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 Oggetto del messaggio: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 03/10/2012, 21:44 
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PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE (1918)

Sono due questioni fondamentali della vita psichica umana, quelle
secondo cui si dispone tutto ciò dì cui questo libro dovrà trattare.
La prima questione è: se vi sia la possibilità di considerare l'entità
umana in modo che questa visione di essa valga come base per tutto
ciò che viene all'uomo per via di esperienza o di scienza e di cui egli
ha tuttavia la sensazione, che non possa sorreggersi da sé; che anzi
possa venire spinto dal dubbio o dal giudizio critico nella sfera dell'incertezza.
L'altra questione è: può l'uomo, come essere volitivo, ritenersi
libero, o è questa libertà un'illusione che gli proviene dalla circostanza,
ch'egli non scorge i fili della necessità, ai quali la sua volontà è
altrettanto legata quanto un qualunque fatto naturale? Questa domanda
non è suscitata da una costruzione artificiosa di pensiero, perché anzi,
in una determinata disposizione dell'anima, essa si pone naturalmente
dinanzi a questa. E si può sentire che, in parte, l'anima verrebbe meno
a quello che deve essere, se non si vedesse posta una volta, con la massima
serietà, di fronte al problema delle due possibilità: libertà o necessità
del volere. In questo scritto si dovrà mostrare come le esperienze
dell'anima che l'uomo deve fare in seguito alla seconda delle sopra
indicate questioni, dipendono dal punto di vista ch'egli è in grado di
prendere nei riguardi della prima di esse. Si tenterà di dimostrare che
esiste una concezione dell'entità umana ch'è in grado di sorreggere
tutto il resto della conoscenza; e inoltre, d'indicare che con tale concezione
si acquista la piena giustificazione dell'idea del libero arbitrio,
purché si trovi prima la sfera dell'anima, nella quale il libero arbitrio
possa esplicarsi.
La concezione, alla quale qui si allude nei riguardi di quelle due
questioni, si pone come tale che, una volta acquisita, può diventare un
organo della viva vita dell'anima stessa.


Cita:
(Rob 23/9/12):
"insomma, dalla risposta che riusciamo a dare a queste due domande, ci dice Steiner, può cambiare la nostra stessa vita!
La prima domanda (con relativa risposta) è propedeutica alla seconda: l' uomo ha qualcosa di oggettivo su cui sorreggersi
nel suo conoscere, oppure tutto quanto rientra in un campo puramente soggettivo? Può l' uomo ritrovare in sé qualcosa che lo apparenti
strettamente, oggettivamente, al restante mondo, oppure, pur restando la "sensazione" di appartenere anch' egli al Tutto, e vivendo inoltre in un corpo in cui si esprime in lui la Natura, sente di non avere che strumenti solo soggettivi con i quali "cerca" di conoscere, ma sapendo di essere sempre nel dubbio per quanto egli abbia conosciuto.
La seconda domanda è se l' uomo abbia una volontà libera oppure determinata, necessitata, forzata. Steiner ricollega questa risposta a come si è potuto rispondere alla prima domanda; infatti, se l' uomo NON ha un proprio fondamento, non ha nulla su cui appoggiarsi a causa del fatto che tutto quanto gli proviene da "fuori", allora la volontà, l' agire dell' uomo, non può non essere determinato a sua volta da qualcosa che gli viene appunto da "fuori": la Natura, Dio, le proprie sensazioni, emozioni; i propri pensieri anche... nella misura in cui questi fossero anch'essi qualcosa che si presenta all' uomo come qualcosa di pre-creato; come qualcosa che, come tutto il resto, agisce sull' uomo e non è "prodotto" dall' uomo.
Insomma, bisogna capire se l' uomo è SOLO "natura", ossia qualcosa di già creato e pertanto tutto a questo punto è pre-ordinato (al punto che non si può certo parlare di "libero volere" e di "libero agire"), oppure se egli non sia ANCHE qualcosa di altro, di ulteriore, in cui egli non è FONDATO ma si fonda da sé; non è creato ma egli "crea"; se esiste una sfera in cui qualcosa non si produce "sull' uomo", ma a partire dall' uomo stesso, allora in questa sfera è possibile ritrovare quella libertà, che altrimenti non esisterebbe.
Come vedremo, la SOLA sfera in cui l' uomo, per Steiner, ritrova il proprio fulcro di essere creatore e conoscitore, è il "pensare"; inoltre Steiner ci vorrà dimostrare come il "pensare" non sia solamente l' attività propria dell' uomo e non "data" (al contrario di tutta la restante realtà), ma che è il "pensare" stesso che ci permette di conoscere, in quanto è il pensare stesso che collega il Tutto: noi possiamo conoscere l' albero "fuori" di noi, soltanto perché c'è un qualcosa che appartiene, in comune, sia all' albero che a noi.
Insomma, qua si aprono un mare di riflessioni: intanto l' uomo è "creatore" nel pensare, ma poi lo stesso pensare si presenta nel polo di coscienza dell' uomo come riflesso, come immagine di sé, che si dà come "soggetto" rispetto al restante mondo esterno e questa è alla base della dualità soggetto-oggetto, che l' uomo PERCEPISCE in sé.
Il pensare poi per buona parte è attività propria (come dice Steiner) ma anche inconscia; come tutto il lavoro che svolge a partire da un oggetto che si para di fronte a noi fino al riversarsi sull' anima, sulla coscienza - e quindi primo atto cosciente! - in cui finalmente ci è possibile percepire l' oggetto.
Non siamo pertanto coscienti di questo lavoro del "pensare", che è attività propria dell' uomo e non "data" (non "data" ma per larga parte inconscia: come pure il riordinare le varie percezioni scollegate tra di loro per renderci alla coscienza qualcosa di riaggregato).
Siamo invece coscienti (talora) dei nostri pensieri; ed a volta si fa fatica a pensare che questi "straccioni" in realtà siano dei "re".
Di sicuro c' entra l' immagine percettiva soggettiva che abbiamo di noi, per cui "creiamo" il nostro pensare dal punto di osservazione in cui ci troviamo: soggettivi e scollegati col tutto!
Ma che possibilità abbiamo di "creare" pensieri differenti per il fatto di renderci conto di ciò? Ora come ora siamo propensi a credere che anche nei nostri "pensieri" siamo necessitati! La necessità è data dalla nostra immagine percettiva che ci rende soggetti! Se ne esce veramente? C'è solo il "pensare" che possiamo coscientemente giostrarci nei "pensieri" oppure c'è anche il "silenzio" dai pensieri? E magari quel silenzio dai pensieri/pensati, non è forse anch' esso qualcosa che ci può ricollegare al Tutto? qualcosa che possiamo chiamare a sua volta "pensare" ma anche no, l' importante sarebbe averne coscienza e consapevolezza? Ma Steiner ci dice che il "pensare" (attività propria dell' uomo) produce quello che sono i "pensieri" (e solo in essi noi siamo CERTI di essere stati noi a produrli attraverso la nostra attività del pensare!), e quindi: sembra proprio che se dal "pensare" NON possiamo uscirne! (come potremmo noi percepire come percepiamo senza la sotterranea attività del pensare?) sembra anche che dai "pensieri" non si debba o possa uscirne!
Quindi qua ho solo provato ad elencare un po' di temi di riflessione; come dei "sassi" buttati per ora qua; ci sarà modo di rivedere questi vari punti alla luce del prosieguo della lettura di FdL


