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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 17/10/2012, 10:37 

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ed eccoci al "cuore" del carciofo!
è da queste frasi emblematiche che potremmo proseguire;
io per ora mi fermo su questa "soglia";
qualcuno vuole provare a dire qualcosa al riguardo?

Cita:
Per questo, Steiner afferma che la via del cuore passa per la testa e che “il passaggio per l’immaginazione” non può “essere risparmiato ad alcuno” (14).[/b][/u]
Basterebbe riflettere, del resto, su queste sue parole: “La filosofia della libertà non è tanto importante per il suo contenuto (ossia per il “cosa” – nda). Certo vi si trova quel che allora volevo comunicare, ma non è l’aspetto più significativo. La cosa più importante è che per la prima volta vi è un pensiero del tutto autonomo. Non si può capire il libro se non si pensa in modo autonomo. Pagina dopo pagina, e sin dall’inizio, ci si deve abituare a ritornare al proprio corpo eterico per poter avere pensieri simili a quelli contenuti nel libro. Per questo motivo esso va considerato uno strumento educativo, uno strumento molto importante, e in questo modo va interpretato” (15).
Osserviamo ad esempio le cose dal punto di vista (adottato da Prokofieff) della “soglia” e del suo “Guardiano”.
Steiner indica chiaramente che la “soglia” è una linea di confine (vigilata da un “piccolo Guardiano”), al di qua della quale si trovano il corpo fisico (spaziale) e quello eterico (temporale), e al di là della quale si trovano il corpo astrale e l’Io.
“Il vero soprasensibile – dice infatti – ha inizio là dove non soltanto si abbandonano le impressioni dei sensi e i processi temporali, ma si abbandonano lo spazio e il tempo stessi, e si penetra in condizioni di esistenza del tutto diverse da quelle che comprendono tempo e spazio” (16).
Ciò sta dunque a significare che la lettura “filosofica” (“solida”) de La filosofia della libertà è una lettura “essoterica” che viene svolta, al di qua della soglia, sul piano fisico (rappresentativo), e che la sua lettura “esoterica” viene invece svolta, al di là della soglia, sul piano astrale (“ispirativo”) e su quello dell’Io (“intuitivo”).


Provo a ripetere le parole ponendo a me a e a voi gli interrogativi al riguardo:
è possibile quindi fare una lettura immaginativa di FdL: che cosa può intendersi propriamente con ciò? Il solo fatto di "pensare", riflettere su quanto Steiner ha scritto? O, meglio, provare a fare l' esperienza descritta, ossia il "pensare" il proprio pensare? E' sufficiente questo quindi per essere già in quell' ambito di "lettura immaginativa" di cui parla Steiner?

Questa si svolge AL DI QUA DELLA SOGLIA. Ma sul piano eterico e non fisico!
Vuol dire che questa esperienza del pensare il pensare non è a sua volta un pensiero sul piano astratto (fisico questo?) ma eterico??
Ed in tal modo giungiamo in quel campo di confine che viene detto "essoterico-esoterico"? E pertanto come tale ciò si configura come "ponte" tra essoterismo ed esoterismo?
E' un contemporaneo vedere sensibile assieme ad un vedere sopra-sensibile, lo stesso che sperimentava Goethe? A ciò porta questo tipo di esperienza che viene fatto a partire però dal lato essoterico?

Quindi, c'è una lettura di FdL che è solo "filosofica" (non esperenziale, ma solo "concettuale": non si vive l' esperienza del pensare il pensare, solo la si concepisce?); c'è poi una lettura che invece è spirituale , esoterica, antroposofica; infine tra le due si insinua la lettura "essoterica-esoterica", che a me pare aver capito essere la lettura "esperenziale", che viene però intrapresa saldamente dal versante essoterico (non c'è bisogno infatti di passare sull' altro versante!).
E' così (nel senso che ho capito bene?)
E' così (nel senso che ciò è effettivamente possibile?)
Nel qual caso si tratterebbe di una via che NON passa per l' esoterismo (ho capito bene?) ed è anche una via "più sicura" ed anche più completa.
Ma queste, ad ora, sono solo domande....

