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 Oggetto del messaggio: Cap 2
Messaggio da leggereInviato: 04/10/2012, 12:58 

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(Cap 2: 1° parte di 3)

II- L'IMPULSO FONDAMENTALE ALLA SCIENZA
« Il mio sen due diverse anime serra
E quella vuolsi separar da questa;
La prima coi tenaci organi afferra
Il mondo, e stretta con ardor vi resta.
L'altra fugge le tenebre, e la vedi
Levarsi altera alle paterne sedi »
GOETHE, Faust, I.
In questi versi Goethe esprime una tendenza profondamente radicata
nella natura umana. L'uomo è tutt’altro che un essere organizzato
unitariamente. Egli chiede sempre più di quanto il mondo spontaneamente
gli dà. La natura ci ha dato dei bisogni; tra questi alcuni la cui
soddisfazione essa lascia a noi. Abbondanti sono i doni di cui fummo
fatti partecipi, ma più abbondanti ancora sono i nostri desideri. Sembriamo
nati all’incontentabilità. Il nostro bisogno di conoscenza non è
che un caso particolare di tale incontentabilità. Se per es. guardiamo un
albero due volte, e vediamo la prima volta i suoi rami in riposo e la
seconda in movimento non ci contentiamo dell'osservazione in sé, ma
ci domandiamo perché l'albero ci si presenti una volta in riposo e l'altra
in movimento. Ad ogni sguardo che gettiamo attorno, sorgono in noi
una quantità di domande. Ogni fenomeno che ci si presenta, porta con
sé un problema. Ogni avvenimento è per noi un enigma Se vediamo
dall'uovo che la madre depone uscire un animale simile a lei, ci domandiamo
la ragione della somiglianza. Se osserviamo la crescita e lo
sviluppo di un essere vivente, fino a un determinato grado di perfezione,
ricerchiamo subito le condizioni di questo processo. Non siamo
mai soddisfatti di quanto la natura mette sotto i nostri sensi. Cerchiamo
sempre ciò che chiamiamo la spiegazione dei fatti.
Quel soprappiù che noi cerchiamo nelle cose oltre a ciò ch'esse
immediatamente ci offrono, scinde tutto l'essere nostro in due parti: sì
che diventiamo coscienti di un'opposizione fra noi e il mondo. Prendiamo,
di fronte al mondo, posizione d'indipendenza. L'universo ci
appare nei due contrapposti: io e mondo.
Questa specie di muro di divisione fra noi e il mondo, l'erigiamo
appena spuntano in noi i primi bagliori della coscienza. Pur tuttavia
non perdiamo mai il sentimento che apparteniamo al mondo, che esiste
un legame che ad esso ci unisce, che siamo dentro e non fuori dell'universo.


Cita:
Rob - 28/9/12:
E' la coscienza che produce in noi l' esperienza del "soggetto" rispetto all' "oggetto" che è tutto quanto il resto, il mondo.
Ma questa esperienza della separazione che avvertiamo a livello della nostra coscienza, tuttavia viene contraddetta dal sentimento intimo che noi non siamo "veramente" staccati dal mondo; non fosse altro in quanto il "mondo" E' esso stesso in noi; il nostro "corpo" E' infatti già percepito come "oggetto".
La Natura che in noi produce cortisolo al sorgere del sole e produce melatonina al tramontare di esso, ci indica chiaramente del nostro collegamento intimo con il "mondo"; ciononostante a livello di coscienza ci sentiamo essere "soggetto" che è contrapposto al mondo; che anzi si deve interrogare su ogni cosa del mondo.
Io in quanto "soggetto" sono sottratto dalla coscienza, dalla intima connessione che c'è tra il mio corpo ed il mondo. Pertanto ricerco un altro tipo di connessione, che è la "conoscenza". Alla mia coscienza ogni "oggetto" appare al mio sguardo in primo tempo come un estraneo, come un enigma (dice Steiner). A livello di pre-coscienza c'è invece un intimo collegamento, un' intima conoscenza; solo che a livello di coscienza questa si perde; non ci resta che un duplice collegamento a livello di coscienza: quello che si presenta a noi con i sensi, gli oggetti che ci si parano davanti all' osservazione, ed il "pensare" che subito si mette all' opera a riguardo di quanto dapprima osservato!




