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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 23/05/2012, 0:18 
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Ora mi tocca fare l'azzeccagarbugli di Mefistofele, ovvero l'avvocato del Diavolo, a proposito di quanto si legge su http://www.tripartizione.it/business_sociale.html .

Ivi si parla dei cosiddetti investitori o azionisti etici. Per costoro non è prevista alcuna remunerazione tramite interessi sul capitale investito nell'azienda, nè alcun dividendo, al più si può prevedere un recupero di quanto perso attraverso l'inflazione.
Ora, mi può andar bene la non remunerazione del capitale, però mi chiedo: a sistema generalizzato, da dove potrebbe provenire il capitale necessario all'iniziativa, visto che nessuna iniziativa potrebbe poi produrre capitale? La soluzione proposta pare presupporre, per poter esistere, proprio ciò di cui ci si vuole liberare. Ovvero, il modello non è generalizzabile, ma è condannato ad esistere proprio con l'odiato "nemico", il capitalismo, quello che metterà i capitali...
Certamente si può rispondere che, come per le scelte dello spirito (compro un libro invece che un altro, finanzio una religione invece che un'altra) il punto sta nel far morire il denaro secondo le proprie libere scelte spirituali. E' però vero che qui non si tratta di far morire il denaro in attività spirituali, ma di inserirlo vitalmente nel ciclo economico, e se anche in ciò vi è una scelta, una spinta morale, bisognerà vedere quanto tale spinta possa far pendere la bilancia verso un investimento finanziariamente fruttifero e moralmente fruttifero, piuttosto che verso un consumo diretto del tipo "automobile nuova".

Il capitalismo, o comunque la scienza economica, classicamente spiega che l'interesse retribuisce il mancato uso immediato del denaro per soddisfare un bisogno, ma io direi piuttosto che l'interesse, o il dividendo, sia l'escamotage attraverso il quale chi presta - o investe - e chi riceve scommettono sulla maggiore o minore quantità\qualità di prestazioni future ottenibili da quella cifra. Così che, per esempio, il debitore spera in un'alta inflazione, se a tasso fisso, e viceversa il creditore (a tasso variabile invece abbiamo l'assolutizzazione di un differenziale di guadagno\perdita neutralizzando gran parte dell'elemento scommessa). Posso ben togliere l'interesse su un prestito, ma allora devo sapere che metto in concorrenza da una parte lo "scopo sociale" dell'impresa, dall'altra il soddisfacimento immediato del bisogno da parte del singolo.
Tale conflitto non esisterebbe più se anche l'investitore (non: "prestatore") potesse partecipare agli utili dell'impresa in cui ha creduto, qualcosa di simile al dividendo per l'azionista. Interesse etico e guadagno si intreccerebbero allora positivamente.

Ora, su tripartizione, a proposito di Junus, trovo:

Cita:
Per Yunus le forme oggi possibili di impresa sociale sono essenzialmente due:

"Il primo tipo [è costituito da] società per azioni che, al posto della massimizzazione del profitto, pongono al centro della propria azione il conseguimento di obiettivi sociali e sono possedute e controllate da investitori privati che hanno a cuore temi come la riduzione della povertà, l'assistenza sanitaria per i poveri, la giustizia sociale, la sostenibilità globale e che al posto di un puro profitto finanziario ricercano soddisfazioni di natura psicologica, emozionale e spirituale".
"Il secondo tipo [...] opera invece in modo piuttosto differente: si tratta di società per azioni orientate al profitto possedute e controllate da persone povere o disagiate. Qui la finalità sociale sta tutta nel fatto che i dividendi e l'incremento della capitalizzazione vanno direttamente a beneficio dei poveri riducendo il loro disagio e rendendo possibile il superamento della loro condizione".[7]

E' evidente che il primo tipo presuppone appunto l'esistenza di imprese diverse da quelle dette impresa sociale, imprese che produrranno il surplus di capitale per le seconde; e che il secondo tipo, pur portatore di una encomiabile ed assai concreta visione umanitaria, non differisce da una qualsiasi generica impresa se non per il fatto che qui l'iniziativa è portata avanti da un povero e non da un portatore di capitale. Una visione praticissima, ma teoricamente pauperistica, che mi ricorda un po' quei cattolici che hanno estremo bisogno che esistano dei disgraziati da aiutare, sennò non saprebbero come conquistarsi il paradiso :D , o, se vogliamo, quei poetastri che volgono in versacci sentimentali e narcisistici il reale dolore del mondo e delle disgrazie che su questo mondo imperversano.

