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 Oggetto del messaggio: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 28/04/2012, 22:54 
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Il 28\4\2012 si è svolto a Trieste presso l’hotel NH il primo incontro tra Gaetano Bonaiuto, di Roma, ed un discretamente folto pubblico, con argomento La tripartizione sociale: introduzione all'economia , nel quadro di una serie di tre conferenze su L'economia e il denaro nella Tripartizione di Rudolf Steiner. L’organizzazione è stata meritoria opera dell’Istituto per la Tripartizione sociale di Trieste, sito web http://www.tripartizione.it/ . Cercheremo qui di dare un piccolo sunto degli argomenti toccati.
Ha introdotto brevemente Aurelio Riccioli, organizzatore, sostanzialmente auspicando che vengano recuperati concetto e prassi della donazione, come momento in cui il denaro sostiene le attività dello spirito.

Bonaiuto ha esordito lamentando che in ambiente antroposofico il soggetto economia venga d’abitudine piuttosto trascurato. Eppure oggi ciò che dà più coscienza all’uomo è proprio il denaro. Con esso ci troviamo a rapportarci di continuo, ed esso opera in noi risvegliatore al massimo grado. Tanto che, citando R. Steiner, è possibile dire che i processi economici sono assai più complicati dei processi del mondo del vivente.

Segue un necessario richiamo agli elementi storici. L’economia moderna nasce nel sedicesimo secolo, con le scoperte geografiche e i maggiori traffici che ne derivarono, composti in buona parte di oggetti di lusso indirizzati ad un pubblico … femminile. A partire dal ‘700 l’artigianato diviene più complesso, le botteghe vengono ampliate anche grazie ai nuovi macchinari disponibili, e l’artigiano si fa imprenditore. Dal connubio tra i nuovi traffici e queste nuove figure di produttori nascono nuovi mercati, che cercano via via una loro autoregolamentazione basata sul prezzo. Parallelamente si intensificano i ritmi di lavoro nelle officine artigiane, divenute piccole industrie, e sorge di conseguenza una consapevolezza a riguardo del problema del lavoro, dibattuto soprattutto da parte dei giuristi tedeschi. Iniziano le prime rivendicazioni salariali, nel 1810 sorgono i primi sindacati, a metà secolo si ha il movimento marxista, verso la fine del secolo l’enciclica Rerum Novarum. Il secolo 19° è tutto preso dal dibattito sul problema sociale.

Quasi a ideale conclusione di tale dibattito, R. Steiner scrive nel 1919 I punti essenziali della questione sociale, ivi osservando e distinguendo le tre funzioni in cui si esprime la società: la funzione culturale ( cioè i bisogni materiali e spirituali delle persone ), la funzione politico-giuridica (legata all’organizzare) e quella economica (legata alla produzione, distribuzione e consumo dei beni ). Tale tripartizione, sostiene RS, implica la netta separazione delle funzioni. Già nel 1917, comunque, egli aveva proposto pubblicamente tale idea tripartita, quale soluzione alla crisi dello Stato austriaco, mandando alla corte di Vienna due “Memoranda” sull’argomento. La proposta non ha seguito, anche perché la coscienza umana sta cambiando.
Qui Bonaiuto nota che nel 20° sec. vi sono stati tre mutamenti nell’umano, il primo negli anni 20, (con una sorta di democratizzazione), il secondo negli anni 50 (in sostanza, dopo ciascuna delle due guerre mondiali, e non a caso, aggiungo io), nel quale alla coscienza del Padre si sostituisce la coscienza del Figlio (tradurrei così: a un mondo regolato da leggi superiori si sostituisce un mondo in cui ciascuno deve cercare la sua norma), il terzo negli anni ‘90 con la caduta del muro di Berlino (1989). Pertanto, dal 1919 al 1989 abbiamo quello che già è stato definito dagli storici ‘Il Secolo Breve’, considerando la Belle Epoque come un prolungamento dell’800 e gli anni novanta come già portatori delle problematiche del 21° secolo (per es. internet e i computer, la globalizzazione ecc.).

La Tripartizione di RS non fu una novità assoluta, si possono trovare nel 19° secolo dei precedenti in Henri de Saint-Simon (http://it.wikipedia.org/wiki/Henri_de_Saint-Simon ) Karl Eugen Düring (http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Eugen_D%C3%BChring ) Vladimir Sergeyevich Salavyov , o Soloviev, (http://en.wikipedia.org/wiki/Vladimir_S ... osopher%29 ) Saint-Yves d'Alveidre (http://it.wikipedia.org/wiki/Sinarchia ) e il filosofo tedesco Paul Natorp http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Natorp .