Questo sentimento fa nascere in noi il bisogno di gettare un ponte
fra le due rive contrapposte: e nel superamento di tale contrapposizione
consiste, in ultima analisi, tutto lo sforzo spirituale dell'umanità. La
storia della vita dello spirito è una continua ricerca dell'unità tra noi e il
mondo. Religione, arte, scienza, perseguono del pari questo scopo. Il
credente cerca nella rivelazione, che Dio gli concede, la soluzione degli
enigmi che gli pone il suo io insoddisfatto del semplice mondo delle
apparenze. L'artista cerca di imprimere nella materia le idee del suo
io, e di riconciliare così col mondo esteriore la vita del suo mondo interiore
: anch'egli si sente insoddisfatto del solo mondo delle apparenze e
dentro ad esso cerca di versare il di più che si cela nel suo io. Lo scienziato
cerca le leggi del mondo fenomenico, e vuol così penetrare col
pensiero ciò che osservando sperimenta. Soltanto quando siamo riusciti
a fare del contenuto del mondo il contenuto del nostro pensiero, ritroviamo
il nesso dal quale noi stessi ci eravamo sciolti.


Cita:
Rob - 28/9/12:
Quindi, a livello cosciente ci resta solo uno strumento per riconciliarci con il mondo, la natura, gli oggetti: il contenuto del mondo deve diventare il contenuto del nostro pensiero. Il nesso tra noi ed il mondo, che sempre esiste a livello pre-cosciente, a livello di coscienza viene ricomposto solo a livello del pensiero. Col pensiero, dice Steiner, si ri-crea nuovamente ciò che sempre esiste, ma di cui non siamo coscienti.


Cita:
Giul 3/11/12
A me sembra che il riconciliarsi dell'artista non sia incosciente, né quello di chi si avvicina alla religione. Forse RS intende qui che il ponte è gettato solo quando si arrivi a questo terzo stadio? Cioè che senza conoscenza piena nemmeno religione e arte riescano a collegare l'uomo al mondo?



Vedremo più avanti che questo scopo non si può raggiungere se il compito dello
scienziato non è inteso molto più profondamente di quel che spesso
avvenga. Tutta la situazione qui esposta appare storicamente nel contrasto
fra la concezione unitaria dell'universo o monismo e la teoria di
due mondi o dualismo. Il dualismo non guarda che alla separazione compiuta dalla coscienza dell'uomo fra l'io e il mondo, e tutto il suo sforzo si riduce a una vana lotta per riconciliare questi opposti che ora chiama spirito e materia, ora soggetto e oggetto ora pensiero e fenomeno: ha il sentimento che deve esserci un ponte fra questi due mondi, ma non è in grado di trovarlo. In quanto sperimenta sé stesso come « io », l'uomo non può pensare questo « io » altrimenti che ponendolo dal lato dello spirito, e in quanto a questo contrappone il mondo, egli deve assegnare a quest'ultimo tutte le percezioni dategli dai sensi, cioè il
mondo materiale. Con ciò l'uomo stesso s'inserisce nella contrapposizione
fra spirito e materia, e tanto più, in quanto il suo corpo appartiene
al mondo materiale. Così l'« io » appartiene allo spirituale, come
una parte del medesimo, mentre le cose e i processi materiali, che vengono
percepiti dai sensi, appartengono al « mondo ». Tutti gli enigmi
che si riferiscono a spirito e materia, l'uomo deve ritrovarli nell'enigma
fondamentale del suo proprio essere.


