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ai quali poi si fa riferimento in parti di essi; o anche semplicemente perché possono essere interessanti in merito al tema trattato, che è lo studio di FdL.


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Messaggio da leggereInviato: 17/10/2012, 9:03 

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Pubblicato da "OSPI"

Sergej Prokofieff e La filosofia della libertà

Abbiamo sempre apprezzato i lavori di Sergej Prokofieff (in particolare, Le sorgenti spirituali dell’Europa Orientale e i futuri misteri del Santo Gral) (1); leggendo il suo ultimo libro, dedicato al rapporto tra l’Antroposofia e La filosofia della libertà, abbiamo invece avvertito inaspettatamente un disagio il cui motivo ci si è chiarito soltanto quando, arrivati all’“epilogo”, ci siamo imbattuti nella seguente affermazione: “Il lettore che ha avuto la pazienza di leggere questo libro sino alla fine, si sarà accorto che qui si tratta di un accesso alla Filosofia della libertà del tutto diverso da quello abituale nella vastissima letteratura riguardo a questo tema. Il motivo sta nel fatto che la maggioranza delle opere sulla Filosofia della libertà cerca di comprendere questo libro dal contesto generale dell’opera iniziale di Rudolf Steiner, per formare poi un ponte alle successive comunicazioni dalle sue indagini nel mondo spirituale. Che in questo modo non è così facile creare un tale ponte, è dimostrato dal semplice fatto che molte opere di questo genere si fermano alla Filosofia della libertà e non si azzardano assolutamente di fare un passo nell’Antroposofia. Oppure toccano questo passaggio in modo molto vago, per evitare il pericolo di dover parlare di una “rottura” nell’evoluzione di Steiner. Nella presente opera invece, sin dall’inizio è stata intrapresa un’altra via e il tentativo un po’ azzardato, seguendo per così dire la corrente del tempo opposta, di partire da quanto Rudolf Steiner più tardi ha fondato quale Antroposofia e sviluppato in tre settenni e di guardare indietro alla sua principale opera iniziale, per vederla, da questa direzione dello sguardo, in una luce del tutto nuova” (2).
Dal momento, dunque, che “la maggioranza delle opere su La filosofia della libertà” non riesce a creare un “ponte” che, muovendo da questa, giunga all’Antroposofia, Prokofieff tenta allora di crearne uno che, muovendo all’inverso dall’Antroposofia, giunga alla Filosofia della libertà.
Ciò vuol dire, quindi, che, sia agli autori di quelle opere, sia a Prokofieff sfugge il fatto che non c’è da creare alcun “ponte”, poiché questo già esiste.
Proprio La filosofia della libertà è infatti il “ponte” (e Michele il Pontifex) che, partendo dalla scienza naturale, arriva alla scienza spirituale o all’Antroposofia. (Nella Favola di Goethe, il sacrificio della “serpe verde” crea appunto un “ponte” che collega la riva del mondo sensibile, rappresentato dalla stessa serpe, a quella del mondo soprasensibile, rappresentato dalla “bella Lilia”) (3).
“Oggi – afferma Steiner - una scienza iniziatica deve indicare la via a ritroso dalla natura alla spiritualità. La natura era per l’antica umanità nelle tenebre, lo spirito era nella luce. L’antica scienza iniziatica doveva trarre la luce dalla luminosa spiritualità e condurla nelle tenebre naturali, perché anche le tenebre venissero illuminate. La scienza iniziatica odierna deve prendere le mosse da codesta luce che è stata gittata nella natura esteriore dal di fuori, per via naturalistica, da Copernico, Giordano Bruno, Galilei, Kepler, Newton, ecc.” (4).
La filosofia della libertà stessa fornisce, al riguardo, un’indicazione assai precisa.
Scrive Steiner: “E’ caratteristico della speciale natura del pensare il fatto che esso è un’attività che si rivolge solo all’oggetto osservato e non alla persona che pensa (...) La peculiare natura del pensare consiste nel fatto che il pensante dimentica il pensare mentre lo compie. Non è il pensare che occupa il pensante, ma l’oggetto osservato su cui pensa. La prima osservazione che noi facciamo attorno al pensare è quindi questa: che esso è l’elemento inosservato della vita ordinaria del nostro spirito (...) In altre parole, mentre penso non vedo il mio pensare che io stesso produco, bensì l’oggetto del pensiero che io non produco” (5).
Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che La filosofia della libertà presuppone l’anima cosciente (un fatto, non una teoria) o, più precisamente, quel pensare oggettivo (rivolto “solo all’oggetto osservato e non alla persona che pensa”) ch’è patrimonio esclusivo della scienza naturale: di una scienza naturale che tuttavia non l’osserva, e che Steiner ci esorta invece a osservare e portare a coscienza.
Dice infatti: “Per chiunque abbia la capacità di osservare il pensare – e con un po’ di buona volontà questa capacità può averla ogni uomo normalmente organizzato – tale osservazione è la più straordinariamente importante di quante egli ne possa fare” (6).
Grazie a La filosofia della libertà è possibile dunque afferrare lo spirito (la “luce”) che anima inconsciamente la scienza della natura (“La luce risplende fra le tenebre; ma le tenebre non l’hanno riconosciuta”).
Il fatto che Steiner mostri la necessità di un’osservazione (implicante il ricorso all’esercizio della “concentrazione”) dovrebbe dimostrare che La filosofia della libertà (in sintonia con l’anima cosciente) non è un’opera “filosofica”, come quella, che so, di Schelling, intitolata: Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana e gli oggetti ad essa connessi (7), o quella di John Stuart Mill, intitolata: Saggio sulla libertà (8). (Per questo, nel nostro Amor, che ne la mente mi ragiona – Uno studio de La filosofia della libertà di Rudolf Steiner, l’abbiamo definita “logodinamica”).
Ciò lo si potrebbe d’altro canto sospettare già dal secondo dei suoi sottotitoli: Risultati di osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali.
Chiunque (muovendo dall’anima razionale o affettiva) ritenga Steiner un “filosofo”, e La filosofia della libertà un’opera “filosofica” (come ad esempio José Dupré) (9), mai riuscirà quindi a capire in qual modo, dal “filosofo”, sia scaturito l’“esoterista” o l’”occultista”, e, da La filosofia della libertà (1894), siano scaturite opere quali Teosofia (1904), L’iniziazione (1904), Dalla cronaca dell’akasha (1904) o La scienza occulta (1910).
Può essere interessante peraltro ricordare che uno dei pochi ad aver realizzato che La filosofia della libertà non è un’opera “filosofica” (giudicando però questo un difetto, e non un pregio) è stato Giovanni Gentile.
Nella sua recensione dell’opera di Steiner, ha infatti scritto: “Che sia proprio una filosofia della libertà non direi. E’ evidentemente una di quelle opere giovanili in cui lampeggia qua e là il vero, ma non si riesce a fermarne il concetto in forma organica e sistematica. S’intuisce felicemente un aspetto evidente della realtà, ma non si ha la forza di trarre il tutto alla luce; e insieme con la verità conquistata di colpo si conservano, inavvertitamente, tutti i vecchi concetti ricevuti, non criticati, non guardati nel loro intrinseco significato. Non si perviene perciò a una filosofia, la quale non può essere filosofia senza essere sistema; ma se ne abbozzano taluni concetti fondamentali” (10).
Gentile si è accorto, dunque, che con La filosofia della libertà “non si perviene a una filosofia”, ma non si è accorto del livello di realtà cui si perviene allorché il “vero” non viene posto “in forma organica e sistematica” nel concetto, bensì – come fa Steiner - nel pensare: ossia, in una realtà fluente e dinamica che esige, non di essere “fermata” (rappresentata), ma osservata e sperimentata nel suo sottile (eterico) movimento.