Ma la vera origine della Tripartizione è nell’antica India, dove vigeva un sistema di tre caste: i Bramani ovvero i Religiosi (spirito), i Ksatriya ovvero la Nobiltà Guerriera (soldati, parte “giuridico-politica”) e i Vaiscia ( la casta dei lavoratori – parte economica che manteneva, va da sé, le altre due). Fu però uno studioso francese della prima metà del ‘900, Georges Dumézil (Parigi, 4 marzo 1898 – Parigi, 11 ottobre 1986)( http://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Dum%C3%A9zil ), che fu tra l’altro colui che raccolse le ultime testimonianze della lingua Ubykh, che scoprì che tutti i popoli ariani hanno una matrice comune tripartita: essi (cioè anche noi) tendono a triarticolare proprio tutto! (cito da Wikipedia: Dumézil è divenuto universalmente noto per le sue teorie sulla società, l'ideologia e la religione degli antichi popoli indoeuropei, sviluppate comparando tra loro i miti di quei popoli e scoprendovi una struttura narrativa identica che per Dumézil rifletteva essenzialmente una stessa visione della società e del mondo, caratterizzata in particolare da una tripartizione funzionale: la funzione sacrale e giuridica, la funzione guerriera e la funzione produttiva. Oltre che nei miti, questa struttura si ritrova, secondo Dumézil, anche nell'organizzazione sociale di alcuni popoli indoeuropei, a cominciare dalle caste dell'India).
Un esempio di tripartizione si può osservare nella struttura delle bandiere europee (ariane, cioè per es. non la Turchia): un colore chiaro, bianco o giallo (spirito), uno rosso (guerriero), uno blu o verde o nero (mercantile). Nella civiltà indiana bramanica il sacerdote errava se faceva male il proprio rito, il soldato se evitava la sfida, il lavoratore … se commetteva adulterio. Sì, perché c’è uno stretto legame tra sesso e denaro, e la casta dei lavoratori era quella che usava il denaro che, come il sesso, genera qualcosa di nuovo. Oggidì, abbiamo insieme, a controprova, esasperazione della finanza ed esasperazione erotica, ed occorrerebbe far più caso a questo collegamento.

Poi Bonaiuto parla di Julius Evola (http://it.wikipedia.org/wiki/Julius_Evola ) , filosofo già in gran voga nel secolo scorso, il quale ci parla delle caste iniane. Egli prende molto da Steiner, poi va in Germania a dire le stesse cose di Steiner…e a raccoglierne il concetto di razza. Vede l’evoluzione soprattutto come biologica, ma non riesce a sublimare il gesto erotico nell’atto economico (almeno questo è quanto gli rimprovera Scaligero). Per Evola oggi si retrocede verso la casta meno nobile, quella che maneggia il denaro.
Poi viene citato Gandhi, che in realtà proveniva dalla casta meno nobile dei Vaiscia, sottoclasse Banìa ( prestatori di denaro spesso usurai ). Scacciando i bramani dall’India egli tuttavia ferì in qualche modo il sentire tradizionale, e tolse questa risorsa all’India (i bramani, si vide poi, sono dotatissimi per il pensiero astratto, per i calcoli, e addirittura oggi vengono impiegati per revisionare i report delle società assicuratrici).

Le regole della tripartizione sono quelle classiche della Libertà, Fraternità, Uguaglianza, però ognuna al giusto posto che le compete. Attenzione che per fraternità non deve intendersi l’aspetto caritatevole, ma quello scientifico. Questo vale per l’epoca odierna. Nel mondo antico tutto l’agire umano si inquadrava nel sacrale, compresa l’attività economica. Dall’economia antica il divino sottraeva all’uomo proprio l’aspetto di tornaconto personale. Sull’origine della parola economia, in greco usualmente vista come casa+regola, Bonaiuto osserva, anche ricordando il pastore Eumeo che nell’Odissea accoglie Ulisse (“L’ospite e il povero vengono da Zeus”) che per lui essa deriva sì da oikos, casa, ma + la parola ‘nomòs’che indica pastorizia. Il bene, quando è separato dal divino, allora si chiama … utile. La definizione di economia del Robinson: il modo attraverso il quale utilizziamo risorse scarse per il soddisfacimento di bisogni ordinati (cioè messi in ordine prioritario).

Poi vengono accostate, invertendole, le parti costitutive dell’uomo in questo modo: il corpo fisico al piacere, la parte ordinante formativa eterica al calcolo intenzionale, la parte astrale al lusso, e l’individualità alla paura, quale esperienza contraria del coraggio. Bene, con il capitalismo l’uomo regredisce proprio a questi quattro principi: piacere, calcolo, lusso e paura. Quanto al progresso, esso non è tanto dovuto alle scoperte scientifiche in sé, quanto al fatto che – contrariamente al passato – queste scoperte hanno trovato applicazione a beneficio dell’umano grazie all’introduzione della divisione del lavoro, che è il vero motore del progresso. E infatti oggi il lavoro è tutto diviso, i sistemi produttivi diventano in tal modo più efficienti, e così avviene che nessuno lavora per sé, bensì per gli altri (sta qui il senso del termine fraternità). L’antica economia sacrale dove il divino che era fuori dell’uomo non consentiva il tornaconto individuale si trasmuta nell’economia fraterna efficiente in quanto il divino entra nell’uomo. L’impulso cristico cioè trasforma il modo dell’economia e ciò si traduce nel presente miglioramento della qualità di vita; attraverso il progresso e l’economia scopriamo dunque il Cristo, la concretezza del Cristo. Sempre ricordando che, come nel famoso esempio del sarto che facendosi i vestiti “esce” dall’economia, occorre in campo economico pensare per immagini, in quanto si tratta della parte più vivente dell’agire umano. Non si può capire l’economia solo con il pensare logico-astratto.