Voglio solo dire che la creazione di un'impresa sociale non dovrebbe guardare a modelli sbilanciati sul contingente, bensì proporsi una certa generalizzazione possibile.

Mamma quanto son cattivo! :twisted:


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 24/05/2012, 0:31 
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Qui di seguito un contributo sull'argomento, ricevuto via mail da parte di Gaetano Bonaiuto (minime modifiche per privacy).

Cita:
Caro g.,

vedo sul sito un acceso dibattito sulla domanda del Di Grazia circa la differenza di compenso tra l’operaio e il dirigente, domanda che è mal posta. Essa maschera dietro una parvenza di etica un banale tranello logico, del tutto fuorviante dal modo di pensiero dell’economia, il quale per sua natura invece si confronta continuamente con la realtà. Da qui anche la risposta, che non può essere più banale: si provi a impostare una iniziativa imprenditoriale su queste basi ‘etiche’, se funziona vuol dire che l’idea è giusta, altrimenti….

Se poi si vogliono cercare motivazioni più adeguate al fatto che tale domanda rincorre un falso problema, forse è necessario comprendere meglio la differente vocazione delle tre sfere della tripartizione sociale, la sfera culturale tende alla conoscenza, quella giuridica alla legittimità e quella economica alla responsabilità, quest’ultima fatta anche di etica ma da riguardare in funzione dell’obiettivo che un progetto economico si è posto e del modo meno dispendioso di energie per raggiungerlo.

La responsabilità è la vera etica dell’economia.

Il salario, come ho spiegato nell’ultimo incontro, non può essere il risultato delle forze del mercato, non appartiene all’economia, in quanto attiene ai bisogni del lavoratore, ai suoi diritti, cioè alla sfera culturale, e può essere ben gestito solo dalla sfera giuridica, la quale dovrà assicurare al lavoratore una vita dignitosa. E’ lo Stato, la legge, quindi, che deve assicurare il rispetto dell’etica per quanto riguarda la dignità del lavoratore. In ambito aziendale, invece, prevalente è la funzione che ognuno svolge in relazione all’obiettivo prefisso. E alla funzione è correlata, e va riconosciuta, la differente responsabilità che le compete, dove compensi diversi per responsabilità diverse non configgono assolutamente con il trattamento ‘etico’ assicurato dallo Stato. Far passare per giusto principio etico una parità di trattamento economico a fronte di differenti contributi di responsabilità alla gestione aziendale, equivale ad affermare che ci deve essere anche parità di pagamenti ai fornitori pur in presenza di loro differenti contributi di materie prime o di servizi all’impresa, oppure che va pagata alle banche la stessa rata di mutuo a fronte di finanziamenti d’importo diverso da loro concessi all’azienda.

Potremmo discutere all’infinito sull’argomento, ma con i giochetti ‘logici’ si giunge solo a soluzioni grottesche e ridicole, e non c’è neppure bisogno di scomodare Steiner per capire che in economia non si fa filosofia, si viaggia nel buon senso.

Cari saluti. Gaetano.



_________________
E.D.N. I.C.M. P.S.S.R.
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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 02/06/2012, 21:31 

Iscritto il: 15/11/2011, 23:35
Messaggi: 5
provo a rispondere riprendendo alcuni temi apparsi nei post precedenti:
Cita:
"...credo che appiattirsi sull'esistente, se da una parte può mostrare un nostro sano realismo, dall'altra potrebbe essere equivalente ad una carenza di idealità, di progettualità. Se riteniamo che una realtà non sia ottimale, pur volendo considerare che l'economia è sempre in movimento, le modificazioni che proporremo ed eventualmente otterremo saranno in rapporto con un nostro progetto ideale, non astratto, non utopico, ma attento ad aspetti più ampi che non il solo competere economico nel mercato
...
A questo punto credo sia bene aver chiaro quali sono i criteri inconsci, o poco coscienti, secondo i quali tratteremo le varie retribuzioni, e può darsi che, a questo punto, il pregiudizio, chiamiamolo per ora così, della superiorità di un lavoro legato al pensare porti ad una maggiore disponibilità per remunerare un tale lavoro più che gli altri. Ovviamente questa spinta inconscia può ben agire durante le trattative per concordare le singole retribuzioni: perché non verificare se sia così?"

non credo che si possa considerare "appiattimento sull'esistente" il vincolo costituito dalle leggi vigenti che normano il lavoro e i contratti nazionali, questi ultimi vanno infatti semplicemente rispettati. Nella pagina dedicata al business sociale, le politiche salariali ivi descritte di fatto sono una aggiunta rispetto a quanto già previsto dalle normative attuali. Cercano di avvicinare cioè le condizioni attuali a quelle tripartite nei limiti che la situazione cotingente pone. A tal proposito, a titolo di esempio, segnalo questo interessante video: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-571e19e3-6925-4313-acd8-d90453d280c4.html

In esso, sebbene per diversi aspetti è doveroso avanzare delle riserve - mi riferisco in particolare ad una persistente errata interpretazione del ruolo statale nella sfera economica - quando si iniziano a descrivere i nuovi e diversi rapporti con i dipendenti che alcune aziende etiche stanno adottando, ecco che queste vanno in una direzione non diversa da quella che abbiamo indicato.

