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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Valutazione delle prestazioni
Messaggio da leggereInviato: 20/08/2012, 22:01 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
Messaggi: 159
Ancora dal benemerito resoconto, riveduto e corretto dall'autore, del terzo incontro con Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
viewtopic.php?f=61&t=129
Cita:
Dunque la prestazione professionale è atto celeste, non si misura, non va valutata, apprezzata, perché non può essere correlata a un prezzo, di conseguenza non va pagata, e allora resta il dono come unico compenso per la professione (cita il dr. Carosi, medico di Roma, che appunto usava lasciare discrezione per il suo compenso).
Ci sono medici antroposofi che si fan pagare cari (gente da mille euro al dì, non so se fatturati o meno), e altri non so quanto esosi ma risoluti a lavorare “con una certa calma”.
Altri “professionisti dell’antroposofia”© non stabiliscono un prezzo per le loro prestazioni ma “Ognuno può, se vuole, dare un contributo sulla base di quello che personalmente ritiene di aver "ricevuto". Questa è la formula del libero apprezzamento che si affida alla libertà ed alla comprensione dei partecipanti per sostenere i costi del convegno e il relatore.
Scrivere “offerta libera” non è, infatti, abbastanza chic. Una persona mi disse che in un certo periodo meditava il suicidio ma ne fu distolta dall’aver sentito un antroposofo parlare del kamaloca. Bene, se si fosse trattato di un conferenziere cui dare un contributo sulla base di quello che personalmente ritiene di aver "ricevuto", quanto mai avrebbe dovuto dargli? E se uno ritiene di non aver ricevuto nulla, tranne il piacere di guardare la sua bella dentatura, cosa fa: non gli da proprio niente? e lui come si paga il pane e la benzina? con quello che gli danno gli altri? e se anche loro…? Ma no, impossibile, mal che vada mangerà pane comune invece che biologico, e si cercherà un’altra piazza.
Questa ingegnosa formula del libero apprezzamento non si affida affatto alla libertà ed alla comprensione dei partecipanti: io posso essere libero quando ho tutti gli elementi per poter fare una scelta, tutte le premesse e i presupposti per costruirmi un giudizio non astratto: altrimenti mi si prende solo in giro, mi si sventola davanti un fatuo vessillo al quale dovrei inchinarmi solo perché colorato.
Ho gli elementi per valutare e comprendere liberamente se, ad esempio, mi si dice: “Guarda, alla preparazione della conferenza ho dovuto dedicare una-due-tre settimane … e siccome mia suocera non mi consente la tranquillità necessaria ho dovuto andare in un albergo in montagna”.
Se un medico mi dovesse chiedere di pagarlo (oddio no, che la prestazione professionale è atto celeste ecc. ecc.) a mia discrezione, probabilmente farei solo una media tra quanto chiedono gli altri, e quello gli darei: chiamarlo dono mi sembra solo un giochino di parole. Ma è comunque vero che ho sempre trovato imbarazzante il momento in cui si retribuisce una prestazione, sia data che ricevuta: pagare alla cassa la pagnotta di pane o il litro di latte no, ma porre in mano al professionista il compenso (non per il suo lavoro, manco per la sua prestazione, che è atto celeste, - Ma che gli pagavo allora? Niente, gli facevi un regalo a lui e alla sua signora.) suonava sempre un po’ stonato, quasi “vergognoso”.
Cita:
Tutto questo è molto bello, ma: in pratica? In pratica si ipotizza che una istituzione mercantile inserisca tra i suoi costi i doni da fare all’architetto, avendo tra i propri ricavi le parcelle. Importa non fare confusione tra le due cose, tra i due momenti. L’attività spirituale è atto di sacrificio ed esso è fatto agli dei, non agli uomini.
Allora si ipotizza che la segretaria del dentista o dell'avvocato tenga una partita doppia e segni in avere gli onorari o le parcelle e inserisca tra i costi i doni da fare al professionista. Cos'e pazz'.
Cita:
Pertanto non si devono collegare l’azione spirituale, cioè la prestazione, ed il prezzo, così come è aberrante che una messa, un rito “costi” tot, sia correlata a un prezzo.
Allora si ipotizza che la perpetua inserisca tra i suoi costi i doni da fare al signor parroco, avendo tra i propri ricavi le “offerte a tariffa prestabilita” fatte dai fedeli.
Però, in effetti, anche i politici mica collegano l’azione spirituale, cioè la prestazione, ed il prezzo: spesso chiedono solo delle offerte per le fondazioni e gli enti a loro vicini, oppure accettano dei doni, a loro insaputa.