Cita:
Giul 23\9\12 Dalle premesse esposte, verrebbe da dire che solo il creatore può comprendere quanto è creato, e che però questa comprensione può essere anche parziale: nella misura in cui io creo io posso comprendere, per il resto sono determinato. Resta da capire se questa creazione è comunque libera. Il pensiero me lo creo, però in effetti il pensare è influenzato dal tempo, dall’umore, dalla digestione ecc. Questo è il suo lato non libero. Però esiste un lato libero: incredibilmente esso coincide con la presenza di regole e leggi, per esempio quelle grammaticali o quelle logiche (v. Matematica). Quando Steiner dirà che mentre si crea non è possibile osservare, identifica il creare con un sentirsi solo soggetto, mentre nell’osservazione del risultato (il settimo giorno …)egli riceverebbe qualcosa dal mondo e potrebbe giudicare. Però, da quanto precede, appare che nel suo limitato creare l’uomo è tanto più “divino” quanto più la sua creazione si conforma alle leggi del creato. Lede questo fatto la sua libertà?



Cita:
alfionero 10-10-2012
I due quesiti di cui sopra sono a mio avviso di cruciale rilevanza per intraprendere lo studio de la FdL. Ma si comincia subito in salita, almeno per le mie povere meningi, tanto è vero che le suddette questioni, in apparenza propedeutiche, sono in realtà di non facile penetrazione cognitiva; e anzi, il fatto stesso di potervi corrispondere in piena consapevolezza potrebbe già di per sé rivelare la realizzazione del cammino iniziatico insito nell’opera. Pare infatti che lo stesso Steiner abbia asserito che in FdL: "è contenuto tutto il resto. Chi realizza l'atto di libertà in essa descritto trova l'intero contenuto dell'antroposofia". Proverò dunque ad abbozzare qualche ragionamento, semplificando giocoforza l’approccio con qualche inevitabile inferenza.
Il primo quesito evidenziato da Steiner concerne essenzialmente l’ambito sostenibile di un’attività di conoscenza che ponga “l’entità umana [...] come base per tutto ciò che viene all'uomo per via di esperienza o di scienza”. Lucio Russo parla al riguardo di una dimensione speculativa di tipo antropologico-noetico, avendo a che fare con gli atti cognitivi della coscienza (l’oggetto si trasforma in idea). Ma questa sfera si delinea al contempo propedeutica per la seconda questione (di tipo antropologico-etico) come ambito di conferma o negazione del concetto stesso di libertà; soprattutto in riferimento alle effettive motivazioni dell’azione morale creatrice (l’idea si trasforma in oggetto).
In conseguenza di quanto sopra enunciato, pare piuttosto evidente che le due problematiche risultino circolarmente ma inscindibilmente collegate l’un l’altra: scienza della libertà, al contempo essenza tangibile di realtà della libertà. Questo approccio richiede dunque l'occorrenza d'investigare il motivo dell’agire, il "come" e il "chi" (o "che cosa") ponga origine all'azione: se cioè la libertà stessa sia da attribuirsi all'uomo in quanto essere senziente che conosce e che vuole (motivi posti dall’Io); o se invece tale fonte sia piuttosto da ricercarsi in motivazioni ed impulsi posti in essere da necessità deterministiche cristillazzatesi in sequenze automatiche di stimoli e re-azioni (motivi imposti all’io).
Si dovrà allora cercare di rispondere positivamente alla questione noetica, se vogliamo ottenere un responso dello stesso segno anche al riguardo della questione etica: perché dal momento in cui si mostrasse realmente libera la coscienza (verità) lo sarebbe anche l'azione morale conseguente (libertà). E in questo senso, l’uomo potrà allora ritenersi veramente libero, ma solo se riesce a scorgere realmente quella sfera dell’anima che sia in grado di escludere consapevolmente e con assoluta certezza la funzione inconscia di ogni possibile obbligatorietà del volere. E per conseguenza, solo su questo stesso orizzonte super-cosciente di verità/libertà si potrà allora concepire “l'entità umana che è in grado di sorreggere tutto il resto della conoscenza.”

Cita:
Giul 14\10\12 Alfionero dice: dal momento in cui si mostrasse realmente libera la coscienza (verità) lo sarebbe anche l'azione morale conseguente (libertà) La cosa è forse discutibile. Posso arrivare alla conclusione che il pensiero è sempre perlopiù libero, e quindi lo è la coscienza; ma ciò può non bastare perché l'azione conseguente abbia sostanza morale. Se uno scienziato ragionando liberamente può trovare un composto in grado di guarire rare malattie ma anche di avvelenare milioni di persone, l'uso che farà di questo sapere libero non sarà di necessità il primo, magari l'avidità lo spinge a vendere il tutto come arma a qualche esaltato, o persino a scegliere l'uso "buono" medico, ma farsi pagare uno sproposito.
D'altra parte, anche lo Steiner esoterico ricorda che nel Kamaloca, a livello mi pare delle sfere di Venere e Mercurio, puoi trovarti a dover scontare come ombra morale la smodata ambizione con cui hai realizzato un'impresa meravigliosa per l'umanità. Senza scampo! :lol:
Il dilemma verrà risolto considerando che la piena conoscenza porterà alla piena (buona) coscienza, e che le pecche morali sono altresì carenze di pensiero.


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 Oggetto del messaggio: 2° post della Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 03/10/2012, 21:47 
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Quella che si darà non sarà
una risposta teoretica, da portare poi seco come un semplice convincimento
conservato dalla memoria. Per il genere di rappresentazione che
sta a base di questo libro, una tale risposta sarebbe solo una parvenza.
Non si darà dunque una risposta siffatta, compiuta, finita, ma si indicherà
un campo di esperienze dell'anima, nel quale, in qualsiasi momento,
ogni qualvolta l'uomo ne abbia bisogno, la questione, per virtù
dell'attività interiore dell'anima, tornerà ad avere una risposta viva.