Cita:
Che ne consegue, allora? Ne consegue che la lettura “immaginativa” de La filosofia della libertà, dovendosi svolgere al di qua della soglia, ma sul piano eterico (e non su quello fisico), non è, propriamente, né “essoterica” né “esoterica” (come sostiene invece Prokofieff), bensì è “essoterica-esoterica”, e deputata, proprio in quanto tale, a mediare o a fare da “ponte” tra la prima e la seconda (17).
Precisiamo che parliamo qui di “essoterico-esoterico” nello stesso senso in cui Steiner parla, a proposito di Goethe, di “sensibile-soprasensibile”.
Scrive infatti: “Non potevo fermarmi alle astrazioni a cui si pensa generalmente quando si parla di pensare, sentire e volere: io vedevo, in queste manifestazioni di vita, delle forze operanti che ponevano dinanzi a me, spiritualmente, l’uomo “quale spirito”. Rivolgendo poi lo sguardo alla sembianza fisica dell’uomo, questa alla mia contemplazione, veniva integrata dalla forma spirituale che compenetra la forma visibile ai sensi. Giunsi così alla figura “sensibile-soprasensibile” di cui parla Goethe; e che, tanto per una vera concezione della natura, quanto per una vera concezione dello spirito, s’introduce tra ciò ch’è afferrabile dai sensi e ciò ch’è visibile spiritualmente” (18).
Come, dunque, tra “ciò ch’è afferrabile dai sensi e ciò ch’è visibile spiritualmente” s’introduce ciò ch’è “sensibile-soprasensibile”, così tra la lettura “filosofica” (essoterica) de La filosofia della libertà e la sua lettura “antroposofica” (esoterica), s’introduce quella “essoterica-esoterica”.
Riteniamo importante aggiungere, concludendo, che tale lettura (michaelita) risulta tanto più importante quanto più si tenga conto che il “ritorno” del Cristo – come annunciato da Steiner - avverrà sul piano eterico: proprio su quel piano, cioè, che i materialisti tirano verso il basso (verso il corpo fisico) (19), e che gli spiritualisti tirano di contro verso l’alto (verso il corpo astrale).


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 18/10/2012, 0:55 
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Mi sento come un pugile suonato, ma vorrei rispondere lo stesso. Solo che preferisco partire da alcune considerazioni.
Prima. L'ambiente storico: all'epoca (delle varie edizioni di FdL) iniziava ad avere grande successo la psicanalisi di Freud. Cioè una teoria per la quale la porta verso l'inconscio umano era da aprirsi mediante l'abbandonarsi alle concatenazioni passive di pensiero, e non aggrappandosi alla capacità del pensiero di operare attivamente. Pertanto quella di Steiner appare anche come una scelta di campo, e precisamente il campo opposto a quello della psicanalisi (si intende che non è il caso di fissarsi sulle singole date ed edizioni di testi: qui intendo il clima, e per esempio lo spiritualismo ed il materialismo ottocenteschi giocavano sullo stesso tavolo di cui sopra, e curiosamente ambedue seduti dal lato della passività).
Seconda. Non dimenticherei che nel passaggio tra un'opera e l'altra, tra uno stadio filosofico essoterico e uno esoterico, la faccenda è condotta dalla medesima persona. Se invece di giudicare l'opera del prima e del dopo ci fermiamo a valutare la persona prima e la persona dopo, vediamo come entro il suo svilupparsi ed evolversi non sorgano problemi di continuità o discontinuità. Proprio come non possiamo mai giudicare in nessun altro caso dell'opera umana: il Picasso del periodo rosa, poi blu, poi cubista, poi cubista sintetico ecc. non ha alcun bisogno di giustificare il passaggio dall'uno all'altro stato. Si tratta semplicemente del suo percorso, nel quale ha realizzato il proprio messaggio. Se noi assumiamo che il compito di Steiner era portare l'antroposofia nel mondo, evidentemente il percorso necessario era questo. Quando egli dice che il percorso della FdL è "migliore" indica che si tratta di un viaggio che egli in persona ha intrapreso e nel quale egli 1) dovette essere sempre attivo 2) ottenne grandi risultati e approfondì la conoscenza spirituale, cioè divenne capace. In questo senso il "salto" tra i due momenti, che Prokofieff vorrebbe giustificare esteriormente trova invece il suo ponte all'interno dell'evoluzione di Steiner. La quale, peraltro, non è tutta metamorfosi interiore, essendo addirittura da lui stesso nelle sue opere e nella sua stessa biografia spiegato e descritto anche esteriormente.

Come leggere allora FdL? Storicamente. Cioè come primo stadio, prima opera di un esoterista che volle esprimersi sul piano della filosofia in quanto sentiva la necessità di una base, un legame con quella scienza che egli, a differenza dell'esoterismo misticheggiante ecc., non disprezzava affatto. Il cerchio si chiude se si pensa che persino un iniziato così profondo non lo poté essere tutto e subito. Né poté essere totalmente consapevole di dove davvero volesse arrivare nel proseguio. Egli però certamente lo sentiva in sé, proprio come il Picasso delle varie stagioni segue una linea interiore che si esteriorizza in modi diversi rivelando sempre di più la specificità di quell'io. (Voglio però chiarire che va assolutamente preso sul serio chi insiste a voler dare una lettura solo essoterica della FdL).

Questo valutare il tutto storicamente, cioè nel tempo, ben si sposa con l'opportunità di leggere il testo a livello dell'eterico. A questo proposito io lamento che non si sia molto chiari in queste descrizioni del pensare attivo, vivo, ecc. Chiede robinson:
Cita:
è possibile quindi fare una lettura immaginativa di FdL: che cosa può intendersi propriamente con ciò? Il solo fatto di "pensare", riflettere su quanto Steiner ha scritto? O, meglio, provare a fare l' esperienza descritta, ossia il "pensare" il proprio pensare? E' sufficiente questo quindi per essere già in quell' ambito di "lettura immaginativa" di cui parla Steiner?

