Ancora dal benemerito resoconto, riveduto e corretto dall'autore, del terzo incontro con
Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012 viewtopic.php?f=61&t=129 Cita:
Dunque la prestazione professionale è atto celeste, non si misura, non va valutata, apprezzata, perché non può essere correlata a un prezzo, di conseguenza non va pagata, e allora resta il dono come unico compenso per la professione (cita il dr. Carosi, medico di Roma, che appunto usava lasciare discrezione per il suo compenso).
Ci sono medici antroposofi che si fan pagare cari (gente da mille euro al dì, non so se fatturati o meno), e altri non so quanto esosi ma risoluti a lavorare “con una certa calma”.
Altri “professionisti dell’antroposofia”© non stabiliscono un prezzo per le loro prestazioni ma “
Ognuno può, se vuole, dare un contributo sulla base di quello che personalmente ritiene di aver "ricevuto". Questa è la formula del libero apprezzamento che si affida alla libertà ed alla comprensione dei partecipanti per sostenere i costi del convegno e il relatore.”
Scrivere “offerta libera” non è, infatti, abbastanza chic. Una persona mi disse che in un certo periodo meditava il suicidio ma ne fu distolta dall’aver sentito un antroposofo parlare del kamaloca. Bene, se si fosse trattato di un conferenziere cui dare un contributo
sulla base di quello che personalmente ritiene di aver "ricevuto", quanto mai avrebbe dovuto dargli? E se uno ritiene di non aver ricevuto nulla, tranne il piacere di guardare la sua bella dentatura, cosa fa: non gli da proprio niente? e lui come si paga il pane e la benzina? con quello che gli danno gli altri? e se anche loro…? Ma no, impossibile, mal che vada mangerà pane comune invece che biologico, e si cercherà un’altra piazza.
Questa ingegnosa formula del libero apprezzamento non si affida affatto
alla libertà ed alla comprensione dei partecipanti: io posso essere libero quando ho tutti gli elementi per poter fare una scelta, tutte le premesse e i presupposti per costruirmi un giudizio non astratto: altrimenti mi si prende solo in giro, mi si sventola davanti un fatuo vessillo al quale dovrei inchinarmi solo perché colorato.
Ho gli elementi per valutare e comprendere liberamente se, ad esempio, mi si dice: “Guarda, alla preparazione della conferenza ho dovuto dedicare una-due-tre settimane … e siccome mia suocera non mi consente la tranquillità necessaria ho dovuto andare in un albergo in montagna”.
Se un medico mi dovesse chiedere di pagarlo (oddio no, che
la prestazione professionale è atto celeste ecc. ecc.) a mia discrezione, probabilmente farei solo una media tra quanto chiedono gli altri, e quello gli darei: chiamarlo dono mi sembra solo un giochino di parole. Ma è comunque vero che ho sempre trovato imbarazzante il momento in cui si retribuisce una prestazione, sia data che ricevuta: pagare alla cassa la pagnotta di pane o il litro di latte no, ma porre in mano al professionista il compenso (non per il suo lavoro, manco per la sua prestazione, che è atto celeste, - Ma che gli pagavo allora? Niente, gli facevi un regalo a lui e alla sua signora.) suonava sempre un po’ stonato, quasi “vergognoso”.
Cita:
Tutto questo è molto bello, ma: in pratica? In pratica si ipotizza che una istituzione mercantile inserisca tra i suoi costi i doni da fare all’architetto, avendo tra i propri ricavi le parcelle. Importa non fare confusione tra le due cose, tra i due momenti. L’attività spirituale è atto di sacrificio ed esso è fatto agli dei, non agli uomini.
Allora si ipotizza che la segretaria del dentista o dell'avvocato tenga una partita doppia e segni in avere gli onorari o le parcelle e inserisca tra i costi i doni da fare al professionista. Cos'e pazz'.
Cita:
Pertanto non si devono collegare l’azione spirituale, cioè la prestazione, ed il prezzo, così come è aberrante che una messa, un rito “costi” tot, sia correlata a un prezzo.
Allora si ipotizza che la perpetua inserisca tra i suoi costi i doni da fare al signor parroco, avendo tra i propri ricavi le “offerte a tariffa prestabilita” fatte dai fedeli.
Però, in effetti, anche i politici mica collegano l’azione spirituale, cioè la prestazione, ed il prezzo: spesso chiedono solo delle offerte per le fondazioni e gli enti a loro vicini, oppure accettano dei doni, a loro insaputa.