Cita:
Rob - 28/9/12:
L' uomo si percepisce dalla parte dell' "Io", ossia dello spirito, del pensiero, del soggetto e dall' altra parte gli si contrappone, e già proprio a livello del suo proprio corpo, il "mondo", l' oggetto, la materia, il fenomeno!
Quindi giustamente Steiner osserva che è proprio all' interno del proprio essere che l' uomo ritrova l' enigma fondamentale fra spirito e materia. Come può l' uomo essere così "diviso" fra "spirito" e "materia"? come può essere sia "soggetto" che esso stesso (nel suo stesso corpo) "oggetto"? Come concilia il proprio "pensiero" col "fenomeno" che avviene osservando il proprio stesso corpo? Ci si potrebbe chiedere "dove" nell uomo finisce l' uno per iniziare l' altro; o ancora meglio, quale è la stazione di confine in cui l' uno si raccorda nell' altro? Sì, perché nel mio "io", nel mio "pensare" poi io stesso vado ad agire nel corpo, e pertanto creo un fenomeno, è l' oggetto corpo ad agire; in che modo queste due sostanze così diverse (duali) si possono in qualche modo anche solo "parlare", comprendere?
In che modo lo "spirito" tocca la "materia" del corpo uomo? In che modo una entra in contatto con l' altra?
Una sostanza immateriale che si connette con una materiale?
Domande che magari un uomo mai si pone, ma Steiner qua è veramente al punto "centrale" e fondamentale di tutta la questione: la separazione non è tra uomo e mondo, ma già all' interno dello STESSO uomo!
E a tal riguardo i versi di Goethe sono emblematici e sublimi:
" Il mio sen due diverse anime serra
E quella vuolsi separar da questa;
La prima coi tenaci organi afferra Il mondo, e stretta con ardor vi resta.
L'altra fugge le tenebre, e la vedi Levarsi altera alle paterne sedi."
Nell' uomo stesso sono già presenti queste due entità così contrapposte, così duali: il corpo, oggetto, che è assimilato al restante mondo esterno! (ossia fa parte della Madre - natura) e la coscienza di "io", spirito, che invece è scostata da esso, che rifugge le tenebre e pertanto si riflette SOLO nello specchio della coscienza e qua non può vedere il nesso, il collegamento pre-cosciente che il proprio corpo stesso ha con il restante mondo; tale parte "spirituale" nell 'uomo, così distaccata dal mondo, è chiamata col nome di Padre (paterne sedi).
Ma siamo sicuri che tra queste due parti dell' uomo non vi sia collegamento? In fondo l' esperienza ci dice che c'è: "penso" di muovere un arto e lo muovo! Sono SOLO "non" cosciente del collegamento; NON che tale collegamento non vi sia!
Quindi possiamo già dire a livello di esperienza che un collegamento tra "spirito" (Io) e "materia" (Corpo) esiste!
E poi possiamo anche ulteriormente dire che un collegamento tra Corpo e restante mondo esiste! Infatti il corpo ed il mondo sono della stessa sostanza!
Quindi un "ponte" esiste! Possiamo solo dire di non esserne coscienti! Ma esiste.


Cita:
Giul 4/11/12
Qui robinson spiega bene la questione. Quando RS parlerà di come è fatto l'uomo, troveremo una risposta nel considerare che l'io si collega all'uomo con il calore, che è in parte fisico e in parte immateriale, per così dire. Più in generale, con gli anni si evidenzierà la necessità, che nell'universo si ritrova, di agire per gradi e con collegamenti funzionali, elaborati durante una lunga evoluzione (per esempio attraveso le varie incarnazioni della terra). Tutto ciò trova una logica spiegazione perché, in fondo, l'evoluzione alla fine sbocca nella creazione di facoltà spirituali assolutamente nuove attraverso l'elaborazione degli organi fisici. Mi rendo conto che ho inserito uno Steiner esoterico e posteriore. L'ho fatto anche per mostrare una forma di continuità tra i due momenti.
Infine, per quanto apprendiamo dallo Steiner posteriore, sembra che al pieno collegarsi dell'uomo al mondo non basti quanto osservato prima, cioè l'inserire la conoscenza del pensiero nel rapporto. Sembra invece che tutti i passi possano dirsi compiuti allorché il collegamento avvenga anche a livello artistico e religioso.
Anche perché il pensare può agire solo nei riguardi del mondo astrale, l'arte arriva allo spirituale inferiore, la volontà (cioè l'azione, il vigore "religioso", la moralità) sola penetra sino al mondo spirituale superiore.