La mia risposta è che esistono addirittura più piani essoterici di lettura, dal più banale ("Sforzati le meningi che l'allenamento ti servirà) al più raffinato (Il pensare sul pensare - e non sul pensiero - significa comprendere come si svolga un'attività a tutti permessa e pur totalmente inconscia nella sua "grammatica" costitutiva - che è praticamente anche una mia lettura). Fino al passaggio, al ponte verso l'esoterico che, come detto, io vedo entro la persona stessa di Steiner, ma che pure può rintracciarsi in quella "autogiustificazione" di Steiner verso il lettore che non ha compreso. Non ha compreso che FdL era un testo fondante, un po' come la Bibbia dovette precedere il Vangelo e la vita di Cristo, legata all'evolversi del suo autore stesso e della sua missione.

Ora, è fuor di dubbio che nel percorso di una persona normale leggere e capire FdL non basta per passare allo stadio esoterico, anzi, come ricorda Robinson, questo tipo di coscienza può portare ad un certo nichilismo, al veder tutto in nero - ed è ciò che avvenne. Ma proprio questa crisi in cui cade chi ripercorre quel testo in cui l'uomo è lasciato tanto libero e responsabile quanto solo, soltanto anzi una tale crisi può provocare (può!) la metamorfosi per cui l'uomo si rende conto che non solo egli ha da analizzare e ripulire tutto quanto gli viene dal mondo, ma anche necessita, giunto al fondo estremo, di altro. Quell'altro che nel frattempo egli ha cominciato a procacciarsi come capacità nel leggere e come coscienza nel comprendere. Questo passaggio verso qualcosa di superiore non è né automatico, né certo, né uniforme per tutti. Ma è la soglia che ripercorre in piccolo il passaggio di Cristo sulla terra, la sua vita "orizzontale", il suo sprofondare nella morte, il suo risalire di resurrezione.

Perciò hanno un po' ragione sia coloro che intendono attenersi alla lettera della FdL (staccando sì il testo dalla vita del suo autore, ma prendendo coscienza fino alla "disperazione", e certo il clima quando si studia in tal modo - vero Lorenzo? :roll: - non sempre è dei più sereni); sia coloro che lo arricchiscono con quanto conosciuto dall'ulteriore evoluzione esoterica. Proprio come nel Picasso rosa si può percepire, naturalmente a posteriori, quali incrinature nella resa della solidità umana abbiano infine potuto condurre ad una vera e propria scissione dei personaggi ritratti (ma non "condurre necessariamente", come i critici più ottusi affermano), o come nel primo Wagner si trovano molti appesantimenti che solo l'esperienza e il perfezionarsi dell'autore poterono poi eliminare (e non tutti, e non, ripeto, "necessariamente", ché qui si tratta della libertà di chi crea, e può scegliere - a meno che il critico non si ponga in un'ottica di Karma - e ancora ! ... ); allo stesso modo anche Steiner ha scritto questi "esercizi di contrappunto" (per tornare all'esempio-Wagner, uno che il contrappunto non dovette quasi apprenderlo, ché ce l'aveva già nel sangue) che molti al pari di lui scrissero, ma che solo in lui han potuto evolvere in scienza dello spirito.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 18/10/2012, 1:46 
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ginogost ha scritto:
Comunque il problema di base è: chi mi garantisce che nel pensare io sia libero? E allora, attenzione attenzione, io chiedo: che cosa significa "libero"?
Vorrei che si provasse davvero a rispondere a quest'ultima domanda, per aver chiaro che cosa si intenda con quell'altra ("nel pensare sono determinato o libero?", che a livello giuridico equivale a : quanto sono responsabile (dei miei pensieri, dei miei sentimenti, delle mie azioni ...).
Voglio dire: forse solo così mettiamo in attività un vero pensare: modificando i termini del discorso nel farli propri e verificandoli nel loro significato.
Non intendo lasciar cadere questo punto, che per me è fondamentale.
Allora comincio io una specie di brain-storming (trad.: bravo sta mingh... :shock: ).

Nel linguaggio comune libertà è una condizione positiva.
Significa che io posso fare una cosa (= sono in grado di farla) e che la posso fare (= nulla mi impedisce, mi è permesso ecc.).
L'essere in grado dipende da me, dal mio corpo ecc.
L'essere ammesso a fare dipende dagli altri, dalle condizioni esterne anche contingenti ecc.

Ma che intendo se dico che sono libero da desideri? Intendo che la mia azione non trova origine dai desideri. Però non spiego dove altrimenti trovi origine.