Sul discorso dei criteri inconsci e consci: se ti serve metter su casa e pensi di rivolgerti - supponiamo - ad un architetto, a dei muratori, all'idraulico e all'elettricista, che fai? vai da ognuno di loro e gli chiedi un preventivo. Se l'architetto ti chiede 1000, i muratori 500, l'idraulico 300 e l'elettricista 200 - faccio per dire - potrai storcere il naso se il primo ti chiede quanto tutti gli altri messi assieme, potrai disquisire se 1000 sono una cifra "conscia o inconscia", ma, o hai in tasca 2000 oppure la casa non te la fai. Che bisogna farci dunque con i criteri inconsci o consci che siano? Non si può non partire dal mercato così com'è attualmente.

Per quanto riguarda l'ultimo post invece è necessario innanzitutto fugare un possibile malinteso: il capitalismo in realtà non è "odiato" e non è considerato un "nemico" nè da Steiner nè da Yunus. Entrambi a modo loro ritengono che il capitalismo sia indispensabile nel mondo moderno in quanto è solo attraverso i grandi capitali che oggi è possibile dar corso a iniziative di un certo respiro. Per sincerarsi di ciò basta leggere il III capitolo dei "Punti essenziali" (Capitalismo e idee sociali) per quanto riguarda Steiner. Per Yunus basta rilevare come egli definisca il capitalismo "un sistema incompleto", non il male assoluto. Inoltre egli ha realizzato la sua impresa sociale - la prima al mondo - attraverso un investimento messogli a disposizione dalla Danone, la multinazionale francese. Il problema non è il capitale in sé, i danni sociali derivanti dal capitale scompaiono qualora quest'ultimo venga sempre messo a disposizione di chi ha le capacità per gestirlo al meglio senza trattanere per se tutto il profitto.

Detto questo come possono esserci "a sistema generalizzato" dei capitali se le imprese non fanno profitto? Rudolf Steiner è categorico sull'eliminazione del profitto:
Cita:
"Per il progresso della vita economica si tratta di eliminare il profitto, perché esso abbandona la produzione dei beni all'alea del mercato, ed eliminarlo è richiesto dallo spirito del tempo" (Cap. 10 - Profitto economico e spirito del tempo - "Punti essenziali")

D'altra parte è anche chiaro che un profitto deve generarsi anche nella società tripartita:
Cita:
"...quel che si produce privatamente in virtù di attitudini individuali, [deve] essere messo a disposizione della collettività per le dovute vie"(ibid.)

e ancora:
Cita:
"Essi [il direttore di un'azienda e i suoi collaboratori] non mancheranno di rendere quanto più possibile perfetta la produzione, poiché l'aumento della produzione recherà loro un vantaggio sebbene non il il profitto intero; [...] il profitto andrà alla comunità soltanto nella misura che risulta dopo la deduzione dell'interesse spettante al produttore come compenso dell'aumento della produzione" (ibid.)

Un'altra fonte di generazione di profitto sono i risparmi, quanto cioè deriva dai compensi individuali. Se ora caliamo tutto questo nel modello del business sociale, "a sistema generalizzato" come girerebbe?

Credo sia difficile ipotizzare uno scenario generalizzato in cui tutte le aziende diventano imprese con finalità sociali senza che null'altro accada. Se, come ci si augura, questo tipo di impresa dovesse iniziare a diffondersi, è chiaro che essa indurrà necessariamente ulteriori cambiamenti nell'organismo sociale il quale potrebbe sentire la spinta a implementare la tripartizione in modo più completo. La realtà economica è mutevole e variabilissima e non può essere costretta in rigidi schemi di pensiero. Ben prima di arrivare a regime si troverebbero altre vie per implementare il dono come processo economico e far fluire il capitale nel sociale ad esempio attraverso una moneta a scadenza. Anche nel transitorio però questo in realtà è possibile: un beneficiario può essere benissimo un'altra azienda sociale ed è questo il modo con cui questo tipo di impresa ha trovato "le dovute vie".