Cita:
(Rob 23/9/12):
" Steiner ci invita PERTANTO a non leggere dogmaticamente questo suo testo;
non si tratta di ripetere quanto ha detto Steiner; dobbiamo (dopo aver compreso ciò che dice) ricercare in noi
ed eventualmente trovare ciò che lui espone; solo ri-trovandolo in noi stessi (se ci sarà possibile, se ci sarà accettabile quanto Steiner ci dice)
potrà essere come lui dice una "attività interiore dell' anima" avendone risposte VIVE; e non semplici convincimenti conservati nella memoria
Insomma, Steiner ci dice che il suo lavoro va personalmente metabolizzato, indicandoci una via esperienziale personale: è su quanto ritroviamo eventualmente su questa via che qualcosa potrà maturare in noi; non dalla semplice "lettura" del testo.

Cita:
Giul 14\10\12 - Come si vede, è subito richiamato, accanto a quello della gnoseologia, anche il campo della morale. Vale a dire: il vero sapere libero guiderà il mio comportamento. E, aggiungo io, lo farà libero per scelta autodeterminante. Il mio agire sarà libero solo se accetterà di incarnare il mio pensiero (ma non dimentichiame che c'è dell'altro, per esempio la creazione artistica).

A chi ha trovato una volta questo campo dell'anima, nel quale quelle questioni
si svolgono, la vera visione di esso dà ciò che gli occorre per i
due sopra indicati enigmi dell'anima, affinché con quanto si è conquistato
possa ulteriormente esplorare in latitudine e in profondità i misteri
della vita, verso i quali lo portano il suo bisogno e il suo destino. -
Cita:
(Rob 23/9/12):
"Insomma, qua la posta è alta; qualora per via esperenziale, personale, diretta, riuscissimo a fare nostra l'esperienza che lo stesso Steiner ci ha descritto in questo libro, non solo potremmo finalmente dare una risposta ai due quesiti posti all' inizio; ma la scommessa grande è che da qui in avanti poi tutta la nostra vita cambierebbe, avendo poi la possibilità (personalmente, a partire da se stessi) di "ulteriormente esplorare in LATITUDINE e in PROFONDITA' i misteri della vita".


Con ciò, ci pare d'avere posto innanzi una conoscenza che dimostra la
sua legittimità e il suo valore in base alla propria vita e all'affinità di
questa vita sua propria con tutta la vita animica umana.


Cita:
(Rob: 23/9/12):
"Steiner proprio si propone di dimostrare il valore oggettivo della conoscenza - basata sul pensare - e quindi la sua legittimità, rispetto all'opinione di una conoscenza soggettiva, in quanto proveniente dal "soggetto" pensante, e quindi mancante di ogni tipo di oggettività.
Il passo per Steiner consiste quindi nel dimostrare che il "soggetto pensante" si rende soggettivo in quanto immagine soggettiva che ha di sé, ma è oggettivo (di più: è "oltre" oggettivo-e-soggettivo) in quanto"pensante"!
Il "pensante" è quindi "oggettivo", è oltre soggetto-ed-oggetto; ma poi percependo se stesso come "soggetto" allo specchio della coscienza, dimostra a se stesso che il suo stesso "pensare" a questo punto è soggettivo.
Steiner cercherà tutto sommato di "rompere" questo incantesimo; lo vorrà dimostrare in quanto SE il pensare fosse VERAMENTE solo soggettivo, noi non potremmo assolutamente rapportarci (su che base?) al restante mondo! non potremmo neppure percepire! Non potremmo avere i concetti da riferire al mondo esterno che abbiamo. Proprio il fatto che invece tutto questo c'è, è l' intima dimostrazione di qualcosa che non può essere solo "soggettivo" a partire dall' uomo; ma che in qualcosa (che è il "pensare") noi siamo oltre il soggettivo; il "soggetto" pensa ed in ciò è oggettivo, è già oltre il "soggettivo", ma allo stesso tempo il soggetto "pensante" si vede soggetto e pertanto anche la sua attività pensante viene posta come qualcosa di "soggettivo".
Steiner ci vuole dimostrare che:
- l' uomo produce il "pensare" (se se così non fosse, non vi sarebbe il fondamento di una eventuale libertà nel volere)
- il "pensare" prodotto dall' uomo è "universale", va oltre l' immagine soggettiva che l' uomo ha di sé nel percepirsi nello specchio della coscienza come "soggetto" separato dagli altri "oggetti".
Ci toccherà seguirlo quindi in questo suo compito, per vedere in che modo egli cercherà di trovare argomenti che siano convincenti, e che vadano oltre quei "luoghi comuni" e "convinzioni" che abbiamo sedimentato in noi, e che potrebbero anche sgretolarsi alla luce di una profonda e convincente riflessione.


Cita:
alfionero 10-10-2012
Abbiamo visto come lo stesso Steiner abbia posto con forza la realizzazione concreta dell'atto di libertà in FdL, in quanto caposaldo e tragitto accessibile dell’intero cammino antroposofico. Nondimeno però, egli ragiona al riguardo non come di una mera rappresentazione mentale, ma bensì evocando direttamente il concetto di "atto", azione concreta, manifestazione di una volontà tangibile: “Quella che si darà non sarà una risposta teoretica [... una parvenza], ma si indicherà un campo di esperienze dell'anima, nel quale, in qualsiasi momento, [... si] tornerà ad avere una risposta viva.”
Ciò implica a mio avviso almeno tre conseguenze, in particolare:
1) quella di dover leggere il testo in maniera attiva, partecipativa, conquistandosi la penetrazione pagina dopo pagina, risalendo ogni volta ad intuizioni via via più sottili;
2) cercando al contempo di ricreare interiormente i flussi di pensiero afferrati nel libro, per ritrovarne le relative corrispondenze nell'attività cognitiva e morale della vita reale quotidiana;
3) realizzando dunque il rapporto tra libertà e verità nell'azione morale “viva” dell’universo tangibile: perché è appunto solo da un libero pensare che può nascere un libero volere.
Più in generale, possiamo presupporre che in questo stesso tipo di training "sottile" sia contenuto il giusto approccio all'osservazione del pensare svincolato dai sensi, una condizione eccezionale dove concetto e percezione coincidono, e dove il pensiero stesso si ritrova di fatto a lavorare immediatamente a ridosso della Soglia spirituale.
Quasi una forma d’iniziazione attraverso la verifica esperenziale di quelle dinamiche eteriche che gradualmente possono guidarci in direzione dell’IO: un pensare puro realmente libero dalle funzioni di necessità che inconsciamente si cristallizzano nell’Ego.
E forse, in ultima analisi, credo anche (?) che l’essenza di tutto l'esoterismo occidentale ruoti essenzialmente proprio attorno a questo tipo di sfera; o che comunque tale dimensione ne possa se non altro costituire un tragitto spirituale percorribile. Le vie della verità sono molte; ma la meta, la Realtà è UNA.