Ora, la FdL insiste molto sul problema se l'uomo sia libero o condizionato. Che vuol dire? Vuol dire che per il materialismo - faccio un esempio - l'uomo è tutto condizionato, cioè tutto di lui (corpo, anima, sentimenti ecc) deriva meccanicamente da cause materiali. Ogni suo agire trova origine e viene determinato da altro: alla fine della catena saremo per forza usciti fuori dall'uomo! Tutto di lui dipenderà da cause esterne, egli non sarà libero di scegliere, potrà solo essere in grado di fare, e di conseguenza non dovrebbe nemmeno essere responsabile. Ulteriore conseguenza: non può esistere una morale. Il potere che eventualmente condanna non agisce per motivi morali, ma solo per compromesso "gravitazionale", o "animale", teso alla propria conservazione. Meccanicamente, dunque.

E' chiaro che questo punto è fondamentale. Io ritengo che prima di tutto il sentire che si è liberi e responsabili sia appunto un sentire, una intuizione forte come un postulato, senza il quale nulla sta più in piedi. Spiegarlo, però, è una rogna!
Ci si potrebbe arrivare per paradosso: se io non fossi libero, se tutto fosse condizionato anche quando ho l'impressione diversa, chiaramente saremmo schiavi del destino fin nei minimi atti o pensieri. Ma proprio su questo ultimo punto, i pensieri, ci posso provare a uscire dalla gabbia ...

Torniamo ai due posso dell'esser liberi. Nel pensare non occorre che alcuno mi dia il permesso, che le condizioni me lo concedano. Decido io, questa è l'esperienza inconfutabile. E' pur vero che in certe situazioni pensare è assai difficile, o proibitivo (personalmente ci riesco in mezzo al chiasso, ma non dentro un bagno turco - e la cosa si spiegherebbe pure, ma esotericamente). Tuttavia sono io che comincio, o che rinuncio a pensare. Posso farlo.
Anche l'essere in grado di pensare dipende da me. Consideriamo che ogni uomo che si ponga la domanda "sono in grado di pensare", sta già pensando, dunque la risposta è sì ! :o Pertanto, anche per il linguaggio comune pensare è una attività libera, in quanto non dipende dagli altri o dalle condizioni, che possono solo tentare di impedirmelo, disturbarmi. Ma nasce da me.

Poi però accade di ammettere: mi vengono in mente pensieri che non condivido: e qui ...
(continua ;) ; ma chi continua? :idea: :D )


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 18/10/2012, 7:53 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Caro il Mio Pugile Suonato :D

mi metti in una difficile situazione;
o intervenire ancora io (e così darti il "colpo di grazia" - già vedo l' arbitro che comincia a contare...),
oppure zittirmi e lasciarti riprendere (se ce la fai).

Un compromesso: cercherò di essere breve (twitter-iano: 150 caratteri max; ..quanti me ne restano?)

Il pensare (anche libero) è comunque indissolubile dalla persona (soma, psiche, unicum); quello che tu pensi essere siano i "bassi" istinti che vengono controbilanciati quindi da un (libero) pensare "ammazzo quella persona--) No! non l' ammazzo (almeno per ora)" non fotografano BENE la realtà!
Io non ho in me solo quel tipo di istinti "animali" (o animaleschi), ma ho anche
doti, impulsi, istinti, profondi desideri e che NON sono riflessi in realtà dal pensare (quasi sempre, ricordiamoci, un "povero" pensare!).
Io credo che la gente non ammazzi altra gente NON solo perché bloccata da un libero pensiero! Anzi: è quasi sempre un pensiero (povero) ad avere tristi pensieri, ed è un "sano" istinto che invece ci vieta quei pensieri!
Continuo a ripetere, si può trovare (anche con la via di migliori pensieri!) un collegamento con i nostri impulsi ed istinti più profondi; la libertà nella necessità riassume questo stato.
Altrimenti un pensare completamente svincolato dall' uomo nella sua totalità (per potersi dissociare così dalla "necessità") per non dipendere dal proprio sentire, volere ecc..., perde per strada l' unicum che siamo ad essere, ORA, nella nostra individualità.

Ma, con calma, possiamo provare ad andare oltre la prefazione, riflettendo in comune sui vari capitoli... questi punti...ritornano.


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 18/10/2012, 8:26 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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Il "non voler vedere la necessità" è il mostro più grande che ci possiamo creare!
Se c'è un passaggio "tra" ciò che siamo e ciò che dovremmo essere (un libero pensare), non si può prescindere da un passaggio intermedio: il coraggio di vederci per ciò che siamo e di vedere ciò che siamo;
poi il coraggio di accettarci per ciò che siamo.
Ci vuole più coraggio in ciò, che "uscire" da se stessi con pensieri che non mi rappresentano, e ai quali ho dato la patente di "liberi" magari!