Fatto si è che come, in virtù di una metamorfosi, la crisalide nasce dal bruco, e la farfalla nasce dalla crisalide, così La filosofia della libertà nasce dalla scienza naturale, e l’Antroposofia nasce da La filosofia della libertà.
Se la scienza naturale pensa infatti l’oggetto sensibile, La filosofia della libertà pensa invece il pensare che pensa l’oggetto sensibile, e l’Antroposofia, risalendo il vivo movimento (micheliano) di tale pensare, perviene dapprima alla realtà (sofianica) del sovrasensibile (o – come dice Steiner e ricorda Prokofieff – del “comune mondo d’idee”) e poi alla realtà (spirituale) dell’Io (inabitato dal Logos).
Occorre fare però attenzione perché ogni processo di metamorfosi è caratterizzato dal fatto di essere, sia continuo (nel tempo), sia discontinuo (nello spazio): di presentare cioè, insieme, una continuità interiore e una discontinuità esteriore.
Il che comporta che tra la scienza naturale, La filosofia della libertà e l’Antroposofia si diano, tanto una continuità interiore (invisibile), quanto una discontinuità esteriore (visibile), e che la natura specifica o l’identità dell’opera fondamentale di Steiner rischia pertanto di essere oscurata o alterata (11), vuoi da quanti tendono a interiorizzare anche la discontinuità (come fanno quelli che credono di cogliere “una “rottura” nell’evoluzione di Steiner”), vuoi da quanti, al contrario, tendono a esteriorizzare anche la continuità (come fa Prokofieff, tentando di rendere visibile l’invisibile).
Parafrasando un noto detto, si potrebbe anche dire che, tra la scienza naturale, La filosofia della libertà, e l’Antroposofia, la continuità “c’è, ma non si vede”: che c’è, ossia, sul piano spirituale, ma non su quello materiale.
Una cosa, insomma, è l’Antroposofia invisibile, quale entità spirituale, altra l’Antroposofia visibile, quale entità terrena, così come una cosa è la farfalla invisibile, quale entità spirituale, altra la farfalla visibile, quale entità terrena.
Come il bruco e la crisalide non sono perciò che due essenziali momenti del divenire e del manifestarsi (dell’incarnarsi) della farfalla spirituale, così la scienza naturale e La filosofia della libertà non sono che due essenziali momenti del divenire e del manifestarsi (dell’incarnarsi) dell’Antroposofia spirituale o dell’Essere Antroposofia (veicolante l’impulso del Logos).
Afferma appunto Steiner: “Le concezioni di Copernico e di Giordano Bruno, relative al superamento dell’apparenza sensibile nei riguardi dello spazio, scaturiscono nel vero senso della parola dalle ispirazioni della corrente spirituale di cui è seguace anche la moderna scienza dello spirito. Ciò che possiamo chiamare l’esoterismo dei tempi nuovi esercitò segretamente la sua influenza su Copernico, Bruno, Keplero e altri” (12); e altrove aggiunge: “Tutta la scienza moderna è figlia del cristianesimo, è la continuazione diretta dell’impulso cristico” (13).
La filosofia della libertà esplicita dunque gnoseologicamente quanto è implicito nella scienza naturale (14), mentre l’Antroposofia esplicita spiritualmente (cosmicamente) quanto è implicito ne La filosofia della libertà.
Abbiamo detto, poc’anzi, che chiunque tenda a esteriorizzare anche la continuità (a rendere visibile l’invisibile), rischia di oscurare o alterare (magari diluendola) la natura specifica o l’identità di quel momento del divenire dell’Essere Antroposofia (e del Logos) rappresentato da La filosofia della libertà (15).
Prokofieff riconosce, in effetti, che il suo tentativo di “guardare indietro” (col senno del poi) a La filosofia della libertà è “un po’ azzardato”; ma a noi (duole dirlo) appare non tanto azzardato, quanto piuttosto forzato e, in qualche caso, persino fuorviante. (Scrive Steiner: “Non saranno certo coloro che vogliono solo sentir narrare i fatti delle sfere superiori a far apprezzare nel mondo il nostro movimento scientifico-spirituale nelle sue parti più profonde, ma saranno coloro che hanno la pazienza di penetrare in una tecnica di pensiero che crea una base reale, quasi uno scheletro per il lavoro nel mondo superiore”) (16).
Basti questo esempio.
Ne I gradi della conoscenza superiore, Steiner prima elenca i seguenti quattro gradi di conoscenza: la “conoscenza materiale” (sensibile); la “conoscenza immaginativa”; la “conoscenza ispirata” (o ispirativa); la “conoscenza intuitiva”, e poi spiega: “Nella conoscenza sensibile ordinaria sono in giuoco quattro elementi: 1) l’oggetto che fa un’impressione sui sensi; 2) l’immagine che di quell’oggetto l’uomo si forma; 3) il concetto per mezzo del quale l’uomo giunge ad afferrare spiritualmente un oggetto o un processo; 4) l’io che, sulla base dell’impressione dell’oggetto, se ne forma immagine e concetto” (17).
Netta è dunque, in Steiner, la distinzione tra i gradi della conoscenza e gli elementi di cui si compongono. Proseguendo, si scopre infatti che i quattro elementi di cui si compone il primo grado (materiale) si riducono nel secondo (immaginativo) a tre (all’immagine, al concetto e all’io), nel terzo (ispirativo) a due (al concetto e all’io), e nel quarto (intuitivo) a uno (all’io).
Ebbene, che cosa fa Prokofieff? Considera i quattro “elementi” di cui si compone il livello di “conoscenza materiale” alla stregua di “gradi” inferiori (“il primo grado in sé – scrive – consiste in quattro ulteriori gradi, ossia contiene quattro diversi elementi”) (18), vi aggiunge i tre “gradi” superiori, e configura così uno schema (19) nel quale i quattro gradi di conoscenza indicati da Steiner diventano sette.
“In questo modo – dichiara - entro il moderno cammino di iniziazione i quattro gradi inferiori si uniscono ai tre gradi superiori e insieme costituiscono una settemplicità – il quadrato inferiore e il triangolo superiore” (20).
Si tratta, come si vede, di un equivoco.
Questo sorge dal fatto che Prokofieff mette in rapporto l’immagine con la “concentrazione” e la “rappresentazione”, il concetto con la “meditazione” e il “pensare intuitivo”, e l’io con la “contemplazione” e con quella che chiama la “condizione eccezionale”, non mostrando perciò di distinguere (“logodinamicamente”) le inconsapevoli attività dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione che, in occasione della percezione sensibile (da lui messa giustamente in rapporto con l’”attenzione”), consentono al grado della “coscienza materiale” di usufruire, rispettivamente, dell’elemento dell’immagine, dell’elemento del concetto e dell’elemento dell’io, dalle consapevoli attività (queste, sì, “eccezionali”) della “coscienza immaginativa”, della “coscienza ispirativa” e della “coscienza intuitiva”.
Lo svolgersi naturale e incosciente di tali gradi di coscienza (generanti appunto gli elementi dell’immagine, del concetto e dell’io) è cosa infatti ben diversa dal loro svolgersi spirituale e cosciente (generante, nell’ordine, il “sé spirituale”, lo “Spirito vitale” e l’”Uomo spirituale”).
Se proprio non si potesse fare a meno, dunque, di configurare uno schema comprendente sette “gradi” di coscienza (una “settemplicità”), si dovrebbero allora collocare, al di sotto di quello della coscienza materiale, i tre gradi incoscienti (di sogno, di sonno e di morte) e, al di sopra della stessa, i tre gradi superiori (dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione), ponendo altresì la massima cura nell’evidenziare che questi (extraordinari o spirituali) da altro non derivano che dalla presa di coscienza e dalla trasformazione (da una “metamorfosi ascendente”) di quelli (ordinari o naturali) (21).
Dice appunto Steiner: “La conoscenza immaginativa, ispirativa e intuitiva che qui si è descritta, ha proprio il compito di penetrare in quell’indistinto serbatoio che la scienza più moderna nomina così spesso come “inconscio”” (22).