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 Oggetto del messaggio: Re: Valutazione delle prestazioni
Messaggio da leggereInviato: 22/08/2012, 21:28 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
Messaggi: 585
Sono costretto ad attendere un momento migliore per esprimermi in merito. Per ora mi limito ad osservare che non della segretaria e della perpetua parla Bonaiuto (è un esempio) ma di una istituzione mercantile, cioè di un ente guidato da una molteplicità di individui e, si spera, portato ad una certa equanimità. :?
Quanto al "libero apprezzamento della prestazione", non mi sembra nell'impostazione di Bonaiuto una tale prassi. Certo che, come nel caso del medico, l'utente avrebbe una finta libertà. Mi posi il problema quando si trattò di Archiati, che per le sue conferenze chiede un libero contributo. L'ho risolto nella considerazione che non intendo pagare per un fratello che mi riporta, seppur elaborato, quanto mi e gli diede Rudolf Steiner. Quanto però all'operato del medico, o dell'euritmista, pur ammettendo che anche lo studio dell'antroposofia è una "specialità", non vedo perché esso debba essere pagato di più che qualsiasi altro specialista, anche se più capace obiettivamente - o soggettivamente. L'antroposofia è un dono, chi l'ha ricevuto lo doni a sua volta, io la vedo così. Sennò, anch'io dovrei chiedere come psicoterapeuta di più, in quanto psicoterapeuta specializzato antroposoficamente. Ah sì? A perte che ora non ci lavoro, a parte che il "quanto e come" è problema che rimando a futuri interventi, breve, credo che mi farei pagare di meno.
Certo, può anche succedere che il di più venga poi dato a far funzionare situazioni antroposofiche in senso lato. Epperò, per fare una analogia, non vorrei mischiare le cose. Quando mi telefonano per propormi uno spettacolo i cui introiti andranno in parte all'ONLUS di turno, e dunque in parte agli "artisti", rispondo che l'arte è una cosa troppo seria per condizionare le scelte con questo miscuglio. Perché dovrei pagare degli artisti di bassa qualità, facenti così concorrenza sleale a quelli validi? Se sono validi me li scelgo io. All'ONLUS permetto solo di chiedermi i soldi. Direttamente.
O nessuno si ricorda i pacchi di cartoline "dipinte con i piedi" (ma per davvero, oltre che metaforicamente), con cui si tentava una specie di ricatto del tipo "offri, fai lavorare questi sfortunati".
Vabbè, questi sono i principi, poi è chiaro che talvolta serve un po' di elasticità. L'importante è rendersi cosciente, come sempre.


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 Oggetto del messaggio: Re: Valutazione delle prestazioni
Messaggio da leggereInviato: 23/08/2012, 9:36 

Iscritto il: 13/07/2011, 7:20
Messaggi: 159
Non capisco cosa cambi se, invece di una "istituzione mercantile" "cioè di un ente guidato da una molteplicità di individui" (del quale nulla vieta che il professionista possa essere socio, "Importa non fare confusione tra le due cose, tra i due momenti"), a fatturare la prestazione è la segretaria (come oggi avviene) e poi non passa direttamente il ricavato nella cassa del professionista ma tiene una doppia contabilità, imputando "tra i suoi costi i doni da fare all’architetto, avendo tra i propri ricavi le parcelle".
Forse il discrimenine è se la segretaria è una dipendente o una co-co-co, cioè lei stessa una libera professionista, un libera imprenditrice di se stessa.
confermo il mio mahhhhhhhhhhhhhh
Di perpetue ormai non ce ne sono più, i nuovi preti cantano e ballano, hannno moto sportive e, ciò che è più grave, spesso non sanno neanche il latino.


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