Se l' istinto animale vuole che ammazzi una persona, mi blocca il "libero" pensare! (ed invece... invece era un pensiero di paura di rene - l' altro può reagire- ; o magari era
la paura inconscia di finire in galera; oppure... era ancora il mio istinto ed i miei impulsi ma a un livello diverso da quelli animaleschi....)
Allora... era davvero un "libero" pensare quello?
E se Lorenzo ha un certo carattere (collerico?), sai quanti hanno lo stesso carattere e sono quasi Iniziati Solari? (ad esempio la Maestra di mia moglie, che tale era reputata, e non lo dico come fosse una colpa).
E quanti invece magari hanno un carattere flemmatico, e non reagendo così si dicono che sono "liberi" a non essere collerici; ed invece magari non riconoscono il proprio carattere flemmatico (e non collerico), e si dicono di avere conquistato una "libertà" nel pensare così da essere diversi ecc...
(nb: scusa lo sfogo, se lo dico... è perché io stesso sono collerico, e mi sono stancato di sentirmi criticato per questo (sigh) da mia moglie, solo perché lei ha una diversa maniera di "reagire" :lol: :lol: :lol: )


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 19/10/2012, 1:13 
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Eh sì, pensare è un'attività libera, eppure è soggetta a condizioni: Per esempio: non posso pensare mentre dormo - oddìo, qualche abbozzo nei sogni ... ma insomma...
Ancora più importante: non posso pensare se non sono vivo. (Ma che ne so?, questa è solo una pensata comune, ma non dell'antroposofia ... quello che è certo è che non posso agire nel mondo materiale, e probabilmente nemmeno sentire).
Insomma, libero non significa "senza alcuna condizione", se non altro perché, nel mondo materiale, esistono sempre delle condizioni.

Vi sono dei pensieri che io voglio pensare; altri che semplicemente si combinano tra di loro e ne producono degli altri. Ma soprattutto vi sono pensieri che si mescolano al mondo dei sensi ed altri che non lo fanno.
Quando dico automobile, verniciare, felicità, l'operare mentale si accoppia a delle percezioni.
Quando dico fine, con, solamente, uso termini che descrivono un puro operare dell'attenzione (si pensi a quando si tasta al buio un bastone per scoprire dove è la fine: quanto agiamo allora segue il modello operativo dell'attenzione che vuol conoscere).
Quando voglio conoscere e sentire, il mio "toccare" sarà tale da modificare il meno possibile l'oggetto della mia attenzione.
Viceversa quando voglio agire, si tratterà di modificare lo stesso oggetto (per esempio temperare la matita, mentre per conoscerne la punta devo tastarla modificandola il meno possibile).

Pertanto nell'agire modifico l'oggetto, nel sentire non lo modifico ma comunque lo "tocco", nel pensare non ho più alcun contatto fisico con l'oggetto. Ne consegue che nel pensare sono meno condizionato dall'esterno che nelle altre due attività: sono "più libero". Tanto più libero, aggiungiamo, quanto più sveglio, cioè in grado di pensare.

Però esistono altri condizionamenti.
Posso essere condizionato dall' "educazione", dalla cultura ricevuta, dalle idee preconcette. Un complesso di cause esterne.
E posso essere condizionato da cause interne: il mio corpo, i miei bisogni, il mio egoismo.
Allora mi verranno in mente pensieri che non condivido, perché sono un portato della cultura (esterna) relativa a tempo e luogo in cui sto. Ovvero perché sono un prodotto del mio io biologico, caratteriale, costituzionale: causa interna.
Questo dovrebbe rispondere all'ultimo post di robinson. Ma anche al precedente: per influenza della cultura o dei miei istinti posso sia voler ammazzare, che non voler ammazzare affatto.
Cita:
robinson: Io credo che la gente non ammazzi altra gente NON solo perché bloccata da un libero pensiero! Anzi: è quasi sempre un pensiero (povero) ad avere tristi pensieri, ed è un "sano" istinto che invece ci vieta quei pensieri!
Ecco, le deduzioni che tu trai io non le ho proprio mai profferite
Cita:
quello che tu??? pensi (mi leggi nel pensiero???) essere siano i "bassi" istinti che vengono controbilanciati quindi da un (libero) pensare "ammazzo quella persona"--) No! non l' ammazzo (almeno per ora)" non fotografano BENE la realtà!
Io non ho in me solo quel tipo di istinti "animali" (o animaleschi), ma ho anche
doti, impulsi, istinti, profondi desideri e che NON sono riflessi in realtà dal pensare

