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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 20/10/2012, 9:47 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Per quanto riguarda il "sentire" nel pensare,

mi fa piacere riportare qualche passo di un libriccino scritto da Thomass Balthasar "In compagnia di Spinoza...", in quanto Spinoza è un filosofo che "parte" infatti dal sentire!
Il sentire non sarà una attività "libera", ma di necessità, partendo dall' "esperienza" soggettiva del soggetto, ma a Spinoza questo non preoccupa più di tanto.

Cita:
"La realtà umana è innanzitutto una realtà affettiva. E' partendo dalle nostre emozioni e gioie, che la nostra vita si costruisce, evolve e si dissesta. In questo senso, sarebbe errato distinguere la nostra "vita affettiva" dal resto dell' esistenza. Possiamo certamente chiudere gli occhi e voltare le spalle ai nostri sentimenti, che ci sembrano poco affidabili, sfuggenti e soggettivi, per spenderci all' inseguimento di mete forse più elevate e più solide, meno incentrate su noi stessi e la nostra sensibilità. Ma allora ci dimentichiamo che tutto ciò che facciamo viene fatto con dei sentimenti: sono loro che ci spingono, ci guidano, ci ricompensano o ci puniscono, in qulasiasi impresa siamo impegnati"


Ed ora sembra che in questo seguente passo vi sia come la risposta agli esempi che Steiner contrappone a quelli fatti da Spinoza (del lattante e dell' ubriaco); Steiner fa al riguardo gli esempi del ricercatore, del guerriero e del diplomatico.
Cita:
"E' un affetto che attrae il matematico nei meandri del calcolo - la curiosità, il piacere dell' enigma, l' orgoglio della scoperta - ed è ancora un affetto che spinge un medico a spendersi nell' impegno umanitario - la compassione e forse la brama di gloria. L' investigatore che specula in borsa è anch' egli sospinto da un affetto, così come il giudice che cerca di pronunciare la sentenza più equa possibile"


Ecco, anche se questi personaggi poi si spenderanno in un pensare cosciente (come dice giustamente dice Steiner) tuttavia c'è un "a monte" che deriva da un impulso, da un "affetto" direbbe Spinoza.
Io non sottovaluto ciò che dice Steiner, ma non vorrei neppure sottovalutare ciò che dice Spinoza! Un confronto può essere fruttuoso ascoltando i diversi punti di vista.

Cita:
"Pertanto non possiamo sfuggire alla nostra vita affettiva. Non possiamo neppure giudicarla, capirla dal di fuori, mediante una intelligenza o una ragione neutrale e distaccata....
Ci accade a volte di soffrire a causa della nostra vita affettiva; ci può capitare di soffrirne a tal punto da volercene proteggere, fino a diventare insensibili. Ci piacerebbe allora seguire soltanto la ragione e dimenticare le emozioni.
Fortunatamente, questo è impossibile.
Come dimostrato da recenti scoperte neurologiche, l' intelligenza non può funzionare senza l' emozione.
Ad alcuni pazienti, a seguito di un tumore al cervello, vengono chirurgicamente asportate alcune aree del lobo pre-frontale: la loro intelligenza rimane intatta, ma non sono più capaci di provare la benchè minima emozione. Diventano quindi degli esseri perfettamente razionali, ragionevoli, equilibrati, saggi, finalmente affrancati dall' influsso dei loro "affetti"?
Al contrario, private delle loro emozioni, queste persone si rivelano totalmente incapaci di prendere decisioni.
Perdono il senso dei valori e ogni nozione di priorità.
Indecise e indifferenti a tutto, vegetano nella quiete immobile di un' anima ormai priva di punti di riferimento.
Se le emozioni a volte ci fuorviano e ci disorientano, è anche vero che ci guidano, procurandoci i punti di riferimento più preziosi in nostro possesso.
Non possiamo quindi, voltare le spalle alle nostre emozioni per dedicarci esclusivamente all intelligenza. Forse i nostri affetti ci sembreranno stupidi, immaturi, eccessivi; eppure è impossibile sostituirli con l' intelligenza, dicendoci semplicemente "Da adesso in poi, seguirò soltanto la ragione, non più i sentimenti".