Note:

01) S.O.Prokofieff: Le sorgenti spirituali dell’Europa Orientale e i futuri misteri del Santo Gral – Il Capitello del Sole, Bologna 2001;
02) S.Prokofieff: Antroposofia e “La filosofia della libertà” - Widar, Venezia-Marghera 2007, p. 241;
03) W.Goethe: Favola – Adelphi, Milano 1995;
04) R.Steiner: Conoscenza iniziatica – Istituto Tipografico Editoriale, Milano 1938, vol. I, p. 87;
05) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, pp. 35-36;
06) ibid., p. 38;
07) F.W.J.Schelling: Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana e gli oggetti ad essa connessi - Rusconi, Milano 1996;
08) J.Stuart Mill: Saggio sulla libertà - il Saggiatore, Milano 1997;
09) cfr. Consumatori e produttori di libertà, 10 febbraio 2005;
10) cfr. Giovanni Gentile e La filosofia della libertà, 14 febbraio 2002;
11) sul piano pedagogico, non oscurerebbe o altererebbe infatti la natura specifica o l’identità del secondo settennio, chi volesse comprenderlo, non per quello ch’è in sé, ma per quello che appare allorché lo si osserva dal punto di vista del primo o del terzo?
12) R.Steiner: La direzione spirituale dell’uomo e dell’umanità – Antroposofica, Milano 1975, pp. 67-68;
13) R.Steiner: Il quinto Vangelo. Ricerca dalla cronaca dell’Akasha – Antroposofica, Milano 1989, pp. 14-15;
14) osserva Prokofieff che Steiner, con La filosofia della libertà, “fonda una gnoseologia ugualmente valida sia per la scienza naturale, sia per la scienza dello spirito” (S.Prokofieff: op. cit., p. 147);
15) solo chi intenda la natura specifica o l’identità de La filosofia della libertà può in realtà intendere il perché Steiner, alla domanda di Walter Johannes Stein: “Dopo millenni che cosa rimarrà della sua opera?”, rispose: “Nulla, eccetto La filosofia della libertà, ma a partire da questa può essere ritrovato tutto il resto”. E’ da notare ch’egli afferma appunto che è “a partire da” La filosofia della libertà che “può essere ritrovato tutto il resto” (l’Antroposofia), e non che è a partire da tutto il resto (dall’Antroposofia) che può essere ritrovata La filosofia della libertà;
16) R.Steiner: Filosofia e Antroposofia – Antroposofica, Milano 1980, p. 26;
17) R.Steiner: I gradi della conoscenza superiore in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977, p.12;
18) S.Prokofieff: op. cit., p. 13;
19) ibid., p. 15;
20) ibid., p. 16;
21) cfr. Coscienza naturale e coscienza spirituale, 15 febbraio 2002;
22) R.Steiner: Filosofia, Cosmologia e Religione nell’Antroposofia – Antroposofica, Milano 1981, p. 78.

L.R.
Roma 18 ottobre 2007


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Messaggio da leggereInviato: 17/10/2012, 9:33 

Iscritto il: 04/10/2012, 15:38
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Documento 2:

Sulla stessa linea, sempre tratto da OSPI

Ancora su “Prokofieff e La filosofia della libertà”

