato e quella che mi giunge dal futuro.

I miei pensieri sono molto influenzati dalle mie esperienze passate, dalle mie rappresentazioni passate, dai successi e dalle sconfitte passate. Tutto il mio passato mi condiziona in questo presente, mentre penso. (Non voglio che accennare al fatto che un passato pre-natale possa aver anch'esso influenzato i miei pensieri).

Anche il futuro mi influenza: la mia vita è anche un insieme di progetti e aspirazioni, che non hanno la visibilità di una giornata, ma alcuni di questi prevedono molti anni, per la loro realizzazione. Il giorno prima di un esame all'università, i miei pensieri sono ossessivamente presi da quell'evento futuro, a tal punto che possono anche provocare problemi fisici (la famosa cacarella).

Quindi ora in me si incontrano queste due correnti, e quando si incontrano due correnti, si verifica un vortice, ma noi sappiamo che ogni vortice ha un centro in cui si può trovare la calma. Ma il vortice si muove e il centro si sposta continuamente, allora a me sta il compito di trovare continuamente il mio centro, qui e ora.

Robinson accennava a che alcuni pensieri possono portarmi via, fuori della mia realtà. E' vero, ma anche a questo problema c'è una risposta nella M.P.F..

L'esercizio proposto da Steiner nella meditazione, si articola nelle tre parti costitutive dell'anima:
Dalla corrente Passato (delle membra), si parte per RICORDARE in Spirito.
Dalla corrente del Futuro (della testa), si parte per VEDERE in Spirito.
E dalla corrente del presente (del ritmo), si parte per RIFLETTERE in Spirito.

E' nel ritmo continuo del respiro e del cuore, che ad ogni espirazione si ripropone il passato e a ogni inspirazione accolgo il futuro, e tra espirazioni e inspirazioni, ci sono 2 momenti di immobilità, di fermo, di calma, in cui e possibile che il ricordo del passato, e la visione del futuro, si rifletta nella scelta del mio pensare/agire presente. Qui e ora, con il mio passato e con il mio futuro.

Mio figlio l'altro ieri, mentre lo accompagnavo a scuola, mi dice che la sua immaginazione è così potente che lui non riesce a non pensare a un porcospino mutante che corre come un fulmine in tutte le direzioni. Allora io gli ho detto: "ok Matteo, tu hai questa fervida immaginazione e non la voglio limitare. Trova però nella tua vita, come utilizzarla, altrimenti ti porta fuori della vita reale. Scrivici una storia, inventati un gioco, fai che quei pensieri non rimangano lassù, ma portali quaggiù, che tutti noi possiamo parteciparvi, e forse un domani quella fervida immaginazione, potrà essere la fonte del tuo lavoro".

Ovvero fai che il passato: "la fervida immaginazione", si incontri col futuro: "una bella storia da scrivere", nel presente, per riflettere su quale nuovo pensiero e azione operare ora. Naturalmente quello che una coscienza adulta deve imparate a fare, è abbracciare e armonizzare, tutto il passato e tutto il futuro, non un solo pensiero. E' un esercizio che ci permette di ampliare sempre più lo spettro delle cose che ricordiamo, riflettiamo e vediamo.

Non posso non concludere senza parlare dell'essere che viene presentato da Steiner nel finale della meditazione: il Cristo-Sole: il LOGOS. Generatore dell'Io dell'uomo. Io cosciente che illumina la mente dei Re (ovvero di coloro che sono maggiormente influenzati dalla corrente che viene dal passato), e riscalda i cuori dei Pastori (ovvero coloro che sono maggiormente influenzati dalla corrente che viene dal futuro).

Questo voleva essere solo uno spunto di pensiero riguardo alla domanda di Robinson, lungi dall'aver messo un punto alla questione e sempre pronto a modificare il mio pensiero di fronte a uno migliore.