Ma ecco che il pensare entra finalmente in gioco!
Cita:
"Ma una comprensione intellettuale astratta è in grado di arginare i torrenti delle nostre emozioni, che a volte ci soffocano e ci abbattono? Si, perché la vera comprensione suscita "anche" una emozione, un' emozione più intensa, che comprende in sé emozioni già conosciute"


(io avrei avuto altre parole per "intelligenza solo astratta", ma come poi si può vedere più sotto, subito si redime)

Cita:
"Il cammino verso la saggezza inizia dunque dall' intelligenza delle nostre emozioni, o, con le parole di Spinoza, dei nostri "affetti".
Tuttavia ci appare chiaro che quest' intelligenza possiede due facce.
Da un lato, l' "intelligenza" dei nostri affetti ci permetterà di capire cosa ci commuove e ci turba, ci abbatte e ci trascina.
Dall' altro, questa comprensione trasformerà il suo oggetto, l' emozione, in modo ineluttabile.Proprio perché la comprendiamo, l' emozione evolve e diventa essa stessa "intelligente".
Lo scopo quindi, non è comprendere la nostra vita affettiva in modo astratto e teorico, ma rendere intelligenti i nostri affetti, e affettiva la nostra intelligenza"


Infine l' autore così termina con questo tipo di domanda rivolta al lettore (la sommarizzo):

egli chiede quindi: riusciresti ad associare un colore a ogni emozione, a ciascun momento vissuto? Quello che hai sentito era azzurro, rosso, verde, grigio o nero? Si tratta di visualizzare in questo modo ogni emozione, per avere una percezione più sottile di ciò che si sente.
Troppo speso passiamo da un estremo all' altro: o ignoriamo le nostre emozioni, oppure permettiamo che ci sommergano.
Si tratta invece di osservare con calma le proprie emozioni e di descriverle con precisione. Questa emozione ci ha spronato a riflettere o al contrario ci ha impedito di farlo? L' emozione ha stimolato la nostra intelligenza, o invece l' ha inibita, soffocata?

Qua sono le mie conclusive considerazioni al riguardo:
Si avverte quindi l' importanza di collegare le emozioni, i sentimenti (il sentire) all' intelligenza (il pensare).
Non per cancellare le emozioni e non solo per razionalizzarle; non per descrivere solamente con il cervello yang il cervello yin!
Ascoltare il proprio "sentire" può trasformare le modalità di come tale sentire si manifesta?

!!!!!!!! Ecco! Ecco pertanto il percorso di libertà (di pensiero) nella (nostra) necessità. Ecco lo sgrezzamento, che non avviene di necessità, delle nostre necessità!
Ecco l' "intelligenza emotiva" di Daniel Goleman; è da Spinoza che arriva. Chapeau!


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 22/10/2012, 6:42 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Tornando al "cuore" del carciofo,
ossia all' esperienza del "pensare il pensare" e che cosa ciò possa significare,
al riguardo è interessantissimo e pertinentissimo l' articolo postato in Documenti al n. 3, diLucio Russo.
Qua in definitiva si dice che l' esperienza di "pensare" sul "pensare", ossia la "condizione eccezionale" per cui si presta coscienza al pensiero (quando in genere la coscienza è "solo" sull' oggetto a cui ci si aggancia con il pensare)
è ancora uno stato rappresentativo; siamo ancora nello stato essoterico; viene data l' immagine che esso rappresenta il "trampolino": esso è fondamentale perché avvenga il successivo "lancio"!.. ma non è esso stesso ancora il lancio!

Cita:
Apparirebbe chiaro, così, che la “rappresentazione” (il rappresentare) e la “condizione eccezionale” si collocano entrambe al quarto grado (di veglia), tra i tre inferiori e i tre superiori, e che la seconda, mediante la quale si osserva la prima (che rimarrebbe altrimenti inosservata), è solo il trampolino di lancio, il necessario presupposto o la conditio sine qua non della scoperta, questa invero “eccezionale” (nel senso di “illuminante”), che il pensare è “qualcosa” che noi stessi produciamo o una nostra attività (8).


Si è ancora infatti in uno stato rappresentativo nello "stato eccezionale"; "solo" invece che essere proiettato sul campo di coscienza l' "oggetto", è il pensare stesso che diventa a sua volta "oggetto" (e così però diventa pensato, non è più nel suo stato caratteristico di "produzione").
Tuttavia possiamo in tale esperienza cogliere l' illuminazione che quel tipo di "oggetto" particolare che è il pensiero siamo noi stessi ad averlo "prodotto"!
Non siamo ancora penetrati nelle "sala macchine", o nella "tana del bianconiglio", ma adesso, con questo tipo di esperienza, cominciamo a "sapere" di questa sala macchine o di questo bianconiglio.