Come “complemento” al libro: Antroposofia e “La filosofia della libertà” (1), Sergej Prokofieff ne ha pubblicato ora un altro, intitolato: Il Guardiano della soglia e “La filosofia della libertà”(2).
Avendo trattato a suo tempo del primo (3), ci occuperemo qui del secondo.
Scrive Steiner: “La via che conduce al pensiero libero dai sensi, per mezzo delle comunicazioni della scienza dello spirito, è completamente sicura. Ve ne è un’altra anche più sicura, e specialmente più esatta, sebbene per molti uomini più difficile. Essa è descritta nei miei libri Linee fondamentali di una teoria della conoscenza della concezione goethiana del mondo e La filosofia della libertà. Questi libri espongono i risultati a cui il pensiero umano può arrivare, quando invece di abbandonarsi alle impressioni del mondo esteriore fisico-sensibile, esso si concentra soltanto in se stesso. Soltanto il pensiero puro, come entità di per sé vivente, e non il pensiero rivolto solo ai ricordi di oggetti sensibili, esplica allora la sua attività nell’uomo. Nei libri sopra citati non vi è niente delle comunicazioni della scienza dello spirito; nondimeno in essi viene mostrato che il pensiero puro, concentrato in se stesso, può arrivare a spiegazioni del mondo, della vita e dell’uomo. Quei due libri rappresentano un gradino intermedio molto importante fra la conoscenza del mondo sensibile e quella del mondo spirituale, e offrono ciò che il pensiero può conseguire quando si eleva al di sopra dell’osservazione sensibile, sebbene ancora eviti l’accesso all’indagine spirituale. Chi fa agire questi libri su tutta la sua anima è già nel mondo spirituale; soltanto che questo gli si palesa come mondo del pensiero. Chi si sente capace di attraversare questo gradino intermedio, segue una via sicura, e può acquistarsi in tal modo un sentimento, riguardo al mondo superiore, che gli arrecherà i più bei frutti per l’intiero avvenire” (4).
Ebbene, quale di queste due “vie” ha seguito Prokofieff?
Ce lo dice lui stesso: “Anch’io non ebbi il privilegio di conoscere La filosofia della libertà sin dall’inizio. Quando alla fine degli anni sessanta, ancora in Russia, incontrai l’Antroposofia, avevo a disposizione soltanto le opere di Rudolf Steiner, che erano state pubblicate dalla Società Antroposofica Russa ancor prima della rivoluzione. Per motivi sino ad oggi a me sconosciuti, la traduzione e la pubblicazione della Filosofia della libertà furono ritardate così a lungo, fino a quando in Russia non poteva più essere pubblicato nessun libro di Rudolf Steiner. E così la prima edizione russa venne realizzata in forma di dattiloscritto in un piccolo cerchio di emigranti antroposofi a Parigi. Per cui mi fu possibile leggere questo libro soltanto dopo aver approfondito per molti anni tutti i libri antroposofici fondamentali e molte conferenze di Rudolf Steiner. Così fece parte del mio destino come antroposofo, percorrere la via dalle successive opere di Rudolf Steiner alla sua opera iniziale, per così dire, dall’antroposofia alla Filosofia della libertà. E il risultato di questa via il lettore lo trova nella presente opera. Da quanto detto emerge con chiarezza che si tratta del tentativo di non leggere La filosofia della libertà soltanto come libro filosofico, ma di comprenderla nel senso più profondo, quale opera esoterica, nella quale sono già contenuti tutti i germi della successiva antroposofia” (5).
Prokofieff ha dunque seguito per destino la via “completamente sicura” delle “comunicazioni della scienza dello spirito”, e non quella “anche più sicura, e specialmente più esatta”, de La filosofia della libertà.
Una cosa, tuttavia, è seguire una di queste vie, o anche tutt’e due, dando la precedenza, in questo caso, a quella dei libri in cui “non vi è niente delle comunicazioni della scienza dello spirito” e che “rappresentano un gradino intermedio molto importante fra la conoscenza del mondo sensibile e quella del mondo spirituale” (6), altra produrre, seguendo il cammino inverso, una sorta di “evaporazione” de La filosofia della libertà, facendola passare, in termini immaginativi, dallo stato “liquido”, suo proprio, allo stato “gassoso” o “aeriforme”.
Ci sentiamo in dovere di dirlo, poiché non è da escludere che alcuni, soprattutto se principianti, pur avendo la possibilità di seguire la via de La filosofia della libertà (e dei testi che l’hanno preceduta) (7), ma trovandola “più difficile”, o volendo “solo sentir narrare – come dice Steiner – i fatti delle sfere superiori” (8), pensino adesso, emulando Prokofieff, di poter “antroposofizzare” La filosofia della libertà, senza rendersi conto che un’operazione del genere (riconosciuta dallo stesso Prokofieff “un po’ azzardata”), misconoscendo lo specifico ruolo o valore formativo di quest’opera, può comportare dei rischi: quello, in primo luogo, di non impegnare e sviluppare a sufficienza l’attività del pensiero, facendo così il gioco di quella “pigrizia” (gravità) che impedisce al pensare di risalire, in una prima fase, dallo statico piano rappresentativo (vincolato ai sensi) al dinamico piano immaginativo (libero dai sensi) e, in una seconda fase, dal piano immaginativo a quello ispirativo (qualitativo) (9).
Non è difficile d’altronde immaginare che quanti sono abituati (come tutti noi) ad apprendere passivamente (scolasticamente) le “comunicazioni” della scienza naturale siano portati ad apprendere allo stesso modo (con lo stesso tipo di pensiero) anche quelle della scienza dello spirito (facendo così la fortuna, non della scienza dello spirito, bensì della new age, e di tutti quegli psudo esoterismi, spiritualismi od olismi che passa attualmente il mercato).
Badando più al “cosa” che al “come” (10) (a maggior ragione se autorevole e in gran parte valido, come quello di Prokofieff) c’è inoltre il rischio di assumere, più o meno avvertitamente, un atteggiamento “misticheggiante”, giacché questo si caratterizza proprio per il fatto di comportare (lucifericamente) una hýbris o una “fuga in avanti”: di passare cioè direttamente dal piano sensibile a quello animico-spirituale, saltando la mediazione eterica.