Un abbraccio a tutti

Pierfrancesco


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 25/01/2013, 22:43 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Grazie, PierFrancesco, uscito da un breve - lungo silenzio.
Ora avviso Robinson di questa discussione, che forse lui non ha seguito.
Per rispondere, invece, mi prendo del tempo ...
Ciao G


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 26/01/2013, 20:25 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
ginogost ha scritto:
Quanto al qui-ed-ora, tu osservi, se ho ben compreso, che
interpretando ginogost ha scritto:
1) l'animale è tutto nel presente mentre l'uomo può proiettarsi nel futuro, nel passato, e persino sdoppiarsi nel presente, aggiungo io (con la coscienza morale tradizionalmente intesa).
2) il pensiero ci allontana dal qui-ed-ora, e dunque anche dal corpo, che nel qui-ed-ora vive, si disancora in tal modo dalla vita. Pertanto dovrebbe tornare ogni tanto con la coscienza al corpo.
3) l'uomo dovrebbe essere nel qui-ed-ora con la coscienza (presenza di spirito) pur contemporaneamente essendo "altrove" per il fatto che pensa.

1) l'animale, essendo tutto nel presente, sogna, proprio come l'uomo che si guarda la partita alla TV.2) e 3) posso incantarmi a fantasticare sul mio futuro viaggio in Polinesia, e dunque perdere la presa sul presente. Si tratta di coscienza di sogno, cioè uno degli stati descritti come fondamentali (veglia/sogno/sonno). Ma se i pensieri li decido io (e li tengo sotto controllo) allora ho coscienza di veglia e magari ancor di più..., autocoscienza. Cioè sdoppiamento nel presente, mi vivo come oggetto e come soggetto contemporaneamente. Il fatto è che si tratta di una gerarchia: noi continuiamo a sognare, con una parte di noi, anche quando siamo svegli, proprio come le stelle ci sono di giorno ma non le vediamo perché la luce del sole è di molto superiore. Di più: continuiamo anche a dormire, per esempio nel fegato o nell'intestino: e portare coscienza in tale sonno conduce a patologia, certe cose devono rimanere inconscie (la follia conosce di queste deviazioni, la più semplice è l'ipocondria). Si può portare coscienza nell'inconscio solo per intento terapeutico, si tratta pur sempre della guida dell'attenzione, che deve per quanto possibile portarsi sui livelli più elevati, e non rimanere impacciata a livelli bassi. E qui si chiude il cerchio logico: le parti superiori dell'uomo hanno sempre il compito di guidare quelle inferiori, si torna alla gerarchia di cui dicevo sopra. Il sogno sopra il sonno, la veglia sopra il sogno, la coscienza sopra la veglia.
L'esigenza, che l'uomo moderno sente molto, di recuperare il qui-ed-ora del corpo, è legata alla vita del sentire, che può venire offuscata quando il pensare oltrepassi il proprio giusto spazio. Si può anche prendere coscienza del fatto che il pensare influenza il sentire (rappresentarsi una scena di calma porta a maggior calma), e anche viceversa (un chiodo nel mio stivale, scrisse Majakovskij, è più raccapricciante di tutta la fantasia di Goethe). Ma comunque, resta che il miglior antidoto alle prevaricazioni del pensare (con conseguente alienazione dal corpo-sentire e magari incapacità di operare, o di guidare il proprio operare -volere) sta nell'educazione parallela del sentire e del volere (per es. arte ed artigianato nelle scuole).


e tuttavia c'è qualcosa che a naso non mi convince;
possiamo parlarne.
L' uomo vive nel presente guardando la tv, e quindi sogna come un animale?
mmh.
L' uomo è sempre nel presente, anche quando con la mente o i pensieri va nel passato o nel futuro; diciamo che non ne è consapevole.Il problema èquindi la "consapevolezza"; esattamente come chi è nel presente perché guarda una partita in tv: sarà anche nel presente, ma quello che può accadere nonostante ciò è: è contemporaneamente "consapevole"? Si sogna nel presente, passato e futuro.
La risposta è allora: "un pensiero"?
Continuo a credere che ciò mi stia stretto!
La consapevolezza (ahimè ne parlo come di qualcosa che conosco bene, ma non è proprio così: è solo che percepisco questa cosa come un "faro" e non una falena - speriamo) è qualcosa che comprende tutto: pensiero, sentimento, volontà.