Cita:
"Mentre penso – scrive Steiner – non vedo il mio pensare che io stesso produco, bensì l’oggetto del pensare che io non produco. Mi trovo nella medesima condizione quando lascio avverarsi lo stato di eccezione nel quale penso sopra il mio stesso pensare [quando l’oggetto del pensare è il “pensato” che ho prodotto - nda]. Non posso mai osservare il mio pensare presente; io posso solo più tardi fare oggetto del pensare le esperienze che ho fatto riguardo al mio processo di pensiero” (9).
Questo conferma che il porsi (concentrandosi) nello “stato di eccezione nel quale penso sopra il mio stesso pensare” non è ancora, di per sé, risolutivo (“Mi trovo nella medesima condizione …”), giacché diviene tale (la “più straordinariamente importante” delle osservazioni) soltanto quando si realizza che si può osservare il “pensato”, ma non il “pensare”,


... e allora fino qua si tratta ancora di essere sulla soglia, al confine, ma che ancora "non" lo si è travalicato! Anche con il "pensare il pensare": siamo ancora in uno stato rappresentativo; siamo ancora nel film della coscienza; non siamo ancora veramente andati oltre.
E allora cosa succede con il "pensare" processo (e non diventato a sua volta "oggetto")??????
Questo sarebbe quindi il successivo gradino a cui eravamo giunti; è possibile andare dal "trampolino" al "lancio" ora, ma in che modo? Possiamo entrare nel "mistero" del pensare/produzione, che però appena ci voltiamo a guardarlo si pietrifica, si salifica in "oggetto" e ci sfugge?? Serve passare il confine ed entrare nell' esoterismo, abbandonando i nostri comuni bagagli umani con i quali viviamo: ossia, dobbiamo entrare in quel buco che è la tana del bianconiglio??
Allora NON si tratta più di "osservare" il pensiero (così esso è già reificato, è già reso oggetto)! non siamo più a livello di campo di coscienza; bensì siamo nello "sperimentare" il pensare-attività-produzione.
Così si passa dalla "filosofia" e dalla "speculazione"...alla "sperimentazione";
si "pensa" il pensato e invece si "sperimenta" il pensare!

Cita:
e che il pensare, in quanto realtà viva e fluida (eterica), lo si può unicamente sperimentare (vivendo e fluendo lucidamente con esso e in esso, in qualità, per dirla con Aristotele, di “motori immobili”) (10).
E’ questo il pensiero “vivente” o quel “movimento” del pensiero che occorre “risalire” - come usa dire Scaligero - se si vuole attraversare la soglia che divide la realtà fisico-eterica da quella animico-spirituale; è questo il fondamento dinamico e “michaelita” de La filosofia della libertà [11]; ed è questo il punto in cui si passa dalla “filosofia” dello spirito o dalla “speculazione” alla “scienza” dello spirito o alla “sperimentazione” (12).
Si potrebbe dire, volendo sintetizzare, che il pensato lo si pensa o lo si osserva, il pensare lo si sperimenta, l’idea la si contempla, e l’Io - che si è - lo si diventa.


O contemplo o produco; da un lato contemplo l' idea (osservazione), dall' altro divento "Io" (sperimento). Il pensare è pertanto l' "Io" che fa; il pensato è invece l' "Io" al di fuori di questo fare (e allora, osserva).
Ed allora, si conclude, il "pensare" è un Io in movimento (attività-produzione!), o anche è un Io in atto (in azione); mentre l' "Io"
è il pensare in quiete (finalmente abbiamo "coscienza" di noi, ma quella coscienza è solo una fotografia di quel pensare che invece ci dà il "secondo" IO, che è un "Io" che fa, sperimenta, e che pertanto si sottrae all' esperienza di coscienza).

Fino qua, tutto bello e tutto interessantissimo!
Proprio ieri sera ho rivisto il film "Matrix" e trovo che vi siano parecchi addentellati con quanto si dice qua; ci si potrebbe anche collegare al libro "the secret" che è proprio sulla forza del pensiero (meglio del "pensare"), molto new age, ma talora si comprendono meglio le cose quando si fanno dei raffronti pure.
Insomma, sia nel film che nel libro newage, si "traduce" la parola "sperimentare" con "convinzione".
Possiamo da qui procedere quindi chiedendoci: cosa significhi "sperimentare" il "pensare"??????