Osserva, al riguardo, Steiner: “L’uomo ha veramente, come uomo terrestre, alcunché di ciò che vi ha di più basso, e d’altra parte ha un’immagine riflessa di quanto v’ha di più alto, che è soltanto raggiungibile nell’intuizione. Gli mancano completamente, come uomo terrestre, appunto i campi intermedi. Egli si deve conquistare immaginazione e ispirazione” (11); e sottolinea che la vera autoconoscenza deve “oggi essere cercata per mezzo di una evoluzione interiore, attingendo dall’anima delle forze che a tutta prima non vi sono. Allora si deve considerare appunto la passività del pensare abituale. Il pensiero abituale si crea le impressioni secondo come vogliono i sensi”. Si tratta, quindi, quale “primo passo” di “trovare il passaggio dal semplice pensiero passivo al pensiero attivo interiore” (12).
E qual è il “pensiero attivo interiore”? E’ il pensiero “immaginativo” o “vivente” (che non pensa “cose” diverse, ma pensa “in modo” diverso), operante sul piano eterico e collegato, funzionalmente, al “fiore di loto” (cakra) a due petali.
Spiega infatti Giovanni Colazza: “Nella zona centrale della testa vi è un punto specialissimo in cui corpo eterico e corpo fisico sono uniti; un punto che, per la sua peculiarità, anche fisicamente non somiglia a nessun’altra parte del corpo. Qui inizialmente si formano le correnti del corpo eterico. Per preparare quell’irradiarsi di correnti dal fiore di loto a dodici petali verso gli altri cakra, occorre prima predisporre un centro provvisorio nella testa, e questo perché lo stato attuale dell’evoluzione – contrariamente a quanto avveniva in antico, allorché era possibile muovere da altri centri – richiede al discepolo uno sviluppo interiore condotto in piena coscienza di veglia. La testa oggi rappresenta la parte del corpo dove più la coscienza esplica la sua condizione di veglia, onde la necessità di predisporre qui un centro provvisorio che, successivamente, potrà essere trasferito nella sua vera sede, presso il cuore” (13).
Per questo, Steiner afferma che la via del cuore passa per la testa e che “il passaggio per l’immaginazione” non può “essere risparmiato ad alcuno” (14).
Basterebbe riflettere, del resto, su queste sue parole: “La filosofia della libertà non è tanto importante per il suo contenuto (ossia per il “cosa” – nda). Certo vi si trova quel che allora volevo comunicare, ma non è l’aspetto più significativo. La cosa più importante è che per la prima volta vi è un pensiero del tutto autonomo. Non si può capire il libro se non si pensa in modo autonomo. Pagina dopo pagina, e sin dall’inizio, ci si deve abituare a ritornare al proprio corpo eterico per poter avere pensieri simili a quelli contenuti nel libro. Per questo motivo esso va considerato uno strumento educativo, uno strumento molto importante, e in questo modo va interpretato” (15).
Osserviamo ad esempio le cose dal punto di vista (adottato da Prokofieff) della “soglia” e del suo “Guardiano”.
Steiner indica chiaramente che la “soglia” è una linea di confine (vigilata da un “piccolo Guardiano”), al di qua della quale si trovano il corpo fisico (spaziale) e quello eterico (temporale), e al di là della quale si trovano il corpo astrale e l’Io.
“Il vero soprasensibile – dice infatti – ha inizio là dove non soltanto si abbandonano le impressioni dei sensi e i processi temporali, ma si abbandonano lo spazio e il tempo stessi, e si penetra in condizioni di esistenza del tutto diverse da quelle che comprendono tempo e spazio” (16).
Ciò sta dunque a significare che la lettura “filosofica” (“solida”) de La filosofia della libertà è una lettura “essoterica” che viene svolta, al di qua della soglia, sul piano fisico (rappresentativo), e che la sua lettura “esoterica” viene invece svolta, al di là della soglia, sul piano astrale (“ispirativo”) e su quello dell’Io (“intuitivo”).
Che ne consegue, allora? Ne consegue che la lettura “immaginativa” de La filosofia della libertà, dovendosi svolgere al di qua della soglia, ma sul piano eterico (e non su quello fisico), non è, propriamente, né “essoterica” né “esoterica” (come sostiene invece Prokofieff), bensì è “essoterica-esoterica”, e deputata, proprio in quanto tale, a mediare o a fare da “ponte” tra la prima e la seconda (17).
Precisiamo che parliamo qui di “essoterico-esoterico” nello stesso senso in cui Steiner parla, a proposito di Goethe, di “sensibile-soprasensibile”.
Scrive infatti: “Non potevo fermarmi alle astrazioni a cui si pensa generalmente quando si parla di pensare, sentire e volere: io vedevo, in queste manifestazioni di vita, delle forze operanti che ponevano dinanzi a me, spiritualmente, l’uomo “quale spirito”. Rivolgendo poi lo sguardo alla sembianza fisica dell’uomo, questa alla mia contemplazione, veniva integrata dalla forma spirituale che compenetra la forma visibile ai sensi. Giunsi così alla figura “sensibile-soprasensibile” di cui parla Goethe; e che, tanto per una vera concezione della natura, quanto per una vera concezione dello spirito, s’introduce tra ciò ch’è afferrabile dai sensi e ciò ch’è visibile spiritualmente” (18).
Come, dunque, tra “ciò ch’è afferrabile dai sensi e ciò ch’è visibile spiritualmente” s’introduce ciò ch’è “sensibile-soprasensibile”, così tra la lettura “filosofica” (essoterica) de La filosofia della libertà e la sua lettura “antroposofica” (esoterica), s’introduce quella “essoterica-esoterica”.
Riteniamo importante aggiungere, concludendo, che tale lettura (michaelita) risulta tanto più importante quanto più si tenga conto che il “ritorno” del Cristo – come annunciato da Steiner - avverrà sul piano eterico: proprio su quel piano, cioè, che i materialisti tirano verso il basso (verso il corpo fisico) (19), e che gli spiritualisti tirano di contro verso l’alto (verso il corpo astrale).