Tant'è vero che la via del pensare è un buon allenamento ma non garantisce alcuna moralità. E che il cammino iniziatico parte con un periodo di aumentato egoismo, che può essere superato, in un certo senso, solo prendendo il punto di vista della specie, e non dell'individuo, vale a dire operando nell'interesse generale. Sono i famosi tre passi nella moralità.
Cita:
robinson: si può trovare (anche con la via di migliori pensieri!) un collegamento con i nostri impulsi ed istinti più profondi; la libertà nella necessità riassume questo stato.
Altrimenti un pensare completamente svincolato dall' uomo nella sua totalità (per potersi dissociare così dalla "necessità") per non dipendere dal proprio sentire, volere ecc..., perde per strada l' unicum che siamo ad essere, ORA, nella nostra individualità.
Lo Steiner esoterico parla di pensieri universali e di conoscenze avute prima della nascita. Ciò vorrà mostrare un pensare completamente svincolato dall'uomo? Direi che lo vedremo nei prossimi capitoli, accetto la tregua ... Comunque faccio notare che gli elementi di pensiero che qui usiamo per comunicare, cioè le parole, sono in sostanza delle tranche di pensare congelate in una sintesi. Sono uguali per tutti, anche per altre lingue, se dalla forma scritto\vocale passiamo alle strutture di pensiero-pensare soggiacenti. Prenderne esatta coscienza è un primo utile passo. Subito dopo si porrà l'esigenza di essere ri-creatori di tutti i nostri contenuti di pensiero, e questo sarà il momento di libertà (condizioni viste più sopra). Momento in cui essere attivi nel pensiero. Il che non vuol dire, o forse vuol dire solo in un primo stadio, pensare anche al di fuori della moralità. Viceversa, nel suo momento attivo il pensare ha le maggiori possibilità di afferrare l'interesse generale, come detto più sopra. Lo può fare, ma la cosa non è automatica.
Allora, allo stadio di libero segue quello di responsabile, perché le scelte fatte ricadono su tutti. E questo è il momento in cui la FdL è in grado di prendere l'abbrivio esoterico. Perché si esce dal solo pensare (NB: il pensare sul pensare di per sé non ha rapporti con la moralità) e si passa a sentire che indica la strada all'agire (recalcitrante :) ).


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 19/10/2012, 9:19 

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Ti chiedo scusa se ho interpretato male;
mi riferivo agli esempi che facevi (non a "te" personalmente) quando intendevo la risposta a "pensieri che non si condividono..." rimessi al loro posto.
E volevo solo dire, che NON esistono SOLO quel tipo di istinti (animali, animaleschi) ma pure altri istinti, o impulsi, che ho descritto.

Ma volevo procedere oltre ora.
Nell' ultimo post qua, ed anche in quello che hai postato in Cap 1, parli di una cosa che mi ha profondamente colpito! Hai finalmente introdotto qualcosa che è una genialata! Nel senso che forse non diciamo qualcosa di profondamente diverso!
Hai parlato, quindi, del "sentire nel pensare"; e su questo vorrei ora fare qualche riflessione.
L' oggettività la si ha nel "pensare il pensare"; già Aristotele ne parlava; l' ho appreso da Archiati nelle sue conferenze su FdL, dicendo "Nous Nouesis" - pensare il pensare (mi scuso ciò che riporto solo a memoria e male, venendo io da "raggioneria" e non dal "classico").
E in quello c'è la completa "oggettività".
Invece nel "sentire il pensare" dovremmo già essere nel campo in cui il soggetto, nel suo sentire (campo di necessità) si rapporta al "pensare" oggettivo;
e questo, non è allora un altro modo di intendere quella "libertà nella necessità" di cui ho riferito sempre (rifacendomi a mia volta a Spinoza)?
Ossia, la libertà non è qualcosa che "trascende" mai l' individuo pensante; ma NON (come dice Steiner) in quanto l' individuo pensante è il suo creatore, ma ANCHE, secondo me, in quanto "esperienza del soggetto" !
Ora, se si fa un po' di attenzione, si può vedere che il "soggetto" e gli "oggetti" in realtà sono già due concetti per il "pensare" stesso! E' per questo che c'è "realtà" e ci può essere comunione tra il "sé" e il resto del mondo (corpo compreso).
Ma se allora "tutto" è realmente "oggettivo" (perché deriva tutto dal pensare), e soggettivo è solo la coscienza che ne ho (di me), ossia la mia personale esperienza, allora tutto quanto deriva da essa lo indico come "necessità", ma in realtà anch' essa è frutto primigenio oggettivo e del pensare!
Il problema allora è solo: sono dalla parte del pensante oggettivo (ossia libero) oppure sono dentro la mia esperienza soggettiva?
Il "sentire" si colloca nel campo di necessità! si colloca cioè nell' esperienza soggettiva che se ne fa!
SOLO nel "pensare il pensare" possiamo trascendere il soggetto;
nel "sentire" il pensare siamo già nel campo che il "pensare" oggettivo si offre alla personale esperienza soggettiva dell' individuo! Ossia, il campo di libertà è trattato dall' individuo nella sua necessità del sentire (sentimento).

Stiamo quindi dicendo le stesse cose?
Se no, dove posso avere interpretato allora male?


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 19/10/2012, 10:26 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Cita:
Comunque faccio notare che gli elementi di pensiero che qui usiamo per comunicare, cioè le parole, sono in sostanza delle tranche di pensare congelate in una sintesi. Sono uguali per tutti, anche per altre lingue, se dalla forma scritto\vocale passiamo alle strutture di pensiero-pensare soggiacenti. Prenderne esatta coscienza è un primo utile passo. Subito dopo si porrà l'esigenza di essere ri-creatori di tutti i nostri contenuti di pensiero, e questo sarà il momento di libertà (condizioni viste più sopra).