Cita:
“Il pensare che deve [e può - nda] essere osservato – afferma Steiner - non è mai quello che si trova in attività, ma un altro. Se a questo scopo io faccia delle osservazioni sul mio stesso precedente pensare, o se segua il processo di pensiero di un’altra persona (…) è indifferente [poiché avrei comunque a che fare con un “pensato” – nda]. Due cose non sono conciliabili, una produzione attiva e una contrapposizione riflessiva” (13).
Nella “produzione attiva”, l’Io vive infatti all’interno di un fare (del suo stesso fare); nella “contrapposizione riflessiva”, vive invece all’esterno di un fatto (che può, proprio per questo, osservare).
E’ in virtù di questa fondamentale e decisiva esperienza (frutto del lancio, non del trampolino) ch’è possibile affermare, come abbiamo spesso fatto, che il pensare è un atto dell’Io o l’Io in atto, che il pensare è l’Io in movimento (il soggetto quale verbo o il divenire dell’essere), mentre l’Io è il pensare in quiete (il verbo quale soggetto o l’essere del divenire), oppure, come fa Steiner, nella stessa Filosofia della libertà, che il pensare è “una forza d’amore di natura spirituale” (14).
(Da Parole di Verità: “… / Cogli il futuro / attraverso il passato / spera nel diveniente / attraverso il divenuto. / L’essere dunque afferra / nel divenire; / ciò che diviene afferra / nell’essente” [15].)


"Sperimentare" il pensare è quindi una "azione" e non più un campo di osservazione (coscienza); è "pensare ed agire" assieme allora? Se solo penso ed anche sono cosciente del mio pensiero... ho reificato il pensare! mentre se lo attuo contemporaneamente, solo allora posso "vederlo" all' opera in quanto "Io" in atto)?
Tornando alla parola "convinzione", possiamo quindi dire che solo se sono convinto agisco il mio pensare; qua non c'è più neppure bisogno del "pensare il pensare", anzi, qua non c'è proprio bisogno dei pensieri!! (in quanto questi sono solo il frutto oggettivizzato del pensare! ma avendo così perso la loro capacità "propulsiva", dinamica, motrice: sono solo ormai fotografie di una produzione, NON la produzione stessa!).
E' la convinzione che fà sì che invece di "raggelare" il pensare nel "pensiero" (più o meno cosciente) lo si mantenga intatto nella sua forza propulsiva (produttiva) e lo si possa rendere non più per la via dell' osservazione (il 7° giorno di Dio) ma per la via dell' esperire (i 6 giorni precedenti di Dio).
Qua c'è sia un "pensare" attivo, che produce, sia un "pensare" pensato; bisogna però non confondere i due stati!
La notizia bella... è che quindi per entrare in uno stato di "pensare" attività ancora non sia richiesto il salto del fossato tra essoterismo ed esoterismo; anche se di un salto del fossato si richiede: il passare dalla "osservazioen" (pensati/pensieri) al pensare in atto, in azione!

Possiamo fare "campo base" qua per ora, e interrogarci su tutto ciò?


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 22/10/2012, 7:14 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Ulteriori domande:
I pensieri sono quindi "pensare" ormai congelato?
sono un "pensare" sterilizzato?
E' una mancanza di "convinzione" nel proprio pensare che porta a far sì che invece di attuare la produzione, la si disinneschi nei pensieri?
Esiste quindi un "pensare" che fa senza passare per il pensiero (oggetto-campo di coscienza)????
Quale differenza c'è tra un "pensare" che fa e poi magari si osserva, da un "pensare" che invece prima si osserva e non fa???? (o fa altro che non è più solo il "pensare", ma si sposa con tutto quanto affiora a livello di coscienza, ossia gli oggetti rappresentati)?
Può esservi una correlazione tra questo pensare-attività-sperimentazione ed il silenzio dei pensieri nel proprio campo di coscienza????
C'è un "pensare" che si attua nel campo esperenziale, e c'è invece un "pensare" che non si attua ma viene sterilizzato e diventa "pensiero" (più o meno cosciente, poi)???
Una "convinzione" è un pensare che fà, e poi magari dopo si osserva;
al contrario di una non convinzione che fa del pensare dapprima un pensato?
Ma... può un pensare veramente derivare da un pensato, o è solo un pensato tutt'al più che può derivare da un pensare???
E che differenza c'è? Nel secondo caso si tratta di una attività primigenia; nel primo caso invece una "reazione" del fare, dell' agire, in base a quanto compare sul campo di coscienza (e qua appaiono tutti gli oggetti sensibili pure, non solo l' eventuale oggetto pensiero).
E' questo il motivo per cui si dice che il "pensare" non DEVE avere la sua investitura reattiva dal campo degli oggetti sensibili (campo di coscienza!)
per essere "libero" nella sua primigenia attività?