Ho appena finito di leggere un libro stupendo, di Yalom "La cura Schopenhauer", e come spesso possano essere "i pensieri" a "liberarci".
In realtà poi occorre ... la cura alla cura.
perché se tutto è solo a livello di pensiero, allora ancora non ci siamo.
I più sublimi pensieri che possiamo ospitare, facendoli nostri, ancora sono solo una piccola parte del tutto che siamo.
Invito alla lettura di questo libro, che secondo me rende molto bene quanto cerco di esprimere.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 26/01/2013, 20:37 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
pierfrancesco ha scritto:
Per rispondere a questa domanda sono stato aiutato dalla Meditazione sulla Pietra di Fondazione (della Società Antroposofica Universale), e a ricordarmela sono state queste conferenze di Fabio Montelatici sul Karma.

Certo la premessa non sembrerebbe delle più filosofiche, ma giungiamo alla risposta alla domanda: "pensiero e libertà: qui ed ora o no?".

Nel mio ora si incontrano due correnti principali: quella che mi giunge dal passato e quella che mi giunge dal futuro.

I miei pensieri sono molto influenzati dalle mie esperienze passate, dalle mie rappresentazioni passate, dai successi e dalle sconfitte passate. Tutto il mio passato mi condiziona in questo presente, mentre penso. (Non voglio che accennare al fatto che un passato pre-natale possa aver anch'esso influenzato i miei pensieri).

Anche il futuro mi influenza: la mia vita è anche un insieme di progetti e aspirazioni, che non hanno la visibilità di una giornata, ma alcuni di questi prevedono molti anni, per la loro realizzazione. Il giorno prima di un esame all'università, i miei pensieri sono ossessivamente presi da quell'evento futuro, a tal punto che possono anche provocare problemi fisici (la famosa cacarella).

Quindi ora in me si incontrano queste due correnti, e quando si incontrano due correnti, si verifica un vortice, ma noi sappiamo che ogni vortice ha un centro in cui si può trovare la calma. Ma il vortice si muove e il centro si sposta continuamente, allora a me sta il compito di trovare continuamente il mio centro, qui e ora.

Robinson accennava a che alcuni pensieri possono portarmi via, fuori della mia realtà. E' vero, ma anche a questo problema c'è una risposta nella M.P.F..

L'esercizio proposto da Steiner nella meditazione, si articola nelle tre parti costitutive dell'anima:
Dalla corrente Passato (delle membra), si parte per RICORDARE in Spirito.
Dalla corrente del Futuro (della testa), si parte per VEDERE in Spirito.
E dalla corrente del presente (del ritmo), si parte per RIFLETTERE in Spirito.

E' nel ritmo continuo del respiro e del cuore, che ad ogni espirazione si ripropone il passato e a ogni inspirazione accolgo il futuro, e tra espirazioni e inspirazioni, ci sono 2 momenti di immobilità, di fermo, di calma, in cui e possibile che il ricordo del passato, e la visione del futuro, si rifletta nella scelta del mio pensare/agire presente. Qui e ora, con il mio passato e con il mio futuro.

Mio figlio l'altro ieri, mentre lo accompagnavo a scuola, mi dice che la sua immaginazione è così potente che lui non riesce a non pensare a un porcospino mutante che corre come un fulmine in tutte le direzioni. Allora io gli ho detto: "ok Matteo, tu hai questa fervida immaginazione e non la voglio limitare. Trova però nella tua vita, come utilizzarla, altrimenti ti porta fuori della vita reale. Scrivici una storia, inventati un gioco, fai che quei pensieri non rimangano lassù, ma portali quaggiù, che tutti noi possiamo parteciparvi, e forse un domani quella fervida immaginazione, potrà essere la fonte del tuo lavoro".

Ovvero fai che il passato: "la fervida immaginazione", si incontri col futuro: "una bella storia da scrivere", nel presente, per riflettere su quale nuovo pensiero e azione operare ora. Naturalmente quello che una coscienza adulta deve imparate a fare, è abbracciare e armonizzare, tutto il passato e tutto il futuro, non un solo pensiero. E' un esercizio che ci permette di ampliare sempre più lo spettro delle cose che ricordiamo, riflettiamo e vediamo.