Ti quoto! :D
e aggiungo, ulteriormente, che è verissimo che la struttura del parlare (il linguaggio) ha una qualche relazione col "pensare";
ed è interessante ad esempio un altro tipo di "struttura", questa volta non a monte (altrimenti sarebbe la "babele") ma volutamente data, che è la "rima".
Si può essere liberi, ma "solo" all' interno di una rima che ci si impone.
D' altra parte è invece interessante notare quali siano stati i "tentativi" di soggettivizzare il linguaggio; ad esempio nel primo novecento col futurismo; e poi con le tipiche espressioni "gulp" ecc...; oppure il MAIUSCOLIZZARE qualche parola, piuttosto che sottolinearla; oppure l' uso stesso degli emoticons ;)
Insomma, da un lato ci si rende volutamente schiavi di una "ulteriore" struttura; dall' altra addirittura si cerca di "individualizzarla" a partire quindi da sé e non dalla oggettività della stessa! Tanti neologismi esprimono questo "bisogno" di recidere le catene con quanto imposto, fossero anche le strutture stesse del linguaggio o del pensare.
Dico solo, che tutto questo è interessante! (non mi sento di giudicarlo, anche perché io stesso... cerco di "rompere" le catene formali - e quelle grammaticali però per pura ignoranza :lol: ).
Il bisogno di rompere le catene, ma poi quella forma di "libertà" si salifica anche ben presto in "nuove" regole, in nuove catene...

Infine, interessante ancora (e di più) è la CALLIGRAFIA! Ossia la traslazione del linguaggio nella scrittura personale! Qua c'è un campo di "volontà", quindi siamo veramente nel "personale", nell' "individuale"; eppure anche qua c'è una constatazione interessante da fare; specialmente la ritrovo nei tedeschi: essi scrivono (quasi) "tutti" nello stesso modo! Sembra una "unica" calligrafia!
Noi italiani invece... è tutta una espressione di "soggettività" (e tempo fa non era sicuramente così!); eppure ANCHE la calligrafia nascerebbe con le sue regole! In fondo la regola primaria è che per scrivere la parola "casa" devo mettere una dietro l' altra (oggettivamente, quindi) le seguenti lettere: c - a - s - a ! Ma la maniera, il modo in cui le si pongono... è strettamente individuale e personale... Anche questo è interessante.
Analogie col "pensare" quindi?.... Il pensare "libero" ed oggettivo e con le sue regole... viene personalizzato, individualizzato.... nel sentire???


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 20/10/2012, 2:27 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Citi tre momenti diversi. La costrizione formale volontariamente accettata (la rima, ma anche, per esempio l'endecasillabo, il genere letterario ...). La coartazione espressiva del linguaggio a forme nuove. Le caratteristiche della grafia personale o di popolo.

Sul terzo punto: si può notare come, se leggi uno scritto, per esempio una grande scritta su di un manifesto, tu leggi le stesse parole anche se vedi forme diverse, per esempio allungate se guardi da lato, schiacciate se guardi da sotto. Per ogni lettera esiste quindi una struttura soggiacente, ed è quella che riconosci. Per es., parlando di minuscole, la struttura della c sarà quella di una curva con dorso a sinistra ed apertura a destra; quella della u sarà due lati con curva sotto e apertura sopra. Riconoscerai la R maiuscola come barra+curva chiusa con dorso a dx+quella gambetta inclinata (non sto a definire pedantemente, può bastare così). Basta sapere che quelle che riconosci non sono forme oggettive, ma l'incarnazione, per così dire, delle operazioni che tu fai relative a queste "lettere ideali".
Controprova: O lo leggi zero in matematica e o nella lettura. Meglio: tra I maiuscola e l minuscola in certi font (caratteri) non vi è alcuna differenza, ma uno lo leggi come fratello di i (sbarra con puntino, o meglio: movimento verticale lineare+interruzione+movimento in profondità sullo stesso luogo), l'altro come fratello di L (sbarra con base solo a dx, o meglio movimento verticale senza discontinuità+angolo retto+ mov. orizz. di minore estensione). Se un carattere magari astruso ti permette di operarvi sopra i medesimi movimenti, tu lo "riconosci" come quella lettera.

Nella grafia manuale, risolviamo i problemi di unione e scioltezza tra le lettere proiettando sulle singole lettere le nostre "interpretazioni" delle stesse. Da qui la grafologia, ma anche la tua notevole osservazione sulle specificità dei popoli. Può darsi che il tedesco si attiene maggiormente al modello perché dà più importanza al fattore sociale della riconoscibilità che a quello individuale dell'espressione, e magari l'italiano fa il contrario, non so. A questo punto, penso agli sghiribizzi dei medici ... si tratta proprio di far pesare la propria personale visione, no? Sino al punto di costringere il povero lettore a decifrare con calma non solo il testo, ma anche l'ipertesto della personalità che gli si impone (ne sai qualcosa? :mrgreen: ).