E.. buona giornata ;)


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 22/10/2012, 7:57 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
robinson ha scritto:
e dalla "convinzione" si passa al "coraggio";
il coraggio di non avere più pensieri, ma solo
abbandonarsi ad essere ciò che si è;
non un semplice "fare" collegato ai pensieri ed alla coscienza,
ma un "fare" a prescindere da essi
(e ci vuole convinzione, certo, ma anche coraggio, ed anche un "fidarsi"!);
(certo che... tremano le gambe e ci vuole veramente un bel coraggio!
ma non si tratta di esoterismo; si tratta di esperienza umana eventualmente realizzabile);
Nel "pensare"-attività siamo collegati al Tutto (ecco allora che il fidarsi ed il coraggio hanno un loro fondamento), mentre nel "pensiero" siamo già nell' esperienza della separatezza e tutto trama... per continuare a sentirci isolati e separati.
Possiamo allora dire che "pensare" è ... il silenzio che fà?

trovo belle queste parole di Steiner ed anche quelle di Goethe al riguardo!


Steiner:
Cita:
Dobbiamo sradicare dall’anima la paura e il timore di ciò che il futuro può portare all’uomo.

Possiamo acquisire serenità in tutti i sentimenti

e sensazioni rispetto al futuro possiamo

guardare in avanti con assoluta equanimità verso tutto ciò che può venire.

E possiamo pensare che tutto quello che verrà

ci sarà dato da una direzione del mondo piena di sapienza.

Questo è parte di ciò che possiamo imparare in questa epoca:

a saper vivere con assoluta fiducia, senza nessuna sicurezza nell’esistenza,

fiducia nell’aiuto sempre presente del mondo spirituale.


In verità nulla avrà valore se ci manca il coraggio.

Discipliniamo la nostra volontà e cerchiamo

il risveglio interiore, tutte le mattine e tutte le notti.

Rudolf Steiner


Goethe:
Cita:
Fino a che uno non si compromette c’è esitazione, possibilità di tornare indietro, e sempre inefficacia. Rispetto ad ogni atto di iniziativa c’è solo una verità elementare, l’ignorarla uccide innumerevoli idee e splendidi piani. Nel momento in cui uno si compromette definitivamente anche la provvidenza si muove. Ogni sorta di cose accade per aiutare cose che altrimenti non sarebbero mai accadute. Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero venire in questo modo. Tutto quello che puoi fare, o sognare di poter fare, incomincialo. Il coraggio ha in sé genio, potere e magia. Incomincia adesso.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 23/10/2012, 11:39 

Iscritto il: 04/10/2012, 15:38
Messaggi: 31
Vorrei tentare una breve sintesi di questo thread, che a me pare decisamente interessante: forse un po’ ridondante nelle fonti (oltre FdL), ma sostanzialmente neanche troppo off topic al riguardo delle importanti questioni che caratterizzano l’incipit della prefazione de la FdL stessa.

Inizierei subito con la triplice problematica (legittima a mio avviso) sollevata a più riprese da Robinson, che riguarda essenzialmente tre aspetti del lavoro filosofico/antroposofico che abbiamo intrapreso in questa sezione del forum:

a) In generale, chi s’incammina su questo tipo di percorso, senza aver sperimentato alcun tipo di percezione sovra-sensibile, potrà parlare direttamente ed in prima persona di concetti esoterici ?
b) In particolare, e per conseguenza del punto precedente: in quanto non direttamente concettualizzata, si può o si deve comunque prendere per vera la struttura “rodata” del pensiero esoterico di Steiner, anche come “atto di fede” ?
c) E, ancor più nello specifico, in quanto speculazione filosofica (forse?) ancora al di qua della soglia esoterica, potrà la FdL portarci per mano sino alla possibile risoluzione delle due ostiche problematiche ermeneutiche viste sopra ?

Dal tenore delle risposte avute al riguardo qui ed in altri topic (Ginogost, Pierfrancesco, Lorenzo ed altri), mi è parso di capire come ai punti a) e b) si possa tentare di fornire un responso essenzialmente positivo: “non credere, ma conoscere”... enunciava lo stesso Steiner. Ciò implica gioco forza la comprensione e la verifica di quelle idee (dapprima opache), tramite un lavoro circolare ed incessante che comincia con lo sforzo nel seguirne i ragionamenti, sino a farli gradualmente propri e sperimentarli direttamente nella vita reale.

L’atteggiamento richiesto per ottenere questo tipo di effetto è totalmente scevro da pre-giudizi, ma anzi il più aperto possibile al manifestarsi della funzione intuitiva, che va “caldeggiata” con attenzione, interesse ed entusiasmo personale. E tutto ciò sia che l’intuizione stessa possa giungere all’improvviso come un lampo, sia che per il suo manifestarsi a livello cosciente sia necessario un lungo periodo di meditazione e sedimentazione. Del resto, tutti i concetti di cui facciamo uso nei nostri ragionamenti provengono inizialmente dall’esterno, ma si comprendono e si ricreano nel proprio pensare per il tramite generale del linguaggio.