Non posso non concludere senza parlare dell'essere che viene presentato da Steiner nel finale della meditazione: il Cristo-Sole: il LOGOS. Generatore dell'Io dell'uomo. Io cosciente che illumina la mente dei Re (ovvero di coloro che sono maggiormente influenzati dalla corrente che viene dal passato), e riscalda i cuori dei Pastori (ovvero coloro che sono maggiormente influenzati dalla corrente che viene dal futuro).

Questo voleva essere solo uno spunto di pensiero riguardo alla domanda di Robinson, lungi dall'aver messo un punto alla questione e sempre pronto a modificare il mio pensiero di fronte a uno migliore.

Un abbraccio a tutti

Pierfrancesco


Pierfrancesco,
hai scritto delle parole bellissime, e che condivido assolutamente.
Anche senza riferirsi alla meditazione di Steiner, è verissimo che l' uomo alberga penseiri dal passato, dal futuro (la causa finale) e che sarebbe importante vivere tutto ciò "al presente" (senza essere scaraventati altrove (che tra l' altro è un altrove che neppure esiste).
In altre parole si sta' parlando ancora una volta della "consapevolezza", mi pare.
Riportare al qui-e-ora i pensieri (che se ne vanno) significa radicarli nel resto che noi pure siamo: con-tem-po-ra-nea-men-te.
Non sono veramente solo nel futuro o nel passato quando vado via nel pensiero, ma sono "solo" nel pensiero!!!!!!!!!!!!!!!!
Cosa sento ORA ricordandomi o buttandomi in avanti?
Cosa sto' perdendo di me, operando solo con pensieri?
E' paradossale che il pensiero (che solo libera l' uomo) può anche farlo estraniare da se stesso?
E quando la mia mente è impegnata a vedere una partita in tv, nel presente quindi, mi sto' ricordando del mio "essere" o sono ancora una volta estraniato?
Il problema non è pensare o non pensare, ma piuttosto esserci o non esserci, magari. O qualcosa del genere (ho sempre preferito fare domande che dare risposte).


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 26/01/2013, 23:22 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
Messaggi: 585
robinson ha scritto:
Il problema non è pensare o non pensare, ma piuttosto esserci o non esserci, magari. O qualcosa del genere (ho sempre preferito fare domande che dare risposte).

Certamente. Infatti il problema iniziale era: chi veramente pensa?
Cioè chi c'è quando penso? Sono io? E chi è io?
Ora, pensiamo a Goethe, che trova la Urplantz nella ... foglia.
Allora il tronco non è pianta?
Le radici non lo sono?
Certo, sono tutte parti della pianta, ma è anche evidente che assolvono a compiti diversi attraverso forme diverse.
Ugualmente il mio corpo mi permette di essere nello spazio. Onestamente parlando, non basterebbe per esserci nel tempo, forse potrei dire che il mio corpo dà a me il tempo, o qualcosa del genere - metti che sono 4 mesi che mi sono schiacciato l'unghia dell'indice, che era nera e ora sta espellendo il nero pian piano ... nel tempo. (?). Poi, come antroposofi potremmo dire che sono nel tempo con il mio corpo eterico, ma non è questo il punto, qui.
Il punto sembra essere nel distinguere tra pensare ed essere coscienti. Pensare è un processo avviluppato al linguaggio, che da quest'ultimo può anche farsi trascinare (per es: leggo senza capire, senza ritenere quanto leggo) (e qui si potrebbe introdurre il ruolo della memoria nella presenza dell'io).
Essere coscienti significa ... significa esercitare in ogni momento una facoltà di scelta. Significa responsabilità. Significa anche essere in grado di esercitarla: quando dormo non lo posso fare. Quando sono malato questa facoltà si riduce. Quando guardo la partita alla TV non la esercito quasi, e ancora meno quando gioco alla roulette: fa tutto lei!
Coscienza = facoltà di scelta. Responsabilità riguarda meglio la bontà della scelta, se guido a 200 all'ora in città sono irresponsabile, ma se voglio suicidarmi magari sono cosciente (però: coscienza alterata). Se scelgo un numero della roulette, è evidente che si tratta di finta coscienza, finta scelta, non ho nessun elemento per scegliere, né alcuna possibilità di influire (ovviamente in caso di gioco non alterato).
Quando imbroglio e derubo qualcuno sono molto cosciente: e mi prendo pure la responsabilità di una scelta sbagliata, ma forse me la prendo ... inconsciamente, vale a dire che in una azione non basta essere coscienti dell'atto, ma anche di tante altre cose. Questo se intendiamo che l'io ricerchi spontaneamente la moralità, non importa per che motivo. Posso dire che anche il mio karma influisce sulle mie scelte, e anche l'astrale lo vorrebbe fare: sta a noi ...
Ora tutto questo corrisponde piuttosto a quanto Steiner ha detto dopo la FdL, nell'antroposofia, con Lucifero intelligente e immorale, Arimane intelligentissimo e immoralissimo, e l'uomo in mezzo a tenerli a bada.
Perché per poter scegliere, cioè per mettere in azione l'io, ho anche bisogno dei due corni del dilemma, senza i quali ... che scelgo, se scelta non c'è?