Per i modelli di impresa sociale di Yunus, questi sono stati citati nel sito solo per indicare il punto di partenza da cui ha preso le mosse il business sociale tripartito. Quest'ultimo tuttavia è qualcosa di diverso e non è legato alle situazioni sociali peculiari da cui sono scaturiti i due modelli di impresa di Yunus.

Credo che il business sociale tripartito proposto abbia già il giusto grado di generalizzazione, se se ne vogliono trovare altre ben vengano ma devono essere generalizzazioni in grado di funzionare per una impresa vera da crearsi qui e adesso.


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 Oggetto del messaggio: Nel momento in cui uno si compromette definitivamente
Messaggio da leggereInviato: 03/06/2012, 10:23 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
Messaggi: 159
-Maria- ha scritto:
Nel momento in cui uno si compromette definitivamente, anche la provvidenza si muove. Ogni sorta di cose accade per aiutare, cose che altrimenti non sarebbero mai accadute.
Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero venire in questo modo.
’’ (Wolfgang J. Goethe)[/color]

Ero già intervenuto sul tema, ci ritorno con dati più precisi
- dopo 5 anni il 50% delle aziende chiude
- non ho le cifre dei fallimenti, ma anche se non sono molti (!) ci dimostrano che pur compromettendosi gli "incontri ed assistenza materiale" non sorgono automaticamente.
Insomma, a volte le ose vanno bene altre proprio no. Il prete dice al malato "abbia fede, vedrà che il signore l'aiuterà": a volte il paziente guarisce, tante altre tira le cuoia. Amen.


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 04/06/2012, 18:47 

Iscritto il: 25/07/2011, 21:36
Messaggi: 131
Hai senza dubbio ragione per quanto riguarda le imprese economiche e il fattore malattia/guarigione... però a me queste parole di Goethe sono risuonate incoraggianti per un'altra questione in cui mi dibattevo. Mi succede spessissimo di essere paralizzata di fronte a delle decisioni da prendere, nel dubbio rimando continuamente le cose da fare... Queste parole mi hanno ricordato (perché in fondo lo sapevo già) che l'importante è fare il primo passo e poi le cose si muovono, gli aiuti vengono o comunque io vedo in modo molto più chiaro...
A presto! (salvo catastrofi!)


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 06/06/2012, 15:02 
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Iscritto il: 12/12/2011, 22:30
Messaggi: 189
purtroppo spesso aziende hanno crediti da lavori svolti per lo stato e lui latitante non risponde nei tempi dovuti mentre equitalia esige subito con penali le cartelle esattoriali.MI RIVOLGO A QUESTE AZIENDE: SCRIVETE CHIARAMENTE I VOSTRI CREDITI CON UNA LETTERA AD EQUITALIA E DETRAETE LA DIFFERENZA, ABBIATE CORAGGIO.


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 Oggetto del messaggio: http://www.amicidibeppegrillofvg.it/forum5sfvg/viewtopic.php
Messaggio da leggereInviato: 01/08/2012, 11:47 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
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Molto interessanti le impressioni critiche di un grillino che ha assitito alle conferenza del 05/05/2012
http://www.amicidibeppegrillofvg.it/forum5sfvg/viewtopic.php?f=30&t=78


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 Oggetto del messaggio: Dimensione eterica del denaro-funzione
Messaggio da leggereInviato: 01/08/2012, 22:22 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
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Dall'encomiabile resoconto di G. della seconda conferenza
Cita:
Oggi la cartamoneta è solo il 2\3 % di tutto il denaro che circola, il resto sono numeri. Il denaro è diventato denaro-funzione, salendo ad una dimensione eterica. Però l’uomo sembra tuttora più vincolato alla dimensione fisica, e così finisce che ne viene dominato.
Il denaro che perde fisicità diventa denaro di finanza, una degenerazione. E qui comunque B. si chiede, senza voler o poter dare risposta, se attraverso questa nuova dimensione del denaro sia possibile aprirsi alla visione della nuova dimensione cristica
.