Ultima modifica di robinson il 04/10/2012, 20:12, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Cap 2: seconda parte
Messaggio da leggereInviato: 04/10/2012, 13:00 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
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(Cap 2°: 2° parte di 3)


Il monismo guarda invece soltanto
alla unità e cerca di negare o confondere i contrasti che pur esistono.
Nessuna delle due concezioni può soddisfare, perché nessuna delle due
corrisponde interamente ai fatti. Il dualismo vede nello spirito (l'io) e
nella materia (il mondo) due entità sostanzialmente distinte, e non può
quindi concepire come l'una possa agire sull'altra. Come può mai lo
spirito conoscere quello che avviene nella materia, se la natura propria
a questa gli è affatto estranea? O come può, in tali condizioni, aver
presa su di essa e tradurre le intenzioni in azioni ?



Cita:
Rob - 28/9/12:
Con queste bellissime parole Steiner mette il dito nella piaga: se spirito (io) e materia (mondo) sono due entità sostanzialmente diverse come è possibile che l' una agisca sull' altra? Come deve lo spirito sapere che cosa avviene nella materia SE essa gli è del tutto estranea?
Ecco, appunto: come è possibile che queste diverse entità siano l' una estranea all' altra? Se appunto le nostre intenzioni (soggetto) si trasformano in azioni (oggetti), evidentemente vuol dire che tale estraneità dell' una nei confronti dell' altra non può esservi! E quindi è solo un problema di "coscienza" a livello della quale "sorge" il problema stesso della dualità! Dualità per la coscienza umana, ma NON in realtà! Inconciliabili per la coscienza, ma assolutamente conciliabili in realtà! In definitiva, SOLO agli occhi della coscienza può esistere tale dualità: ad un livello di realtà tale dualità NON può proprio esistere! perché in che modo lo "spirito" giunge al confine della "sostanza" dell' "oggetto" e in che modo una "mano" spirituale può stringersi all' altra "mano" fisica? Questo salto del fossato tra le diverse sostanze in che modo PUO' avvenire? (perché DEVE per forza avvenire SE una intenzione POI diventa AZIONE!).
E' forse lo spirito che passa dalla parte della materia? O è la materia stessa a passare il fossato per ricongiungersi e collegarsi necessariamente allo spirito? La coscienza non può VERAMENTE rispondere; ma l' esperienza ci mostra la realtà dei fatti! Lo Spirito si collega alla Materia; evidentemente c'è almeno qualcosa che sfugge alla coscienza!


Si è ricorso alle più
assurde ipotesi per rispondere a tali domande. Ma fino ad oggi neppure
il monismo sta gran che meglio. Finora ha cercato in tre modi di cavarsela;
o nega lo spirito, divenendo materialismo: o nega la materia, per
cercare la sua salvezza nello spiritualismo: oppure dichiara che ovunque
nel mondo, già fin nell'essere più semplice, materia e spirito sono
indivisibilmente congiunti, e che quindi non deve far meraviglia se
nell'uomo si ritrovano insieme questi due aspetti dell'esistenza, che non
sono mai neppur altrove disgiunti.