Cita:
Giul 14\10\12 - Ho l'impressione che il modello della lingua possa servire come esempio per il pensare. La lingua non è soggettiva, i termini sono quelli per tutti, e ancor di più lo sono le parole più svincolate dalla percezione, termini come "con" "il" "sopra" "possibile" ecc ecc. Certo che ognuno ne dà una declinazione decisamente soggettiva, ma se lo fosse oltre un certo punto non ci si capirebbe più.
Come un pensiero raggiunge l'oggettività, per esempio nella matematica (esempio molto citato da RS), per cui un triangolo corrisponde a quella definizione, e ci capiamo benissimo, la stessa oggettività la troviamo nel linguaggio. Soprattutto se analizzato nel suo comporsi di stati attenzionali cristallizzati (ne parleremo ancora, chiaramente mi riferisco alla linguistica operativa): se riesco a capire che "ma" e "però" non sono eguali, il primo "spinge" verso avanti, il secondo "torna indietro" a considerare la cosa e solo dopo dà una specie di permesso perché si avanzi, se riesco a vedere che ciò è uguale per tutti noi parlanti italiano, allora il pensiero ed il linguaggio potranno essere visti scientificamente, cioè non nebulosamente, come si ama fare. Di conseguenza ... saremo tutti più liberi! :shock:


Ultima modifica di ginogost il 03/10/2012, 23:03, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: 3° post della Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 03/10/2012, 21:47 
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Questo io pensavo del contenuto di questo libro quando lo scrissi
venticinque anni addietro. E oggi ancora, se voglio far conoscere i pensieri
che ne costituiscono il fine, devo ripetere le stesse frasi. Quando,
a suo tempo, scrissi il libro, mi limitai a non dire più di quanto nel
senso più stretto abbia a che fare con le due questioni sopra indicate.
E se qualcuno dovesse stupirsi di non trovare ancora in questo libro alcun
accenno al campo dell'esperienza spirituale che ho descritto in
lavori miei più recenti, voglia considerare che, a quel tempo, non intendevo
dare una descrizione dei risultati che si ottengono con investigazioni
spirituali, ma soltanto costruire le fondamenta sulle quali tali
risultati possano basarsi. Questa "Filosofia della libertà" non contiene
nessuno di questi speciali risultati, così come non ne contiene nessuno
di quelli particolari delle scienze naturali; ma di ciò ch'essa contiene
non potrà, a parer mio, fare a meno chi aspira alla certezza di questo
genere di conoscenze. Quanto sta detto in questo libro può essere pure
accettato da taluni che, per qualche loro speciale ragione, non vogliano
aver a che fare coi risultati delle mie investigazioni di scienza dello
spirito. Invece per colui che può considerare questi risultati della
scienza dello spirito in modo da sentirsi attratto verso di essi, il tentativo
qui fatto può riuscire importante. E questo tentativo è di mostrare
come uno studio spassionato che si estenda solamente ai due problemi
più sopra indicati, fondamentali per qualsiasi conoscenza, conduca alla
concezione che l'uomo vive entro un vero e proprio mondo spirituale.
Ci si prefigge in questo libro di giustificare una conoscenza della sfera
spirituale prima di penetrare nel campo dell'esperienza spirituale. E
questa giustificazione viene intrapresa in modo che, nel corso di questi
ragionamenti, purché si possa e si voglia approfondire il modo come
questi ragionamenti stessi vengono svolti, non occorre mai richiamarsi
alle esperienze che più tardi ho fatto valere, per trovare accettabile ciò
che qui sta detto.
Così, per un verso, mi pare che questo libro prenda una posizione
completamente separata dai miei veri scritti di scienza dello spirito; e
che, per un altro, sia tuttavia strettissimamente legato ad essi. Tutto
questo mi ha indotto a tornare ora, dopo venticinque anni, a pubblicare
il contenuto di questo scritto sostanzialmente quasi senza modificazioni.
Ho soltanto fatto delle aggiunte piuttosto lunghe a molti capitoli. Le
esperienze avute in fatto d'interpretazioni errate di quello che avevo
detto, mi hanno dimostrato la necessità di tali esaurienti amplificazioni.
Ho modificato solamente quei punti, dove oggi mi è parso che fosse
stato detto inabilmente ciò che un quarto di secolo addietro avevo voluto
dire. (Soltanto chi sia malevolmente disposto si sentirà autorizzato
a dire, sulla base di ciò che in questa guisa ho modificato, che ho cambiato
le mie convinzioni fondamentali).
Già da molti anni il libro è esaurito. E sebbene, come risulta dall'anzidetto,
mi sembri che quanto dissi venticinque anni or sono sulle
due questioni più sopra indicate debba ancor oggi essere espresso nel
medesimo modo, ho tuttavia protratto a lungo il compimento di questa
nuova edizione. Mi sono ripetutamente domandato, se in questo o in
quel punto del libro non dovessi mettere in chiaro la mia posizione nei
confronti delle numerose concezioni filosofiche, apparse dopo la pubblicazione
della prima edizione. Dal far questo nel modo che più avrei
desiderato, sono stato trattenuto dalle esigenze derivanti dalle mie investigazioni di
pura scienza dello spirito di questi ultimi anni. Però,
dopo avere guardato quanto più profondamente ho potuto tutto il lavoro
filosofico contemporaneo, mi sono convinto che, per quanto una
simile disamina possa .di per sé essere seducente, essa non deve tuttavia
andar accolta nel libro, ai fini che questo si propone. Ciò che mi è
parso necessario di dire, dal punto di vista preso nella Filosofia della
Libertà, sui più recenti indirizzi filosofici, si trova nel 2° volume dei miei Enigmi della Filosofia.
Aprile 1918.
RUDOLF STEINER


Cita:
(Rob 23/9/12):
"Qua in effetti si potrebbe aprire, magari in seguito, uno spassionato confronto tra il primo Steiner che ha scritto FdL, e lo Steiner di 25 anni dopo, autore di queste "aggiunte". Steiner cerca di dimostrare al lettore che vi è una continuità; a me personalmente sembra invece che talora vi sia il tentativo di rappresentare la prima stesura di FdL senza alcuno jato rispetto al successivo Steiner; addirittura "incolpando" il lettore poco attento qualora non abbia ritrovato già nella prima stesura tutto quanto poi egli amplierà nel corso seguente della sua vita. Ma di questo vi sarà modo di riparlarne più avanti; specialmente a riguardo di quanto egli scrive nella sua ultima "aggiunta" della fine della prima parte del libro, alla fine cioè del cap. settimo"