Infine: la scelta non è solo atto di pensiero, ma è tale solo se parte da là. Questo per me è il dato iniziale della FdL. Ovviamente posso scegliere nei fatti o nelle opinioni soltanto quando sono in grado di scegliere, ed è per questo che la libertà è quantomeno nella somma dei due "io posso".
Non è solo atto di pensiero, dicevo, ma ha pure da tradursi nell'azione. L'ipocrisia trova una delle sue massime esplicitazioni nel pensar bene e razzolar male.
Quanto al sentire, se lo educhiamo ad anticipare gli effetti dell'azione futura e ricordare gli effetti dell'azione passata, noi gli diamo proprio gli strumenti per dominare il presente.

Scusate se ho parlato un po' torrentiziamente, chissà se quello che ho scritto è antroposofia o fregnacciaggine...


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 27/01/2013, 8:38 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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ho provato a riflettere a questo proposito.



La consapevolezza è ad un primo livello una sorta di osservazione;

e potrebbe esserci una carenza di osservazione, addirittura dei lapsus.

(al riguardo mi viene in mente l' esercizio proposto da Steiner del cercare din ricordare

come era vestita una persona, nei dettagli:cosa veramente ci ricordiamo?

quali dettagli ci sono sfuggiti, oppure li abbiamo fraintesi?).



Ma non finisce qua.

C'è poi una "relazione" tra il nostro pensiero e quanto osserviamo! E allora "... io penso che"

dà luogo ad una "opinione" che noi abbiamo, su di noi stessi e sul mondo; con correnti che provengono dal passato (memorie) e dal futuro

(proiezioni).

Consapevolezza è quindi "anche" questo tipo di riconoscimento, di osservazione dei nostri pensieri, opinioni al riguardo.

Ma c'è poi un altro tipo di "relazione", di coinvolgimento che ci riguarda; ed è il tipo di sentimento o di emozione che proviamo

(io direi anche la non-emozione, per chi invece che muovere di fuori trattiene dentro).

Consapevolezza pertanto anche di ciò che in quella relazione ci provoca nel sentimento.



Fino ad ora ho parlato solo di "relazione" inteso come qualcosa che si "produce" nel rapporto tra noi e gli eventi (ed anche tra noi e noi: potrei avere biasimo nei miei riguardi per come

posso reagire a certe situazioni esempio); ossia siamo nel campo della necessità.

L' unica cosa che NON rientra qua è l' atto LIBERO del pensare, veramente e totalmente pensato e non subito.

Ma questi, sempre che vi siano, sono momenti rari e particolari. Tutto si eclissa e in una concentrazione forte sono "solo" nel pensiero: è chiaro che l' evoluzione del mondo ha tanto da

ringraziare per questi momenti così particolari, a Steiner stesso!

E ciascuno, nel suo piccolo, può aver fatto esperienza di ciò (che poi ciò si debba coltivare mi è chiaro: per aiutare la chiarezza nel pensiero, seguire il filo e non disperderlo ecc... non ci sarebbero stati Nietzsche,

James Hillman, e nessun grande pensatore o scienziato anche senza questo tipo di capacità); mi è chiaro che ciò avviene solo in un ambito inn cui si è fortemente interessati; è difficile che si colga qualcosa col pensiero al di fuori dalla propria sfera di interesse (se non in modo casuale ed anedottico: le Indie Occidentali, ad esempio).