In questo senso, la struttura steineriana appare filosofica ed antroposofica (esoterica) al tempo stesso: ricalca soggettivamente l’esperienza storica del cammino iniziatico della coscienza di Steiner, ed è oggettivamente permeata di auto-consistenza concettuale: da ciò se ne può dedurre l’autenticità logico-teoretica (Archiati). Si può inoltre tentare di ripercorrene le orme della rivelazione diretta tramite un metodo empirico (scientifico) essenzialmente basato su esercizi di concentrazione e meditazione (Scaligero).

Per tentare di dare un responso positivo anche al punto c), dobbiamo evidenziare un filo rosso del fluire eterico (fenomenologico ?) di questo tragitto della coscienza che può essere egregiamente appreso col ragionamento gnoseologico fondante l’opera stessa FdL. Questo, già di per sé, potrebbe far da ponte tra le due dimensioni “al di là” e “al di qua” della soglia: tra la realtà fisico-eterica e quella animico-spirituale, essenzialmente ambito delle discipline della filosofia dello spirito e della scienza dello spirito (antroposofia). I rispettivi oggetti di studio saranno costituiti per un versante dal corpo fisico (coscienza materiale) e dal Sé spirituale (coscienza immaginativa); e per altro dalla sfera dello Spirito vitale (coscienza ispirata) e da quella dell’Uomo spirituale (coscienza intuitiva). E comunque, in entrambi i casi, la direzione indicata è quella della realtà fluida del pensare che può esser sperimentata direttamente nell’osservazione del pensare stesso libero dai sensi. In ultima analisi, ripercorrendo incessantemente il ragionamento di base insito in FdL, risalendo col pensare verso livelli via via sempre più sottili. [Fine prima parte]


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 24/10/2012, 18:21 

Iscritto il: 04/10/2012, 15:38
Messaggi: 31
[Continua da sopra]
Verrebbe dunque da chiedersi come applicare in concreto questo schema cognitivo sin oltre la soglia, nella diretta esperienza dei gradi superiori della realtà animico-spirituale. Come nel processo conoscitivo ordinario la percezione sensibile di un relativo oggetto materiale s’incontra con il relativo concetto plasmando una rappresentazione nella sfera dell’io; così nel mondo spirituale la percezione di una realtà sovra-sensibile, per il tramite dell’immaginazione, si completa con l’interpretazione corrispondente della coscienza ispirata, dando luogo alla conoscenza come intuizione dell’Io spirituale. Del resto lo stesso Steiner ammette implicitamente questo tipo di percorso, lasciando intendere che come oggetto dell’osservazione si possa assumere tutto ciò che “entra nel cerchio delle nostre esperienze”. E dunque non soltanto oggetti del mondo materiale ma anche percezioni di tipo animico-spirituale.

Ciò nonostante, il dubbio rimane perché abbiamo visto che l’elemento in grado di consentire il decollo oltre la soglia esoterica, deve gioco forza sussistere in un pensare (fare in divenire) e non in un pensato (fatto cristallizzato). Qualcuno ha parlato poco sopra di due dimensioni diverse ed inconciliabili: produzione attiva nel primo caso e contrapposizione riflessiva nel secondo. In estrema sintesi, potremmo dire con Russo che: “il pensato lo si pensa o lo si osserva, il pensare lo si sperimenta, l’idea la si contempla, e l’Io che si è [in potenza - nda] lo si diventa.” Quindi se la condizione eccezionale del pensare il pensare ("vivo") rappresenta in ogni modo un trampolino della coscienza di veglia verso la soglia del sovra-sensibile, si tratta ulteriormente di capire se il lancio può essere “tecnicamente” effettuato in concreto con gli strumenti che ci fornisce la FdL, oppure no. Sembrerebbe quindi che la problematica di cui al punto c) debba al momento rimanere senza una compiuta risoluzione. Qualcuno può invece ulteriormente provare ad abbozzare una risposta ?