Cita:
Rob - 28/9/12:
Ora Steiner mette giustamente il coltello nella piaga e si dilunga in questa descrizione, per dimostrare l' inconsistenza delle risposte;
il materialismo e lo spiritualismo infatti risolvono il problema dicendo che non c'è nessun fossato da saltare! Infatti quello che sembra essere spirito per il materialista è già materia (è la materia stessa che produce il pensare: la materia quindi si auto-conosce? e in che modo le è possibile ciò? da dove le deriva la coscienza di sé?) e quello che sembra essere materia è già spirito per lo spiritualista!
Infine la terza via spinge questo tipo di collegamento fino in fondo, fino all' atomo stesso; ma ancora non è però in grado di dirci in che modo una parte spirituale possa collegarsi alla parte materiale; in che modo venga saltato il fosso e possano comunicare due entità così diverse e inconciliabili (per la coscienza) tra di loro!
Alla fine, ci si accorge che tutte queste teorie sono quindi solo mondezza! O è la coscienza che prende un abbaglio e vede "separate" entità che in realtà separate non sono, duali non sono; oppure la coscienza ci vede bene: c'è inconciliabilità in queste sostanze, ma allora non può esservi alcun collegamento. Il problema è... che invece questo collegamento c'è, esiste! Il calabrone non può volare per le leggi della fisica, ma in "realtà" EGLI vola!


Il materialismo non può mai fornire una spiegazione soddisfacente
del mondo. Ché ogni tentativo di spiegazione deve cominciare colla
formazione da parte nostra di pensieri riguardo a ciò che appare nel
mondo. Il materialista principia perciò col pensiero della materia o dei
processi materiali. E con ciò ha già dinanzi a sé due distinti gruppi di
fatti: il mondo materiale e i pensieri su di esso. Esso cerca di comprendere
i secondi, concependoli come processi puramente materiali. Immagina che il pensare si produca nel cervello press'a poco come la digestione
negli organi animali. Attribuendo alla materia proprietà meccaniche
e organiche, le attribuisce anche la capacità, in determinate
condizioni, di pensare. Ma non vede che, così, non fa che spostare il
problema. Invece che a se stesso, attribuisce la capacità di pensare alla
materia. Ed eccolo ritornato al punto di partenza. Come avviene che la
materia possa pensare sopra la sua propria natura ? Perché non si contenta
di accettare senz'altro la propria esistenza? Il materialismo ha
distolto lo sguardo da un soggetto determinato, dal nostro proprio io,
ed è arrivato ad un'immagine indefinita e nebulosa. E si ritrova di fronte
allo stesso enigma. La concezione materialistica non può risolvere il
problema, ma solo spostarlo.
E la concezione spiritualistica? Lo spiritualista puro nega la materia
nella sua esistenza indipendente, e la considera solo come un prodotto
dello spirito. Se egli volge questa concezione del mondo alla
soluzione dell'enigma della propria entità umana, si trova messo alle
strette. All'« io », che può venir posto dalla parte dello spirito, sta direttamente
di fronte il mondo sensibile, a quest'ultimo non sembra aprirsi
alcun accesso spirituale; esso deve essere percepito e sperimentato
dall'io attraverso processi materiali, ma l'« io » non trova in sé tali processi
se vuol farsi valere solamente come entità spirituale. In ciò che
l'« io » si conquista spiritualmente non vi è mai il mondo dei sensi;
pare che debba ammettere che il mondo gli rimane chiuso, se non si
pone in relazione col medesimo per via non spirituale. Parimenti,
quando passiamo nel campo dell'azione, dobbiamo trasformare i nostri
propositi in realtà coll'aiuto di sostanze e di forze materiali.
Non possiamo dunque fare a meno del mondo esterno. Il più spinto
spiritualista, o - se si vuole - il pensatore che per l'idealismo assoluto si
presenta come il più spinto spiritualista, è Giovanni Gottlieb Fichte.
Egli tentò di dedurre dall'« io » l'intero edificio del mondo Ma è veramente
arrivato soltanto ad una grandiosa immagine mentale del mondo,
senza alcun contenuto sperimentale. Come non è possibile ai materialisti
di abolire lo spirito, così non è possibile agli spiritualisti di abolire
il mondo esterno materiale .
Per il fatto che l'uomo, quando volge la sua conoscenza sull'« io »,
percepisce a tutta prima l'azione di questo « io » nella formazione mentale
del mondo delle idee, può avvenire che la concezione del mondo
ispirata a un indirizzo spirituale sia tentata, nel considerare l’entità
umana, a riconoscere dello spirito soltanto questo mondo di idee. In
questo modo lo spiritualismo si riduce a un idealismo unilaterale, che
non riesce a cercare un mondo spirituale attraverso il mondo delle
idee, ma lo vede nel mondo stesso delle idee. E da ciò viene spinto e
costretto a rimanere con la sua concezione del mondo come incatenato
entro l'àmbito dell'attività dello stesso « io ».