Punto secondo: logico che la creatività individuale si eserciti anche sugli elementi base del linguaggio: dai giochi di parole, che mostrano vicinanze non ortodosse, ai termini inventati, che presuppongono una certa complicità nel lettore. Questo sarebbe il momento divergente, contrapposto a quello convergente della rima (punto primo). Diciamo che il secondo ha qualche somiglianza con la meditazione, il primo ... con l'addormentarsi.

A questo punto mi schettinizzo
sulle parole mi rizzo
metto all'asta le vocali
(matto all'oste lavo culi)
e al capitolo secondo
io ti stockko e poi ti bondo.
Olè
Ahù
Kiù kiù kiù (guarda l'ora).


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 Oggetto del messaggio: Re: FdL: Prefazione alla 2^ edizione
Messaggio da leggereInviato: 20/10/2012, 8:34 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
Quindi, il "pensare" è libero (in potenza)
MA a sua volta ha una sua struttura determinata: il triangolo
è UN triangolo (ed è così per tutti).

Quindi????

Non è "libero" il concetto, ma esso è "libero" DA me!
Non sono io a determinare quindi il concetto: esso è universale, così è.
Cionondimeno, esso viene prodotto da me.
In questo mi viene in mente, parafrasando, Silenio; quando dice che ormai non è più l' uomo ad avere bisogno di Dio, ma è Dio ad avere bisogno dell' uomo! Nel senso che qualcosa esiste se c'è "relazione"; se questa viene a mancare... è "come" se non esistesse!
E anche, ormai non sono più le stelle a parlare agli uomini, ma sono gli uomini a parlare ale stelle (ed esse "anche", addirittura... ascoltano!).
Possiamo dunque anche dire: i "concetti" ci sono ma è come se non ci fossero, perché ci vuole l' uomo perché essi vengano alla luce!
Essi dipendono quindi dall' uomo (pensante!).
L' uomo li partorisce... ma poi partorisce qualcosa che non è più soggettivo, ma oggettivo.
Un altro punto interessante; Steiner dice (e a ragione) di non confondere il concetto con un' immagine, "una" rappresentazione sola; il concetto "triangolo" pertanto abbraccia ogni tipo di triangolo: da quello acutangolo all' ottusangolo. Come il concetto "rosa" comprende ogni stadio che va dal seme alla sfioritura.
Ogni concetto quindi è come un completo alfabeto in sé (dall' A alla Z) e non una singola lettera! Stà alla libertà dell' uomo andare a scovare ogni singola lettera che lo compone!
Tuttavia ogni concetto (ogni oggetto) ha un suo alfabeto ossia un suo range di riferimenti! Il range di valori che ho per "mela" non possono sconfinare in quelli che ho per "pera"; questo fatta salva l' oggettività e l' universalità dei concetti.
Che poi sia possibile passare... di palo in frasca, questa è una esperienza che conosciamo. L' uomo cioè può andare anche "oltre" rompendo ogni tipo di regola (lo vediamo col transgenico, con la pecora Dolly).
I "concetti" quindi come "leggi di natura"? Solo che i secondi sono "dati" mentre i primi vanno partoriti? E come l' uomo cerca di andare contro le leggi di natura (un non sano alimentarsi, uno scambiare il giorno con la notte, prendere un treno o un aereo piuttosto che arrivarci con le proprie gambe ecc...) ora vuole diventare signore anche dei concetti? Non solo producendoli e tirandoli fuori dalla soffitta dove si trovano, ma provando anche a romperne la struttura per quanto possibile?
Si, anche, per quanto ciò possa essere possibile (ossia tentativi di forzare il monolite oggettivo di riferimento: ci ricordiamo ad esempio il "leogatto" incrocio trra leone e gatto?);
ma anche ripensando al "concetto" quale monolite, ossia quanto descrito da Steiner! Il concetto può essere "molto" elastico quindi, non conformansdosi mai in una unica immagine.
Basta vedere cosa è successo con l' aggredire l' "alfabeto" di riferimento nella pittura (dove addirittura si è andati "oltre" il colore metamorfosandosi nella scultura), nella musica dodecafonica con le avanguardie tese a rompere la "misura" (i 4/4 ad esempio) o la chiave di riferimento (di fa, di do).
E' questo un processo evolutivo del' uomo? dove lo condurrà??
Ed i "concetti" che fanno? Stanno "anche", addirittura... ad ascoltare, proprio come Dio, proprio come le stelle....
Ascoltano l' uomo che riesce a rendere sempre nuovo e sempre diverso, sempre più estendibile quella rigidità data in un primo momento in cui "quel" concetto si manifesta tramite "quella" rappresentazione.


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