Cita:
alfionero 10-10-2012
Dopo un quarto di secolo Steiner ritorna su la FdL con una seconda edizione “sostanzialmente quasi senza modifiche”. Sono del tutto d’accordo con Robinson che se per un verso emerge una chiara continuità con l’edizione originale, espressamente indicata dallo stesso autore (usando rappresentazioni del tipo “devo ripetere le stesse frasi” o “ho modificato solamente quei punti dove oggi mi è parso che fosse stato detto inabilmente ciò che un quarto di secolo addietro avevo voluto dire”), per altro verso si potrebbe nondimeno percepire una certa cesura di quel filo rosso che lega (o dovrebbe legare ?) FdL ai successivi scritti di scienza dello spirito ("posizione completamente separata" ?).
Dalla prefazione stessa appare comunque imporsi l’idea che già dall’edizione originale (?), il giovane “filosofo” intenda porre in essere le problematiche di verità e libertà come vere e proprie sfere archetipiche attorno alle quali far gravitare con forza una profonda e compiuta speculazione spirituale. Scrive infatti Steiner, e pare qui con chiaro convincimento, che già “uno studio spassionato che si estenda solamente ai due problemi più sopra indicati, fondamentali per qualsiasi conoscenza, conduca alla concezione che l'uomo vive entro un vero e proprio mondo spirituale.” E non si capisce allora come tale concezione si possa acquisire se non in concreto (?), peraltro dopo aver espressamente ammonito il lettore che il percorso FdL si deve realizzare con atto animico tangibile e riscontri vitali nell’attività cognitiva e morale.
Del resto, pare che un giorno, alla domanda di Walter Johannes Stein su cosa dovesse rimanere della sua opera dopo qualche millennio, Steiner affermò: "Nulla, eccetto la Filosofia della libertà, ma a partire da questa può essere ritrovato tutto il resto." E non mi pare un’affermazione di poco conto...

Nota del 12-10-2012
Certo, sarebbe interessante investigare sulle modalità della metamorfosi dallo Steiner “filosofo” allo Steiner “esoterista”; ma forse, anche in tal senso, conviene rimanere comunque sulla traccia del filo conduttore costituito dall’evoluzione in divenire della sua opera. Filo non evidentemente rosso, ma molto più labile; in un certo senso, potremmo persino dire che: c’è ma non si vede. Scrive al riguardo Lucio Russo: “Fatto si è che come, in virtù di una metamorfosi, la crisalide nasce dal bruco, e la farfalla nasce dalla crisalide, così La filosofia della libertà nasce dalla scienza naturale, e l’Antroposofia nasce da La filosofia della libertà. Se la scienza naturale pensa infatti l’oggetto sensibile, La filosofia della libertà pensa invece il pensare che pensa l’oggetto sensibile, e l’Antroposofia, risalendo il vivo movimento (micheliano) di tale pensare, perviene dapprima alla realtà (sofianica) del sovrasensibile (o – come dice Steiner e ricorda Prokofieff – del “comune mondo d’idee”) e poi alla realtà (spirituale) dell’Io (inabitato dal Logos). Occorre fare però attenzione perché ogni processo di metamorfosi è caratterizzato dal fatto di essere, sia continuo (nel tempo), sia discontinuo (nello spazio): di presentare cioè, insieme, una continuità interiore e una discontinuità esteriore. Il che comporta che tra la scienza naturale, La filosofia della libertà e l’Antroposofia si diano, tanto una continuità interiore (invisibile), quanto una discontinuità esteriore (visibile), e che la natura specifica o l’identità dell’opera fondamentale di Steiner rischia pertanto di essere oscurata o alterata, vuoi da quanti tendono a interiorizzare anche la discontinuità (come fanno quelli che credono di cogliere “una “rottura” nell’evoluzione di Steiner”), vuoi da quanti, al contrario, tendono a esteriorizzare anche la continuità (come fa Prokofieff, tentando di rendere visibile l’invisibile).”


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 13/10/2012, 8:55 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Cita:
alfionero 10-10-2012
Dopo un quarto di secolo Steiner ritorna su la FdL con una seconda edizione “sostanzialmente quasi senza modifiche”. Sono del tutto d’accordo con Robinson che se per un verso emerge una chiara continuità con l’edizione originale, espressamente indicata dallo stesso autore (usando rappresentazioni del tipo “devo ripetere le stesse frasi” o “ho modificato solamente quei punti dove oggi mi è parso che fosse stato detto inabilmente ciò che un quarto di secolo addietro avevo voluto dire”), per altro verso si potrebbe nondimeno percepire una certa cesura di quel filo rosso che lega (o dovrebbe legare ?) FdL ai successivi scritti di scienza dello spirito ("posizione completamente separata" ?).
Dalla prefazione stessa appare comunque imporsi l’idea che già dall’edizione originale (?), il giovane “filosofo” intenda porre in essere le problematiche di verità e libertà come vere e proprie sfere archetipiche attorno alle quali far gravitare con forza una profonda e compiuta speculazione spirituale. Scrive infatti Steiner, e pare qui con chiaro convincimento, che già “uno studio spassionato che si estenda solamente ai due problemi più sopra indicati, fondamentali per qualsiasi conoscenza, conduca alla concezione che l'uomo vive entro un vero e proprio mondo spirituale.” E non si capisce allora come tale concezione si possa acquisire se non in concreto (?), peraltro dopo aver espressamente ammonito il lettore che il percorso FdL si deve realizzare con atto animico tangibile e riscontri vitali nell’attività cognitiva e morale.
Del resto, pare che un giorno, alla domanda di Walter Johannes Stein su cosa dovesse rimanere della sua opera dopo qualche millennio, Steiner affermò: "Nulla, eccetto la Filosofia della libertà, ma a partire da questa può essere ritrovato tutto il resto." E non mi pare un’affermazione di poco conto...