C’è inoltre da considerare che le strutture cognitive che entrano in gioco nei quattro gradi di conoscenza sopra schematizzati sono intrinsecamente differenti: sia sotto l’aspetto qualitativo, in quanto l’oggetto di osservazione assume caratteristiche via via sempre più “sottili” (dalle tre dimensioni dell’oggetto fisico, alle due dell’immagine, alla mono-dimensione del concetto); sia sotto il punto di vista quantitativo degli elementi che entrano in gioco ad ogni livello, in quanto diminuiscono progressivamente di numero durante la risalita dei gradi superiori. Più precisamente, nel grado materiale entrano in gioco quattro elementi: l’oggetto sensibile, la relativa rappresentazione, il concetto e l’io che conosce. Nel livello immaginativo, mancando l’oggetto fisico, rimangono soltanto tre elementi: la rappresentazione (sotto forma d’immagine), il relativo concetto e l’io. Al terzo grado della coscienza ispirata viene a mancare anche l’immagine, per cui rimane solo il concetto e l’Io. Mentre nel quarto e più alto grado della conoscenza intuitiva rimane solo l’Io spirituale, il quale – come dice Steiner - esso stesso “penetra nelle cose, quasi scivolandovi dentro”.

Per tornare con i piedi per terra, e riallaciandosi per un attimo al focus della prefazione de la FdL, possiamo dunque ragionevolmente asserire che questo tipo di pensare risulta anche libero, in quanto dipenda totalmente dalla mia volontà e non da altri, e non finanche dalle condizioni interne (biologiche, istintive, caratteriali, ecc.) o esterne (educazione, cultura, ideologia, ecc.). E questo a maggior ragione nel momento in cui posso permettermi di osservare il pensare svincolato dal mondo dei sensi, soprattutto man mano che mi allontano dal livello di coscienza materiale, verso i gradi di conoscenza più sottili (oggetti di osservazione bi e mono-dimensionali). Anzi, forse solo allora potrà considerarsi un pensiero veramente libero al massimo grado: “un contesto spirituale che si regge da sé”, lo definiva lo stesso Steiner.

Ma persino un pensiero del tutto libero non garantisce di per sé ancora il fatto che sia moralmente responsabile anche l’azione concreta che ne consegue. Infatti, come il pensiero che sperimenta il risalire dei gradi di coscienza più elevati si libera via via degli elementi più grossolani ed egoistici, anche la volontà deve subire un processo corrispondente di “purificazione” del volere che culmina in uno stadio definito da Steiner con il massimo grado di “intuizione morale”. Anzi, in un certo qual modo, in quel livello di consapevolezza ideale ritroveremo parallelamente un "volere che osserva sé stesso", perché solo da un libero pensare può scaturire un libero volere. E allora, e solo allora, sarà del tutto libera e moralmente giusta anche l’azione conseguente. Ma questo lo vedremo nel prosieguo dello studio...

Per ora mi fermo qui. Chiedo venia per la ridondanza ed i possibili, anzi certi, strafalcioni.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 25/10/2012, 8:48 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Colgo e comprendo la provocazione, Lorenzo.

Tuttavia dei brani di Goethe (ma anche di Steiner, che all' incirca dice le stesse cose, no?), quello che mi ha colpito è stato il prendere decisioni senza troppo "ragionarci" sopra.
Il "fidarsi" di un impulso senza troppo vivisezionarlo col pensiero da cervello sinistro (o da ragioniere).
Non volevo certo "unilateralizzare" il discorso sul pensare tirando in ballo l' altra "forma" di pensare, diversa da quella che noi tutti "realisti ingenui" conosciamo e che sono i nostri triti e ritriti pensieri.
I quali hanno una loro indubbia utilità!
Ricordarsi dell' appuntamento del dentista il giorno dopo, piuttosto che...prendere la macchina per andare a prendere un caffè a Venezia è cosa utile (capito? :lol: ); saper pianificare i conti pittosto che vivere come viene, per quanto mi riguarda, non è per nulla disdicevole.
Il problema semmai è che si tende ad usare solo questo tipo di pensiero: da cervello sinistro o yang.
Ci si dimentica invece dell' altro cervello, quello yin, meno "calcolatore", meno astratto, che vive di più nell' impulso e meno nel ragionamento.
Volevo solo spezzare una lancia a favore di "questo" tipo di "pensare", che ha più a che vedere con il "fare" e non con la coscienza dei nostri pensieri in "folle".
D' altronde a me pare che se l' uomo ha ambo queste facoltà, non si vede perché deve sceglierne una rispetto all' altra! Ho un cervello yin ed uno yang? Bene! A ciascuno la sua parte!
(domanda: si potrebbe anche dire, ma lo chiedo, Arimane è "solo" cervello sinistro e Lucifero "solo" cervello destro... ed il Cristo è l' equilibrio dinamico... tra i due? Giusto per passare da una terminologia all' altra...ma se ne può fare anche a meno,una volta che si spiegano le cose senza ricorrere a queste metafore...??)