Note:

01) S.O.Prokofieff: Antroposofia e “La filosofia della libertà” – Widar, Venezia-Marghera 2007;
02) S.O.Prokofieff: Il Guardiano della soglia e “La filosofia della libertà” – Widar, Venezia-Marghera 2009;
03) cfr. Sergej Prokofieff e La filosofia della libertà, 18 ottobre 2007;
04) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, pp. 278/279;
05) S.O.Prokofieff: Antroposofia e “La filosofia della libertà”, pp. 242/243;
06) un esempio, seppur appena abbozzato, di come possa avvenire il passaggio dalla via de La filosofia della libertà a quella “antroposofica”, lo si può trovare nel nostro La logica hegeliana e le Gerarchie spirituali, 7 dicembre 2003;
07) “In un certo senso, - afferma anzi Steiner – il modo migliore per avvicinarsi alla scienza dello spirito è quello di cominciare da Goethe” (Lo studio dei sintomi storici – Antroposofica, Milano 1961, p. 162); o anche – riteniamo di poter aggiungere – dallo Steiner delle Introduzioni agli scritti scientifici di Goethe – Antroposofica, Milano 2008;
08) R.Steiner: Filosofia e antroposofia – Antroposofica, Milano 1980, p. 26;
09) a proposito di pigrizia, si racconta che Steiner, a una persona che gli chiese di suggerirgli un “buon libro occulto”, consigliò La dottrina della scienza di Fichte o le Tavole di trigonometria;
10) cfr. Il cosa, il come, il chi, 6 marzo 2008;
11) R.Steiner: Conoscenza iniziatica – Istituto Tipografico Editoriale, Milano 1938, vol. I, p. 67;
12) R.Steiner: ibid., pp. 29 e 30;
13) G.Colazza: Dell’iniziazione – Tilopa, Roma 1992, p. 91;
14) R.Steiner: I gradi della conoscenza superiore in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977, p. 29;
15) R.Steiner: Ritmi nel cosmo e nell’essere umano – Come si giunge alla visione del mondo spirituale – Antroposofica, Milano 2007, pp. 137/138;
16) R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988, p. 66;
17) è la natura di questa conoscenza – scrive Steiner – “che libera la via dal mondo sensibile a un mondo spirituale” (Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo in Saggi filosofici – Antroposofica, Milano 1974, p. 12);
18) R.Steiner: La mia vita – Antroposofica, Milano 1992, pp. 75/76;
19) cfr. Il Gatto e la Volpe, 18 luglio 2009.