Cita:
Rob - 28/9/12:
SE lo spirito si conchiude solo nell "Io" il quale produce a partire da sé le idee, e quindi anche tutto il mondo, questo diventa come una entità del proprio spirito; l' "Io" crea tutto il restante mondo in quanto il mondo spirituale E' il mondo delle proprie idee!
Steiner a questa visione oppone invece il fatto che il mondo delle idee derivi esso stesso dal mondo spirituale e non viceversa.
Se il mondo spirituale si riversa ANCHE nel mondo delle idee, allora le idee rispecchiano la parte spirituale la quale è anche "altro";
se invece il mondo spirituale è confinato al solo mondo delle idee, e queste all' Io, ecco che allora il tutto diventa una costruzione dello Spirito dell' Io. Non esiste "altro" che "Io" e ciò che lo spirito di "Io" produce.


Ultima modifica di robinson il 04/10/2012, 20:14, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Cap 2: terza ed ultima parte
Messaggio da leggereInviato: 04/10/2012, 13:01 

Iscritto il: 19/08/2012, 9:35
Messaggi: 99
(Cap 2: 3° parte di 3)
(qua termina il testo di Steiner, intervallato da chi volesse agganciarsi ad esso per le proprie riflessioni.
Al di sotto di questo, si aprono interventi "generali" sugli argomenti del capitolo in questione)





Una singolare degenerazione dell'idealismo è la concezione di F.
A. Lange, esposta nel suo libro molto letto, Storia del materialismo.
Egli sostiene che il materialismo ha completamente ragione nel ritenere
che tutte le apparenze del mondo - incluso il nostro pensiero - siano
un prodotto di processi puramente materiali; ma aggiunge poi che la
materia e i relativi processi sono essi stessi a loro volta un prodotto del
nostro pensiero. I sensi « ci dannò certi effetti delle cose su di noi, ma
non ci danno né le cose in sé, né un'immagine fedele di esse. A questi
semplici effetti appartengono però anche i sensi, insieme coi centri
cerebrali e con le vibrazioni molecolari che in essi si suppongono ».
Cioè, il nostro pensare è causato dai processi materiali, e i processi
materiali sono causati dal pensare dell'« io ». La filosofia di Lange
traduce così in concetti la favola del prode Munchhausen che si libra
nell'aria reggendosi per il suo proprio codino.
La terza forma del monismo è quella che vede le due sostanze -
materia e spirito - già riunite nell'essere più semplice, ossia nell'atomo.
Ma anche in tal modo non si arriva che a trasportare in un'altra sede il
problema che sorge propriamente nella nostra coscienza. Come avviene
che l'essere più semplice si estrinseca in duplice modo, se è un'unità
indivisa?
Contro tutti questi punti di vista, bisogna mettere in evidenza il fatto
che il contrasto fondamentale e originario sorge soltanto entro la
nostra coscienza.


Cita:
Rob - 28/9/12:
a ben pensarci, ma che c' azzecca infatti il mondo della materia con la "coscienza" stessa? Come è possibile alla materia anche se strettamente connessa allo spirito (a livello di atomo supponiamo) avere questa doppia natura? E' un essere indivisibile ma con due caratteristiche polari: materia da un lato e coscienza dall' altro? Siamo arrivati al capolinea (l' atomo) ... ed il problema è rimasto ancora del tutto intatto!