Ciononostante questa è una esperienza che avviene poche volte, o comunque non sempre; è l' "esperienza straordinaria";

l' ordinarietà, che è poi la vita reale, anche di Nietzsche, di Hillman, di tutti, e voglio pensare anche di Steiner, avviene in uno stato di "relazione" ove ci sono dati incontri ed occasioni (persone e luoghi fisici dove ci troviamo ad essere!) e noi possiamo essere EVENTUALMENTE testimoni, presenti a ciò; possiamo produrre pensieri/opinioni e noi possiamo EVENTUALMENTE essere testimoni di ciò; possono insorgere in noi sentimenti ed emozioni e noi possiamo EVENTUALMENTE essere testimoni di ciò.

Questa parte del percorso (sempre che si possa arrivare al "fine" in cui partoriamo noi un pensiero sempre "libero" da quel tipo di relazione) non possiamo negarla e non possiamo neppure pensare di non farci i conti (pensando ad esempio che "addavenì Baffone"); perché questa è intanto la nostra vita! E' con essa che dobbiamo eventualmente fare i conti; non solo con ciò che vorremmo di noi (un domani, in futuro), perché quello rischia di essere "solo" una parte della nostra vita (una ambizione); con il rischio (e questo si tocca con mano QUASI SEMPRE, quando si ha a che fare con qualcosa che ci proietta solo ad un futuro) che si attualizzi quel futuro e che noi GIA' SI SIA QUEL FUTURO! Ossia, l' arte del FRAINTENDIMENTO! Non saremo "migliori" un domani, ma lo siamo già oggi, in quanto questo tipo di focalizzazione non può permetterci di "accettare" un sentimento su di noi di incompiutezza, e pertanto ci "nasconde" di noi ULTERIORMENTE riguardo a quanto già si faccia!

La mancanza di consapevolezza è questo "dimenticarsi" di noi, per vari motivi: vergogna, paura, orgoglio, ecc... A colpi di spugna si "cancellano" delle parti ed altre vengono manomesse.

QUESTO però non è futuro (come posso pensare libero se il mio pensiero attuale non è in grado di farlo??) , questo può essere il mio impegno presente: io posso, se decido di farlo, di osservare BENE, e di osservare anche il mio pensiero, sapendo che forse non è così libero, ma legato alla mia storia al mio essere e al mio futuro; e di osservare anche le emozioni che in me suscita ciò con cui entro in relazione.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: pensiero e libertà; qui ed ora o no?
Messaggio da leggereInviato: 27/01/2013, 9:04 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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ginogost ha scritto:
Essere coscienti significa ... significa esercitare in ogni momento una facoltà di scelta. Significa responsabilità. Significa anche essere in grado di esercitarla: quando dormo non lo posso fare. Quando sono malato questa facoltà si riduce. Quando guardo la partita alla TV non la esercito quasi, e ancora meno quando gioco alla roulette: fa tutto lei!
Coscienza = facoltà di scelta. Responsabilità riguarda meglio la bontà della scelta, se guido a 200 all'ora in città sono irresponsabile, ma se voglio suicidarmi magari sono cosciente (però: coscienza alterata). Se scelgo un numero della roulette, è evidente che si tratta di finta coscienza, finta scelta, non ho nessun elemento per scegliere, né alcuna possibilità di influire (ovviamente in caso di gioco non alterato).
Quando imbroglio e derubo qualcuno sono molto cosciente: e mi prendo pure la responsabilità di una scelta sbagliata, ma forse me la prendo ... inconsciamente, vale a dire che in una azione non basta essere coscienti dell'atto, ma anche di tante altre cose. Questo se intendiamo che l'io ricerchi spontaneamente la moralità, non importa per che motivo. Posso dire che anche il mio karma influisce sulle mie scelte, e anche l'astrale lo vorrebbe fare: sta a noi ...
Infine: la scelta non è solo atto di pensiero, ma è tale solo se parte da là. Questo per me è il dato iniziale della FdL. Ovviamente posso scegliere nei fatti o nelle opinioni soltanto quando sono in grado di scegliere, ed è per questo che la libertà è quantomeno nella somma dei due "io posso".
Non è solo atto di pensiero, dicevo, ma ha pure da tradursi nell'azione. L'ipocrisia trova una delle sue massime esplicitazioni nel pensar bene e razzolar male.