Credo che il passaggio alla “dimensione eterica”, al denaro-funzione sia in realtà avvenuto quando la moneta è venuta a perdere sia il valore intrinseco, prima, che la copertura aurea, poi.
Vediamo in breve i passaggi.
Prima, un fiorino d’oro valeva per il suo peso in oro (ed era più pregiato rispetto ad altre monete perché più puro).
Poi si ritenne di conservare l’oro nei forzieri e di far circolare monete di vile metallo o cartacee che ne rappresentassero una data quantità, contro la quale potevano sempre essere convertite: erano infatti “pagabili a vista al portatore”.
Infine (e qui forse secondo me c’è il passaggio alla pura funzione), il circolante non ha più alcuna copertura, alcun controvalore: diventa “fiat money”, moneta fiduciaria. Ciò fu reso evidente quando Nixon rispose picche a De Gaulle, che esigeva il controvalore in oro dei dollari posseduti dalla Francia, come previsto dagli accordi di Bretton Wood. A causa delle enormi spese per la guerra nel Vietnam erano però stati emessi molti più dollari del dovuto.
Quel 15 agosto del 1971 ci si aspettava il crollo delle borse… e invece non successe proprio nulla: tutti rassegnati a che gli Usa importino merci ed esportino dollàri, come direbbe Stanlio.
Comunque la finzione è finita, e negli euro non appare più la scritta “pagabili a vista al portatore”.
La moneta, sia il contante che la moneta scritturale, è solo fiduciaria: viene accettata e scambiata solo per obbligo o per convenzione. Ma ugualmente assolve alla sua funzione, si può forse dire, essendo salita ad una “dimensione eterica”.
L’uso delle carte di credito e dei pagamenti elettronici, la progressiva scomparsa del contante, a mio avviso rappresentano un altro fenomeno, che non so definire ma che mi sembra meno significativo. Una volta in negozio si andava col libretto e il droghiere vi segnava via via l’importo della spesa, che solo a fine mese veniva saldato. La stessa cosa avviene ora con le carte di credito, dove i conti vengono fatti in automatico (ma poi mica tanto, che in India dei poveri cristi stano tutto il giorno a immettere dati al computer) e addebitati a fine mese.
La degenerazione sta nelle scommesse, nei giochi di borsa , nei movimenti di denaro senza alcun corrispettivo fisico: e non di fisicità delle banconote, ma fisicità delle merci che dovrebbero motivare il trasferimento di denaro.
Oggi questi giochi sono incrementati a dismisura potendo usufruire di computer e di reti sempre più potenti e veloci. Ma non sono questi che fan salire ad una dimensione eterica, come non vi salgono i rapporti intrattenuti via mail o nei forum.


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 Oggetto del messaggio: Re: Dimensione eterica del denaro-funzione
Messaggio da leggereInviato: 02/08/2012, 17:02 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
Messaggi: 585
lorenzo ha scritto:
La moneta, sia il contante che la moneta scritturale, è solo fiduciaria: viene accettata e scambiata solo per obbligo o per convenzione.

Più precisamente, gli economisti ora sostengono che la solidità (il valore) di una moneta dipenda dalla forza complessiva dell'economia di cui è espressione. Molti tra loro considerano dunque l'oro "un residuo barbarico" del passato.

Potremmo osservare che prima del '71 un'economia forte si procurava appunto l'oro acquistandolo. Il mezzo reale di pagamento era appunto l'oro, in quantità limitata. La banconota ne era un semplice sostituto provvisorio (seeeee!).
Aumentando la ricchezza complessiva, e rimanendo la quantità d'oro globale più o meno la stessa, sarebbe dovuta accadere una cosa strana: al contrario che con l'inflazione, il denaro avrebbe dovuto aumentare il suo valore, in quanto rappresentante dell'oro (quest'ultimo, posto sul piatto della bilancia opposto a quello delle merci che era aumentato, avrebbe dunque dovuto aumentare di valore, in quanto lui era sempre lo stesso). Avremmo avuto, per dire, non solo i centesimi, ma anche, col passare del tempo, i millesimi di lira\euro\tallero ecc., essendo i centesimi divenuti troppo "grossi" per le più piccole spese. C'era dunque un aumento di valore dell'economia generale da intercettare. Lo si poteva lasciare ai possessori del denaro, oppure lo si poteva afferrare per utilizzarlo a scopi propri da parte degli stati stampando denaro.
Se l'inflazione americana servì per pagare le guerre, quella italiana (anni 70 e 80 soprattutto) servì al potere politico per mantenersi in sella, distribuendo ricchezze non sue con criteri non giusti.
Lo dico per completezza di informazione, eh!


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 05/08/2012, 14:35 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
Messaggi: 159
Tutto giusto, salvo che nessuno poteva imporre che il petrolio venisse commercializzato in lire, mentre gli Usa ne possiedono i mezzi (e quando un feroce dittatore penso di farsi pagare con altre valute... fu necessario scovare dove nascondesse le armi di distruzione di massa). L'inflazione italiana era un "male" interno, e comunque non si era preso nessun impegno di mantenere costante il valore lira/oro come i padroni del mondo avevano fatto con il dollaro.


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