Nota del 12-10-2012
Certo, sarebbe interessante investigare sulle modalità della metamorfosi dallo Steiner “filosofo” allo Steiner “esoterista”; ma forse, anche in tal senso, conviene rimanere comunque sulla traccia del filo conduttore costituito dall’evoluzione in divenire della sua opera. Filo non evidentemente rosso, ma molto più labile; in un certo senso, potremmo persino dire che: c’è ma non si vede. Scrive al riguardo Lucio Russo: “Fatto si è che come, in virtù di una metamorfosi, la crisalide nasce dal bruco, e la farfalla nasce dalla crisalide, così La filosofia della libertà nasce dalla scienza naturale, e l’Antroposofia nasce da La filosofia della libertà. Se la scienza naturale pensa infatti l’oggetto sensibile, La filosofia della libertà pensa invece il pensare che pensa l’oggetto sensibile, e l’Antroposofia, risalendo il vivo movimento (micheliano) di tale pensare, perviene dapprima alla realtà (sofianica) del sovrasensibile (o – come dice Steiner e ricorda Prokofieff – del “comune mondo d’idee”) e poi alla realtà (spirituale) dell’Io (inabitato dal Logos). Occorre fare però attenzione perché ogni processo di metamorfosi è caratterizzato dal fatto di essere, sia continuo (nel tempo), sia discontinuo (nello spazio): di presentare cioè, insieme, una continuità interiore e una discontinuità esteriore. Il che comporta che tra la scienza naturale, La filosofia della libertà e l’Antroposofia si diano, tanto una continuità interiore (invisibile), quanto una discontinuità esteriore (visibile), e che la natura specifica o l’identità dell’opera fondamentale di Steiner rischia pertanto di essere oscurata o alterata, vuoi da quanti tendono a interiorizzare anche la discontinuità (come fanno quelli che credono di cogliere “una “rottura” nell’evoluzione di Steiner”), vuoi da quanti, al contrario, tendono a esteriorizzare anche la continuità (come fa Prokofieff, tentando di rendere visibile l’invisibile).”

Cita:
Rob 13/10/12:
Certo che è veramente strano!
Lo "stesso" Steiner, che rivendica una continuità (tra lui ancora anarchico individualista, appassionato dalle parole di Nietzsche comprese quelle dove parla del cristianesimo, e lui diventato poi esoterista e riconosciutosi come cristiano), da un lato ci dice come FdL sarà l' "unico" libro che di lui resterà! (qundi un' opera assolutamente non esoterica! Alla portata di tutti, come lui dice); dall' altro lato però noto che c'è una certa forma di repulsione a volerci riflettere sopra; la prima esperienza fatta con tanti aspiranti antroposofi è naufragata; un motivo è stato che... come è possibile commentare questo libro di Steiner? Spesso viene fatta terra bruciata verso chi osa accingersi a ciò. Insomma, a parte qualche caso sporadico (Lorenzo Santi, Giuliano, Archiati, Lucio Russo, noi qua...) sembra che non sia adatto e pertinente dedicarsi alle riflessioni che scaturiscano da FdL.
Allora, c'è dell' altro? C'è dell' inespresso?
A me ha colpito moltissimo (!!!!!!) questo articolo di Stefano Gasperi postato pubblicamente qua sul forum (in altra sede) da Pierfrancesco, dove emerge "dell' altro" sia sullo Steiner scapestrato anarchico sia su questa sua opera che è FdL!

Questo è l' articolo che forse avrà parte nella riflessione che stiamo facendo!

""""""""""""""""""""""
Stefano Gasperi - Luci ed Ombre nello sviluppo dell'anima cosciente ha scritto:
[...]
Questa esperienza drammatica dell’anima cosciente, dove l’uomo si trova di fronte all’abisso (Steiner parla dell’abisso del nulla), Steiner stesso l’ha attraversata. Lui nel suo modo così parco di parlare di se stesso, nella sua biografia descrive come ha attraversato un periodo durissimo di prove e lotte interiori dal 1897 al 1900. Steiner era già passato attraverso l’esperienza fondamentale, che è la prima esperienza soprasensibile dell’uomo moderno, che è l’esperienza del pensare, e questa esperienza interiore, la prima esperienza chiara, moderna del mondo soprasensibile che era quella che poi è arrivata alla pubblicazione della Filosofia della Libertà, e Steiner aveva già compiuto questo passo però arriva anche lui all’abisso del nulla. Dice: “I pensieri morti (questa esperienza del pensare intellettuale, del cadavere del pensare), possono venir afferrati dall’uomo e venir utilizzati per la libertà, ora [però] ci si sperimenta come piena tragedia cosmica, quale cadavere dell’anima”…

Una frase riferita a se stesso… Ci rendiamo conto del dramma interiore di un uomo che arriva a fare fino in fondo l’esperienza di morte, di questi pensieri morti di cui noi siamo debitori della nostra piena coscienza, in cui però l’uomo, all’interno di questo mondo di morte arriva solo al nulla, arriva all’abisso, arriva alla contemplazione di questo focolare di distruzione, e di fronte a questo abisso l’uomo ha solamente due strade: o viene ingoiato dall’abisso: non c’è nulla. Il legarsi a queste forze di morte. Credo che non ho bisogno di fare tanti esempi di quante persone, anche interiormente coerenti, artisti, letterati, personaggi della nostra epoca, hanno fatto quest’esperienza tragica, e non riuscendo a trovare ciò che porta al di là dell’abisso, si sono tolti la vita, sono precipitati nell’abisso, sono impazziti. E’ il destino tragico (in parte) anche di Nietzsche. Oppure c’è un’altra via; superare l’abisso, superare la morte. E Steiner in una lettera privata, descrive queste sue lotte interiori e parlando di se stesso afferma di aver fatto fino in fondo quest’esperienza del nulla, dell’abisso, del nero più assoluto, della morte interiore e dice cosa è stato per lui la vicenda. Con quella modestia con cui parla di se stesso dice: “Dopo 5 anni di gravi crisi e lotte interiori, potei in questo periodo di prove, solo procedere in avanti ponendomi davanti all’anima nella mia contemplazione spirituale l’evoluzione del cristianesimo”.

Per Steiner questa è stata una prova durissima, lui era un anarchico fondamentalmente, uno spirito laico diremo oggi, quindi era stato educato (anche se aveva avuto un rapporto molto intenso con le forme religiose del suo tempo, come ci dice nella sua autobiografia), come uno spirito spregiudicato, uno spirito libero. Non gli è stato per nulla facile immergersi in questa realtà del cristianesimo. E lui con questa frase così scarna, fa capire come l’esperienza della Filosofia della Libertà l’aveva condotto all’accuso della esperienza interiore della libertà, però di fronte all’abisso dell’essere. E per superare questo abisso dell’essere l’unico ponte è stato di immergersi nei misteri del cristianesimo. Infatti dice più avanti ne La mia Vita che la Filosofia della Libertà non andrebbe mai studiata da sola, ma le andrebbe sempre messo accanto un altro testo che rappresenta: l'una, la possibilità di fare l’esperienza dell’abisso del nulla, l’altro la possibilità del superamento. E quest’altro libro da mettere accanto e che conferma il patto così violento è quello che conosciamo come Il Cristianesimo come fatto mistico.