Siamo noi stessi che ci stacchiamo dal grembo di
madre natura e che ci contrapponiamo al mondo come io!
Goethe esprime
ciò in modo classico nel suo scritto sulla Natura, se pure in
modo che può parere non scientifico: « Noi viviamo in mezzo a lei
(alla natura) e le siamo estranei. Essa parla con noi ininterrottamente, e
il suo segreto non ce lo confida ». Ma Goethe conosce anche l'altro
lato: « Gli uomini sono tutti in lei, ed ella in tutti ».
Come è vero che ci siamo fatti estranei alla natura, così è che sentiamo
d'essere in lei e di appartenerle. Non può essere altro che il suo
soffio quello che vive anche in noi.
Dobbiamo ritrovare il cammino per tornare a lei: e una semplice riflessione
ce lo indicherà. Ci siamo invero distaccati dalla natura, ma
qualcosa di lei deve esser rimasto incorporato entro la nostra essenza.
Dobbiamo scoprire questo qualcosa, e ristabiliremo allora anche la
antica unione. Qui il dualismo viene meno; ritiene che la vita interiore
spirituale degli uomini sia qualcosa di completamene diverso dalla
natura, e cerca di saldargliela sopra: non deve meravigliare se non trova
il mastice adatto. Noi possiamo trovare la natura fuori di noi, solo
quando abbiamo imparato a conoscerla entro di noi. Gli elementi consustanziali
ad essa, che sono in noi, ci serviranno di guida. E la nostra
strada è così già tracciata. Noi non faremo discussioni sulla reciproca
azione fra natura e spirito, ma scenderemo invece nel profondo del
nostro proprio essere per trovarvi quegli elementi che, nella nostra fuga
dalla natura, abbiamo potuto portare con noi.
L'analisi della nostra essenza ci deve dare la soluzione dell'enigma.
Dobbiamo arrivare a un punto in cui potremo dire: « Qui noi non siamo
solamente io, qui c'è qualcosa che è più che io ».



Cita:
Rob - 28/9/12:
noi in quanto "soggetto", in quanto "io" possiamo dunque già nel nostro corpo, in noi, arrivare ad un punto in cui non siamo soltanto "io", ma qualcosa di più del solo "pensiero" che abbiamo di noi: diventiamo materia, diventiamo natura, diventiamo oggetto.
Ossia riconosciamo quanto in noi E' natura! Quanto noi non siamo "soltanto" "Io", spirito, soggetto.
Nella nostra coscienza pertanto passiamo dal percepirci quali "Io", spirito, al percepirci quali materia, oggetto.
La coscienza ci mostra sul suo specchio la visione della dualità che esiste già al nostro interno.
Appunto, la VISIONE della dualità! Non la dualità stessa (che evidentemente non può esserci!).


Cita:
Giul 27\1\13
Ma ... signor Robinson ... signor Steiner ... scusate: prima definisco Natura tutto ciò che ritengo estraneo a me, ma anche lo chiamo indifferentemente oggetto rispetto al soggetto che io sarei. Allora prima ancora, e non dopo, dovrei aver definito che cosa è "me". Pare che questo io, me, soggetto, si identifichi a vari livelli: colui che pensa, colui che ha un carattere, che ha un temperamento, addirittura che ha una costituzione e un corpo, salvo subito dopo far retromarcia (il corpo ... no, esso è natura in me; il temperamento ... non lo decido io quindi non è io, ma oggetto; il carattere ... non lo decido io ... il pensare? sì e no, perché si appoggia su forme già determinate, e tanto più è oggettivo, e si adatta a leggi esterne, tanto più è giusto.
Aiutooooooooo! In tutto ciò c'è qualche errore. D'altra parte, la mia bocca mi dà sensazioni e le sento mie: esse corrispondono alla modifica che l'impronta dell'oggetto produce sul soggetto attivo. Ma se non ho sensazioni? I capelli me li posso tagliare, non comunicano nulla al mio astrale, l'arto che sente. E poi, l'astrale sarebbe determinato, non libero, dunque non sede precipua dell'elemento "io". Sulla base di queste considerazioni vien da porre come errata la separazione tra io e Natura, o io e non-io, salvo che poi se prendo a martellate il tavolo, fa nulla, se mi martello il piede sono io a soffrire, e non la natura.
Allora può porsi una soluzione di questo genere: tutto è io, ma una parte è più vicina, un'altra più lontana, il pensare è rannicchiato ai piedi dell'io cosciente, che sceglie, altre attività (guardare la TV) vedono una minore partecipazione della coscienza, altre cose addirittura sono lontanissime dall'io (ma non estranee a lui): le mie unghie, l'aria che ho espirato, le mie feci, il tavolino, l'Australia, Betelgeuse ...