Lucio Russo
Roma, 18 settembre 2009


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Messaggio da leggereInviato: 17/10/2012, 10:57 

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Sempre tratta da OSPI, un recentissimo articolo ancora sulla stessa linea tracciata dal pensiero di Prokofieff che cerca di muoversi in una sorta di cartografia della coscienza.
Questa stessa mappa appare in FdL già delineata nei primi livelli di movimento del pensare (fisico-eterico ?), ma forse non del tutto completa per una compiuta "risalita" del pensiero (animino-spirituale ?)


La "condizione eccezionale"

Al lettore
Non ci saremmo sentiti in dovere di pubblicare questo breve articolo (nel giorno dedicato all’Arcangelo Michele) se non avessimo avuto modo di notare, in più di un’occasione, che l’espressione “condizione eccezionale” (Ausnahmezustand), usata da Steiner ne La filosofia della libertà, e ripresa e posta in particolare risalto da Sergej Prokofieff, viene tanto più enfatizzata quanto più viene fraintesa o malintesa.


Nel suo Antroposofia e “La filosofia della libertà” , Prokofieff presenta il seguente schema dei gradi del “moderno cammino di iniziazione”: 1) percezione; 2) rappresentazione; 3) pensare intuitivo; 4) condizione eccezionale; 5) immaginazione; 6) ispirazione; 7) intuizione, ponendo altresì in rapporto il primo (la percezione) con l’attenzione, il secondo (la rappresentazione) con la concentrazione, il terzo (il pensare intuitivo) con la meditazione e il quarto (la condizione eccezionale) con la contemplazione (1).
“In questo modo – scrive – entro il moderno cammino di iniziazione i quattro gradi inferiori si uniscono ai tre gradi superiori e insieme costituiscono una settemplicità – il quadrato inferiore e il triangolo superiore” (2).
Ma è corretto – domandiamoci - porre la “rappresentazione” e la “condizione eccezionale” a due gradi diversi?
L’eccezione – si sa - conferma la regola; ma qual è, in questo caso, la regola?
Lo spiega Steiner: “Mentre l’osservare oggetti e fenomeni e il pensare sopra di essi sono condizioni quotidiane che riempiono la mia vita mentre si svolge, l’osservare il mio pensare è una specie di condizione eccezionale” (3).
“L’osservare oggetti e fenomeni e il pensare sopra di essi” costituisce dunque la “regola”, mentre “l’osservare il mio pensare” costituisce l’”eccezione”; e in tanto la costituisce in quanto “la peculiare natura del pensare consiste nel fatto che il pensante dimentica il pensare mentre lo compie. Non è il pensare che occupa il pensante, ma l’oggetto osservato su cui pensa” (4).
E’ ordinario, quindi, che il pensare (il rappresentare) costituisca “l’elemento inosservato della vita del nostro spirito”; è extra-ordinario, invece, che venga (volutamente) osservato.
Scrive appunto Steiner: “Per chiunque abbia la capacità di osservare il pensare – e con un po’ di buona volontà questa capacità può averla ogni uomo normalmente organizzato – tale osservazione è la più straordinariamente importante di quante egli ne possa fare. Poiché qui l’uomo osserva qualcosa che egli stesso produce: non si trova di fronte ad un oggetto a lui estraneo, ma alla sua stessa attività” (5).
Nel nostro Sergej Prokofieff e La filosofia della libertà (6), abbiamo già cercato di spiegare (alla luce di quanto asserito da Steiner ne I gradi della conoscenza superiore) quale sia la genesi dell’equivoco in cui è caduto Prokofieff. Ci limiteremo perciò qui a ricordare che una cosa sono le ordinarie attività incoscienti dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione, che permettono alla coscienza rappresentativa, in occasione della percezione dei sensi, di usufruire, rispettivamente, dell’immagine precosciente (che una volta riflessa dall’organo cerebrale si dà come cosciente rappresentazione), dell’attività giudicante e del concetto (7), altra le superiori attività della coscienza immaginativa, della coscienza ispirata e della coscienza intuitiva.
Lo svolgersi naturale (incosciente) di tali attività deve essere pertanto distinto dal loro svolgersi spirituale (cosciente), atto a generare, nell’ordine, il “Sé spirituale”, lo “Spirito vitale” e l’”Uomo spirituale”.
Volendo configurare, su questa base, una “settemplicità”, si dovrebbero dunque collocare, al di sotto di quello dell’ordinaria coscienza di veglia (rappresentativa), i tre gradi incoscienti dell’immaginazione (sogno), dell’ispirazione (sonno), dell’intuizione (coma o morte) e, al di sopra della stessa, i tre gradi superiori della coscienza immaginativa, della coscienza ispirata e della coscienza intuitiva, rimarcando il fatto che questi (spirituali) da altro non derivano che dalla trasformazione (da una “metamorfosi ascendente”) di quelli (naturali).
Apparirebbe chiaro, così, che la “rappresentazione” (il rappresentare) e la “condizione eccezionale” si collocano entrambe al quarto grado (di veglia), tra i tre inferiori e i tre superiori, e che la seconda, mediante la quale si osserva la prima (che rimarrebbe altrimenti inosservata), è solo il trampolino di lancio, il necessario presupposto o la conditio sine qua non della scoperta, questa invero “eccezionale” (nel senso di “illuminante”), che il pensare è “qualcosa” che noi stessi produciamo o una nostra attività (8).
“Mentre penso – scrive Steiner – non vedo il mio pensare che io stesso produco, bensì l’oggetto del pensare che io non produco. Mi trovo nella medesima condizione quando lascio avverarsi lo stato di eccezione nel quale penso sopra il mio stesso pensare [quando l’oggetto del pensare è il “pensato” che ho prodotto - nda]. Non posso mai osservare il mio pensare presente; io posso solo più tardi fare oggetto del pensare le esperienze che ho fatto riguardo al mio processo di pensiero” (9).
Questo conferma che il porsi (concentrandosi) nello “stato di eccezione nel quale penso sopra il mio stesso pensare” non è ancora, di per sé, risolutivo (“Mi trovo nella medesima condizione …”), giacché diviene tale (la “più straordinariamente importante” delle osservazioni) soltanto quando si realizza che si può osservare il “pensato”, ma non il “pensare”, e che il pensare, in quanto realtà viva e fluida (eterica), lo si può unicamente sperimentare (vivendo e fluendo lucidamente con esso e in esso, in qualità, per dirla con Aristotele, di “motori immobili”) (10).
E’ questo il pensiero “vivente” o quel “movimento” del pensiero che occorre “risalire” - come usa dire Scaligero - se si vuole attraversare la soglia che divide la realtà fisico-eterica da quella animico-spirituale; è questo il fondamento dinamico e “michaelita” de La filosofia della libertà [11]; ed è questo il punto in cui si passa dalla “filosofia” dello spirito o dalla “speculazione” alla “scienza” dello spirito o alla “sperimentazione” (12).
Si potrebbe dire, volendo sintetizzare, che il pensato lo si pensa o lo si osserva, il pensare lo si sperimenta, l’idea la si contempla, e l’Io - che si è - lo si diventa.
“Il pensare che deve [e può - nda] essere osservato – afferma Steiner - non è mai quello che si trova in attività, ma un altro. Se a questo scopo io faccia delle osservazioni sul mio stesso precedente pensare, o se segua il processo di pensiero di un’altra persona (…) è indifferente [poiché avrei comunque a che fare con un “pensato” – nda]. Due cose non sono conciliabili, una produzione attiva e una contrapposizione riflessiva” (13).
Nella “produzione attiva”, l’Io vive infatti all’interno di un fare (del suo stesso fare); nella “contrapposizione riflessiva”, vive invece all’esterno di un fatto (che può, proprio per questo, osservare).
E’ in virtù di questa fondamentale e decisiva esperienza (frutto del lancio, non del trampolino) ch’è possibile affermare, come abbiamo spesso fatto, che il pensare è un atto dell’Io o l’Io in atto, che il pensare è l’Io in movimento (il soggetto quale verbo o il divenire dell’essere), mentre l’Io è il pensare in quiete (il verbo quale soggetto o l’essere del divenire), oppure, come fa Steiner, nella stessa Filosofia della libertà, che il pensare è “una forza d’amore di natura spirituale” (14).
(Da Parole di Verità: “… / Cogli il futuro / attraverso il passato / spera nel diveniente / attraverso il divenuto. / L’essere dunque afferra / nel divenire; / ciò che diviene afferra / nell’essente” [15].)