""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""




Dunque, sembra che Steiner stesso dica che "studiare" FdL da sola!, conduca alla possibilità di fare l' esperienza dell' abisso del nulla (!!!); e pertanto occorra affiancare ad essa un secondo testo, che dà la possibilità del superamento "Il Cristianesimo come fatto mistico".
E' questo un motivo per cui si tende a diffidare di "studiare" questo testo? E' una domanda.
Ora, come si fa a dire quindi che è lo "stesso" Steiner, quando l' esoterista Steiner, il cristiano Steiner poi ammette che da sola FdL non è completa? (Ma non era l' "unico" libro che di lui si ricorderà? Ora dovrebbero essere almeno due!).
E' evidente che FdL fosse completa per lo Steiner anarchico, individualista, nietzschano; mentre per lo Steiner che poi ha fatto un suo percorso evolutivo, ora FdL rappresenta il rischio di perdersi nell' abisso; ed almeno andrebbe affiancato ad esso un testo che ci può salvare da esso!
Chissà cosa avrebbe detto il "primo" Steiner di questo "secondo" se solo avesse potuto incontrarlo
negli anni in cui ha scritto FdL! Ma non biasimo di certo che vi possa essere una evoluzione personale, che faccia cambiare le persone; ma allora perché ostinarsi sia a dire che non vi è "nulla di cambiato" e che FdL è l' "unico" libro che i posteri ricorderanno di lui (ossia, il più rappresentativo!!!) ?
E non è perché forse vi sono queste ambiguità, cose dette in un modo e poi nell' altro, che FdL è in luce il testo più rappresentativo di uno Steiner mai cambiato, e però in ombra si prenda... con le pinze, come qualcosa che scotta, si prendono per buone le considerazioni di questo secondo Steiner; in quanto il "primo" Steiner era così avventato da non rendersi conto che con un' opera del genere andava dritto dritto fino al fondo dell' abisso?
La mia risposta a tutto ciò è:
"Mah!"

Cita:
Giul 14\10\12 Thomas Mann studiò composizione musicale, ma come musicista non era granché. Tuttavia questo studio si riversò nel suo scrivere e ne fece un personaggio notevole, quale senza lo studio musicale non sarebbe mai potuto essere.
Il Giotto pastorello che disegnava le pecore, il Giotto noto pittore e il Giotto ricco impresario di una bottega di pittori sono la stessa persona in tre momenti diversi, e certo il terzo non sarebbe esistito senza le esperienze del primo.
Certo che il Giotto pastorello non aveva in mente nulla di quanto affrescò ad Assisi e a Padova, ma in lui c'era già pronto tutto ciò, se si potesse ritrovare il Giotto intento a disegnare col carboncino le pecore e indirizzarlo alla pittura, il miracolo avrebbe molte probabilità di ripetersi.
Voglio dire: la FdL non sa ancora nulla, diciamo così, del Cristo e dei Serafini. Ma nulla si può sapere del Cristo e dei Serafini senza la FdL.
Questo dice RS, nella mia ottica. Non occorre spiegare ai carpentieri che costruiscono l'ospedale che in esso i poveri verranno curati gratis. Tuttavia tra le due cose c'è continuità, e se a un certo punto si ammette che qualcuno (un io) è dietro a tutto questo progetto, vien logico collegarne le tappe tramite quello stesso io.
La FdL è alla base dell'antroposofia così come il teorema di Pitagora è alla base delle spedizioni sulla Luna.
:o :o :o :o :o




Cita:
Rob 14/10/12:
OK, c'è continità anche nella discontinuità, d' accordo!
C'è sempre un filo conduttore, come no?
San Paolo sulla via di Damasco era da una vita che si preparava a quell' incontro.
Ma San Paolo non dice certo che quell' incontro non gli ha cambiato la sua vita, non dice che non c'è nessuna differenza tra il primo ed il secondo.
Nessun giudizio morale, si cambia;
ma ammettere che le cose non sono cambiate e che FdL è esattamente la stessa nel 1918 di quello che si è scritto 20 anni prima, dando poi la colpa al lettore non attento; beh a me sembra un' altra cosa. :(


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 14/10/2012, 0:32 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
Messaggi: 585
Aggiunto oggi intervento in coda al primo dei tre post

Uno in mezzo al secondo post

Un terzo, un po' esaltato, alla fine del secondo post.

Un quarto qui sopra, con le 5 faccine.

Li vedete subito, sono di colore viola.

Cari amici, approfitto infine per una breve considerazione: state pur certi che quanto più lunghi saranno i nostri interventi e tanto meno essi verranno letti. Se col tempo l'esercizio ci farà più abili, non solo scriveremo più efficacemente, ma anche sapremo rivedere quanto già postato e renderlo, per così dire, ancora più digeribile.
Cosa che con la FdL rappresenta il top delle sfide.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 14/10/2012, 7:55 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
aggiunta risposta all' ultimo mex.
BREVE risposta.
****************
Per quanto riguarda il resto del testo, per me è già difficile riuscire a spiegarmi (prima a me che agli altri) FdL; se dovessi limare in poche parole... dovrei aspettare anni prima di riuscirci. Non amo le "pillole" (capisco che le mie siano più delle.... "supposte" per chi se le trova davanti).
Ma non riesco ad esprimere il mio pensiero se non in modo... dettagliato.
Leggerà chi vuole, ohibò.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 14/10/2012, 14:07 

Iscritto il: 04/10/2012, 15:38
Messaggi: 31
ginogost ha scritto:

Cari amici, approfitto infine per una breve considerazione: state pur certi che quanto più lunghi saranno i nostri interventi e tanto meno essi verranno letti. Se col tempo l'esercizio ci farà più abili, non solo scriveremo più efficacemente, ma anche sapremo rivedere quanto già postato e renderlo, per così dire, ancora più digeribile.
Cosa che con la FdL rappresenta il top delle sfide.


Sono d'accordo, ma una sintesi che si rispetti richiede a monte anche un grande, oggettivo, certosino lavoro di analisi...
Comunque, condividendo a priori l'idea, accetto l'input "sinottico", e m'impegno personalmente in tal senso per il proseguimento del lavoro.

PS. Sopra, sull'esempio del farmaco con effetti collaterali disastrosi: sono d'accordo con te, da non iniziato alla FdL...
Pero' mi verrebbe anche da pensare ( o forse intuire ?) che quella stessa verità e liberta', di cui parli nell'esempio, forse non sarebbero considerate tali da coloro che invece il percorso iniziatico cognitivo e morale insito nell'opera in questione gia' l'avessero percorso, almeno nelle essenziali dinamiche eteriche verso la Soglia di cui si accenna nei successivi capitoli...