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 25/10/2012, 23:43 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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robinson ha scritto:
(domanda: si potrebbe anche dire, ma lo chiedo, Arimane è "solo" cervello sinistro e Lucifero "solo" cervello destro... ed il Cristo è l' equilibrio dinamico... tra i due? Giusto per passare da una terminologia all' altra...ma se ne può fare anche a meno,una volta che si spiegano le cose senza ricorrere a queste metafore...??)

Rispetto a queste questioni preliminari, trovo particolarmente interessante la domanda qui riportata. In effetti l'eccesso luciferico, per es. il misticismo, ha certo a che fare con la parte destra del cervello, quanto l'attività del contabile ha a che fare col lato sinistro. Si potrebbe aggiungere che il "luciferico" ha una spiccata tendenza "verso l'alto", e viceversa l'arimanico.
Ma poiché esistono anche le malattie luciferiche - es. infiammazioni - e quelle arimaniche, fredde - es. tumori - forse più precisamente potremmo modificare la "formula" così: Lucifero ha a che fare con quanto stacca l'uomo dal mondo mentre Arimane con quanto lo "incolla" al mondo materiale. In questo gioco di spinte contrapposte, che l'io ha il compito di equilibrare, ed equilibrandole rinforzarsi, la spinta luciferica, a livello del cervello, si esprime [prevalentemente] per il tramite del cervello destro - e viceversa.
Ma non direi che è tutta lì, non direi che Lucifero è "solo" cervello destro. Tutto il corpo è in vari modi implicato.

Per il resto, sono un po' in ritardo nella lettura e nelle risposte causa i molteplici impegni (è noto che si va in pensione per poter finalmente lavorare sul serio) :mrgreen:
Tuttavia credo che sia meglio spostarsi sui capitoli seguenti (io almeno farò così) in modo da trovare più facilmente risposte alle varie domande espresse.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 26/10/2012, 8:10 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Caro Giuliano,

tempo fa ebbi anche questo tipo di idea: che il cocainomane fosse cervello sinistro (dorme poco, è molto ancorato al mondo materiale) mentre chi fa uso di allucinogeni (i figli dei fiori) fosse più cervello destro.
Chiudo questa parentesi, dicendo ancora che in qualche modo io ci lavoro con questo tipo di modalità;
sono un dentista che come altri, ha compreso che la masticazione dal lato destro porta al cervello le informazioni insite nel lato "destro" (sclerosi, gel, yang) al cervello sinistro; e come sia invece l' uso coscientizzante dell' occlusione (= masticazione) dal lato sinistro, ad informare il cervello destro delle sue qualità (yin, sol, infiammazione).
Poi il cervello riceve questi input e li ritrasmette a tutto il corpo (come giustamente osservavi tu); un cervello che si nutre solo di qualità "destre" riverbererà nel corpo solo quelle qualità (e così vi sarà unilateralità, e pertanto forse poi anche patologia), e vicerversa se si nutre solo di qualità "sinistre".
Qualcuno ha avuto modo di osservare che queste modalità di ammalarsi (tutto il capitolo di patologie legate alla sclerosi o all' infiammazione) è proprio dovuto al fatto che noi facciamo perifericamente "solo" un tipo di esperienza e non anche l' altra!
Aristotele diceva che noi siamo le nostre abitudini!
Un bimbo allevato da lupi quello sarà;
è il corpo che informa il cervello, e questo poi re-invia a tutto l' organismo.
Interessante è anche vedere come queste cose erano di pertinenza delle persone che sono arrivate a parlare delle qualità del lato destro del corpo (che poi si incrociano e sfociano nel cervello sinistro , come viceversa) che sono quelle tipicamente yang, maschili, come di qualcosa di giusto, di corretto; una persona "destra" è una persona capace. Al contrario le qualità femminili, yin, sinistre, han fatto sì che questo tipo di qualità fosse etichettata appunto come qualcosa di "sinistro"!
La maledizione delle donne, sinistre, messe al rogo come streghe...
Il lato sinistro già compare, con la sua maledizione, nella Bibbia; è molto interessante ciò; ma qui mi fermo.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 27/10/2012, 16:15 

Iscritto il: 04/10/2012, 15:38
Messaggi: 31
Interessante davvero: ricordo che qualche decennio fa, un bravo sperimentatore di nome Nitamo Montecucco dimostro' che una semplice tecnica di meditazione di gruppo riusciva a sincronizzare l'attivita' eterica dei partecipanti con la massima sincronicita' elettroencefalografica di entrambi gli emisferi di tutti i partecipanti...
Ma qui sto andando off topic...


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