Note:

1) S.Prokofieff: Antroposofia e “La filosofia della libertà” - Widar, Venezia-Marghera 2007, p. 15;
2) ibid., p. 16;
3) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 33;
4) ibid., p. 35;
5) ibid., p. 38;
6) cfr. Sergej Prokofieff e La filosofia della libertà, 18 ottobre 2007;
7) cfr. R.Steiner: Arte dell’educazione. Antropologia, vol. I (nona conf.) – Antroposofica, Milano 1993; cfr. pure Coscienza naturale e coscienza spirituale, 15 febbraio 2002;
8) solo in virtù di questa scoperta si può salire dal primo al secondo dei seguenti “sette gradini” dell’iniziazione rosicruciana: “1) Studio; 2) Conoscenza immaginativa; 3) Conoscenza ispirativa o lettura della scrittura occulta; 4) Preparazione della pietra filosofale; 5) Corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo; 6) Vita entro il macrocosmo; 7) Beatitudine divina” – R.Steiner: La saggezza dei Rosacroce – Antroposofica, Milano 1959, pp. 157-158;
9) R.Steiner: La filosofia della libertà, p. 36;
10) R.Steiner: “L’essenziale è il fatto di accorgersi che il mondo del pensiero ha una vita interiore, e che mentre si pensa ci si trova già nel campo di un vivente mondo soprasensibile (…) Chi si abbandona al pensare libero dai sensi ne sente l’essenza che gli si rivela come dentro di sé, si sente tutt’uno con essa” – La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, pp. 277-278;
11) R.Steiner: “Debbo attribuire particolare valore al fatto che qui, a questo punto, si faccia attenzione che io ho preso come punto di partenza il pensare, e non i concetti e le idee, che soltanto mediante il pensare possono essere conquistati, e quindi presuppongono già il pensare” – ibid., p. 48;
12) M.Scaligero: “L’esperienza che intendiamo indicare cessa di essere filosofia, essendo ciò a cui ha teso tutto il filosofare come al suo compimento, …” – Trattato del pensiero vivente – Luciano Feriani, Milano 1961, pp. 18-19; cfr. pure Scienza dello spirito e filosofia dello spirito (4) , 22 giugno 2005;
13) R.Steiner: La filosofia della libertà, p. 36;
14) ibid., p. 120;
15) R.Steiner: Parole di verità – Antroposofica, Milano 2009, p. 65.



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