PS2. Ho cancellato un mio recente messaggio, forse poco felice, per non alimentare la contrapposta tifoseria Steiner/steineriani - Scaligero/scaligeriani...


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 14/10/2012, 16:29 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Oggi ho fatto una certa esperienza!
Davanti ad un bosco, mi sono come stupito davanti ad una bellissima quercia;
ho avvertito in me un bellissimo sentimento di pace (e mi sono poi detto, qua non c'è nessun pensare concettuale che sto' mettendo in atto, quindi è qualcosa che mi viene per necessità).
Poi un senso di bellezza molto grande (e mi sono detto, anche qua c' entrano i sensi e quindi anche questo è di necessità).
Poi le querce hanno mosso le loro fronde, ed invece che contattare la sfera concettuale per conoscere le cause di ciò, addirittutra mi sono detto che, chissà, che invece che ad essere il vento a muovere le foglie, non siano le foglie di un bosco che muovendosi tutte assieme generano il vento?
Credo che in un momento di necessità (a-concettuale) sia anche arrivato a dire alla quercia: "ciao, quercia; sei veramente bella!" (e quasi mi vergogno).
Poi, finalmente un ragazzo ha tirato un sasso; ed allora, solo allora, ho concettualizzato la forma di "parabola" che avrebbe fatto cadendo a terra! (e così è stato!); ed allora mi sono detto: "ecco, adesso, sono stato libero! Qua non c'erano le precedenti necessità; qua c'era solo il mio pensare concettuale che ha conosciuto".

Insomma, è stata una gran bella giornata e mi sono sentito veramente "unito" a mondo, al Tutto! PENSA te se non incontravo quel ragazzo che lanciava quel sasso a darmene la possibilità!!!!!!!!!!! :)
Ho contato fino a 3.. e mi sono detto: "conoscere?"
certo, questo è anche un "momento" della mia vita, ma (e per fortuna!) anche... solo un momento!
La libertà (concettuale) è una gran bella cosa; ma ... preferisco dosarla ;)
(per esempio adesso vado ad oziare con questo.... e giuro che stacco la testa; la "conoscenza" viene rimandata ;) )
http://www.youtube.com/watch?v=TC1A512ywoI


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 15/10/2012, 0:26 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Il miglior pensare che si può fare in casi del genere è quello che aiuta il mondo legato nell'incantesimo a riscattarsi, attraverso il nostro pensiero cosciente. Più che da freddi ragionamenti, io vengo per esempio commosso dal pensare e vedere quel bosco e quella quercia come piante con la testa sotto terra, nel sonno, dormienti, e con il corpo fuori, esposto al cielo, il tutto in posizione opposta a quella dell'uomo. Se poi vi aggiungo altri pensieri, anch'essi non freddi, ma vivi, come per esempio il considerare la diversa influenza e situazione degli esseri elementari nelle varie stagioni, e perché ciò accada, beh, allora la grandiosità della visione rende chiaro quale quantità di "buone cose" io abbia apportato, con il mio pensiero, al mondo.

PS: complimenti per Monteverdi. Personalmente sono più propenso ad ascoltare musiche del fine 800 primo 900, ma è solo questione, qui davvero, di gusti.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 15/10/2012, 9:04 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Caro Giuliano,
intanto Ti ringrazio per le tue risposte sempre molto belle!
Ho anche apprezzato la tua risposta al "pensare del cuore" e quasi pensavo se non fosse il caso di postarle qua;
in quanto anche questo può aiutarci a capire quella trasformazione da "pensare concettuale", che ancora impregna FdL, e invece il prosieguo della vita e dell' opera di Steiner.
Quindi, apprezzando molto la tua risposta ed anche lo spirito di "aiuto" per fare comprendere meglio certe cose, tuttavia, e stavolta lo dico senza polemica alcuna, ma solo per un sano comprendere, come è possibile vedere quella quercia e dirsi che quello è un concetto che "abbiamo" elaborato? Il primo Steiner infatti mai si sarebbe sognato di dire ciò! Avrebbe trovato 1000 concetti da collegare a quella percezione "quercia", ma non che si tratti del concetto "ecco qualcosa che davanti a me sta con la testa nella terra!".
L' immagine è bellissima,e nondimeno vera (anche), ma mentre ciascuno di noi può derivare dalla sfera dei concetti il fatto della triangolarità del triangolo, o di "causa ed effetto", non viene del tutto normale produrre come "concetto" quest' ultimo;
al punto che neppure il primo geniale Steiner si è sognato di dire ciò (e infatti in FdL ancora non si trova nulla di ciò).
E questo senza parlare di "concetti" che riguardano il mondo degli essere elementari, quindi "oggetti" puramente spirituali dei quali l' uomo dovrebbe trovare in sé i relativi concetti; questo è ancora più arduo,
QUINDI molto serenamente mi chiedo (e ti chiedo, se vuoi), come pensare a ciò come un "concetto" universale che ho ritrovato in me, e come invece non trattare ciò a sua volta come un "oggetto"!??
Steiner stesso dice infatti che un "oggetto" è ciò che si para di fronte a me; e può anche essere il pensiero di un'altra persona (e può anche essere, se voglio, il mio stesso pensiero); ma si tratta di "OGGETTO" e "non" del mio concetto!
Come fare quindi per non correre in questo tipo di fraintendimento?
Insomma, l' "oggetto" dato (anche il pensiero di altri) dovrebbe POI incontrare il MIO pensare, il mio concetto (elaborato da me); ora, quanto di ciò "avviene" oppure quanto resta come "oggetto" esterno, ossia "solo" pensiero di Steiner?
E questo vale mica solo per l' albero con la testa sotto terra! Questo vale per ciascun "pensiero" (oggetto) dato da Steiner! (e non solo da lui!!!).
Ma come è possibile che noi si riesca a "concettualizzare" DA NOI qualcosa che è stato concettualizzato da altri, SE noi NON abbiamo avuto "quella" intuizione, ma l' abbiamo semplicemente "raccolta" da altri (e quindi NON più di intuizione si tratta, ma solo di ..."oggetto")??
Se si tratta solo di una "immagine" (quindi di una rappresentazione che ce ne siamo fatti) e non veramente di una intuizione, di un concetto?
Se quel "pensare" si tratti di intuizione, oppure è il solo "pensare" su di una immagine (avuta), così come potremmo pensare allo stesso modo a "paradiso" ed "inferno" o ai 7 peccati capitali o ai 10 comandamenti, o a quanto detto da Steiner e, reso in tal modo, qualcosa di dogmatico??
Come vedi, nessuna polemica, ma solo legittime domande che mi si pongono e che mi fa piacere non tenerle per me ma condividerle.


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