Essere coscienti, come dici tu, significa formulare già il pensiero adatto, il migliore per noi e per gli altri.
Essere consapevoli invece significa avere il coraggio di dirci anche a riguardo di quei pensieri con i quali abbiamo fatto una sorta di maquillage facendoli passare per i primi (coscienti) quando invece...di altrio si tratta.
Questa è stata una mia prima domanda: COME riconoscere? COME non rischiare di fraintendere?
SE io devo avere l' assoluzione (un atto irreperensibile, perché dettato da coscienza) allora è facile che io faccia un fraintendimento degli stessi e gli atti da me compiuti hanno il marchio (dato da me) che provengano da un atto di coscienza.
Tutto bene.
Ma... questo tipo di connessione, non ha poi un rovescio della medaglia?
Non rischia di essere anche un atteggiamento solo orgoglioso?
Come discriminare??
Se posso permettermi ANCHE di sbagliare, posso magari essere più sereno con me stesso, permettemndomi di vedere quel che c'è da vedere (amen!) senza doverlo camuffare?
Mi sembra siamo tornati al punto: l' IO osserva è presente e silenziosamente trasforma, oppure è il poliziotto che blocca, censura, produce lui?
Sinceramente non posso pensare a questio tipo di visione: IO (libertà) "versus" corpo fisico, astrale ed eterico (necessità).
Già ne parlai: l' IO può solo silenziosamente trasformare e non agire; dacchè io posso credere che sia l' IO ad agire, ma potrebbe essere un fraintendimento (ad esempio Berlusconi, ops Dio, ne è convinto; vede quel che vuole vedere e si convince della bontà pertanto di ogni sua azione, dettata sempre da coscienza: lui in grande è quello che è ciascuno di noi; forse in lui lo si coglie meglio, dato che non serve un microscopio per vedere ciò).
Quindi, nessun semaforo rosso,nessuna censura; cointinuo ad essere ciò che sono. Ma chiedo a me stesso solo di avere più VISIBILITA', di non raccontarmela; di potermi permettere di essere trasparente alla mia consapevolezza (non dico "coscienza" perché con questa parola siamo giàa livello di morale: non posso veramente vedere troppo di me).
Certo, non farò niente di più o di diverso di ciò che sono o faccio: non ammazzerò nessuno proprio come ho fatto fino ad ora; solo che... provo ad avere "consapevolezza" e non solo quella "coscienza" di cui fino ad oggi mi sono comunque impegnato ad avere (più o meno).
Ma dal momento che io parto aprioristicamente con una sorta di giudizio, ecco che la "consapevolezza" (vista interiore su di me) viene a perdersi (come posso realmente permettermi di vedere ciò che è soggetto a giudizio morale?)e quel che emerge è la "coscienza" da cui farò scaturire i miei atti.
Con il risultato che, come quasi sempre capita, sarà il mio astrale o la mia necessità a dare luogo ai miei atti i quali, con percorso a ritroso, saranno dettati dalla mia coscienza, dal mio IO.
Nulla è cambiato, tranne un fatto; che per darci una patente di giudizio morale abbiamo affogato la visione di noi, la consapevolezza.
A me questo tipo di dualità (o / o) non convince: possiamo permetterci di essere "consapevoli" anche di ciò che è la nostra "coscienza", con cui compiamo così mirabili atti quotidiani (ho appena mandato a fanculo uno stronzo) ehm. Ma non per giudicarci!!! ma solo per un motivo: perché la trasformazione PASSA DA LI'. L'IO osserva, ed osservando TRASFORMA.
Non fa il poliziotto. Una cosa quando la si osserva contemporaneamente la si trasforma (onda o particella? che fa' il testimone?? e il gatto di Schroediger?); ma basta l' osservazione. Voler "dirigere" l' astrale è un atto che si crede competa all' IO, ed invece è forse ancora opera dell' astrale-frainteso.


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