Cita:
Robinson 27/1/13:
grazie! Quando spazi in questo modo, sei veramente godibile.
L' esperienza della martellata è talmente viva che sembra che tu l' abbia vissuta ;-)
A parte gli scherzi, hai aperto una vertigine!
L' uomo ha un'anima o un' anima ha (anche) l' uomo?
James Hillman: quando mi arrabbio è Marte in me (in quel piccolo campo di osservazione e di sperimentazione che ci diciamo essere): io sono "anche" Marte (o forse meglio dire: Marte è anche me?); l' anima dell' uomo è più grande del suo confine fisico; è prossima all' anima mundi (la quale non è solo metafora della mia anima, ma è la mia stessa anima). Io sono Marte e Venere, ma non sono tutto Marte e Venere, così che essi sono anche al di fuori di me. E questo è diverso dal dire che "io" creo e poi distruggo Marte e Venere in me.
I confini dell' uomo: quali sono?
a livello di corpo hai detto giustamente che siamo "natura", ma la differenza tra corpo e un albero? la famosa martellata?? è il sistema nervoso e il sistema immunitario che formano una enclave della natura?
e a livello di Anima tutto si fa ancora più indistinto e nebuloso.
E l' IO? l' IO è l' occhio di Dio che tutto "vede"? Vede e non fa, perché, spinozianamente parlando, Lui è già nel tutto, e pertanto che dovrebbe mai fare?? Lui lascia che sia: l' astrale l' eterico il fisico non provengono da Lui?
Spinoza aveva fiducia nell' Uomo in quanto parte di Dio e del Tutto, e non si sentiva così solo. Razionalmente poteva arrivare a capire che la nostra è solo una esperienza di "coscienza" limitata, parziale; ci fa sentire "soli" e separati; ma ad un livello "superiore" in realtà lui "sapeva" che siamo sempre e solo nelle Sue braccia, di Dio. Il quale "ama" la sua Creazione, tanto il fulmine quanto l' albero che ne viene bruciato; tanto l' uomo avvelenato dalla vipera che la stessa vipera. Dio a un livello superiore di coscienza è il fulmine e la pianta che brucia, la vipera e l' uomo avvelenato da essa.
Quali sono veramente i confini?


Sono convinto che qualcuno dei lettori che mi hanno seguito fin
qui, troverà i miei ragionamenti poco all'unisono con lo « stato attuale
della scienza ». Non posso rispondergli altro se non che fino ad ora
non ho voluto aver a che fare affatto con risultati scientifici, ma semplicemente
descrivere ciò che ciascuno sperimenta entro la propria
coscienza: e se ho introdotto nel discorso alcuni periodi concernenti
certi tentativi di conciliare la coscienza col mondo, l'ho fatto al solo
scopo di chiarire i fatti che mi premevano. È per questo che non mi
sono neppure troppo curato di adoperare certe espressioni come io,
spirito, mondo, natura, ecc. col preciso significato che è consueto in
psicologia e in filosofia. La coscienza quotidiana non conosce le distinzioni
nette della scienza, e fino ad ora si trattava soltanto di considerare
fatti di quotidiana esperienza. Quel che m'importa non è il modo
in cui la scienza ha finora interpretato la coscienza, bensì la vita che la
coscienza vive d'ora in ora in sé


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Due nuovi interventi nella prima parte


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Aggiunto commento nella 3^ parte


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Aggiunto ulteriore commento dopo Ginogost, in data odierna, nell'ultima parte, la parte 3 di 3.
NB: scusa Robinson, ho risistemato graficamente il tuo intervento. Dopo tanto tempo è facile sbagliare in quel labirinto di regole che ci siamo dati. Ginogost


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