Sono seguite alcune domande del pubblico, parte sul problema della eccessiva specializzazione del lavoro, con fenomeni di sfruttamento o parcellizzazione, parte sul problema del cosiddetto reddito di cittadinanza, cioè uno “stipendio” che per alcuni antroposofi lo Stato dovrebbe dare a ciascuno indipendentemente dal suo aver lavorato o meno. Bonaiuto ha definito questo pensiero una sciocchezza e che in R.Steiner assolutamente non si trova (questa è anche l’opinione di Geminello Alvi).

riveduto e corretto il 16\5\2012 sulla base delle indicazioni del conferenziere.


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - secondo incontro
Messaggio da leggereInviato: 06/05/2012, 20:45 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Sabato 5\5, sempre nella fastosa cornice dell’hotel NH (possiamo immaginare lo sforzo anche economico che ha richiesto far venire per tre volte Gaetano da Roma ed ospitarlo in un luogo simile ed essere grati agli organizzatori – Aurelio Riccioli in primis - e ricordiamo il suo sito http://www.tripartizione.it/index.html ) si è tenuto il secondo incontro-conferenza di Gaetano Bomaiuto. Anche questa volta cercherò di riportare i contenuti, ma non garantisco, per mia forma mentis, totale obiettività. Comunque, come è stato già corretto in parte il testo del primo incontro, anche il presente potrà venire in parte modificato, soprattutto se Gaetano manterrà la promessa di inviare le proprie sacrosante correzioni.

Rudolf Steiner, così inizia Bonaiuto, non sempre è originale in quanto dice, può rifarsi anche ad idee altrui: ma è sempre meravigliosamente coerente, diciamo che tutto si tiene. Inoltre, il suo lavoro comportò un grande sacrificio di energie: a suo parere egli morì proprio per le troppe energie impegnate, cioè per la fatica. Nell’ultimo anno di vita arrivò anche a sei conferenze al giorno!

Viene poi richiamato quanto detto la volta precedente, per esempio che la triarticolazione richiama sì le tre caste indiane, però è cosa diversa. Quanto all’utilitarismo tipico dell’economia moderna, esso appare come una conseguenza della venuta del Cristo, non siamo più nel mondo antico in cui l’economia era “nelle mani del divino”, ma l’uomo prende coscienza ed opera individualmente.
Viene poi azzardata una definizione di triarticolazione: sarebbe questa il modo attraverso il quale l’umano sperimenta una organizzazione sociale che sia all’altezza del divino che oggi è nell’uomo. La categoria di Bene non ha per sé un fine, comunque ora, separato dal divino, lo possiamo chiamare Utile (v. anche l’utilitarismo nel comportamento di Ulisse).

Oltre a queste due categorie, Bene e Utile, ne abbiamo una terza, il Valore. Che cosa è il valore? B. parte da Euclide (250 a.c. circa) e dai suoi 5 postulati della geometria. Il quinto dice che per un punto passa una sola parallela ad una retta data (in realtà Euclide si espresse un po’ più “fumosamente”). Questo postulato gli studiosi non sono riusciti a farlo divenire un teorema, cioè qualcosa di dimostrabile. In economia questo postulato corrisponde al valore. Per valore si intendono tante cose, resta definizione soggettiva. Ma, se si trattasse di ciò che è utile a tutti? Beh, anche l’aria è utile per tutti, ma non ha poi questo gran valore economico. Sarà il valore dipendente dalla rarità? No, come dire che un diamante rarissimo, se sono solo nel deserto non vale nulla …
Come si forma il valore per R. Steiner ? Sul procedimento da usarsi, si osservi che, per es., Goethe non dice che cosa sia il colore, ma dice che si forma nell’incontro tra luce e tenebra. Parimenti il valore si forma in due modi. Il primo, V1, quando applico il lavoro umano alla natura (V1 = natura x lavoro). V2 quando applico lo spirito al lavoro, allora sarà V2 = lavoro – spirito, in quanto l’uso dello spirito (intelligenza, idee) fa risparmiare lavoro manuale.
Il valore complessivo dunque si ottiene considerando V1 e V2, e tra i due ci metto un meno, in quanto il lavoro spirituale in realtà abbassa il valore (allo stesso modo, trovando con il pensiero una via per moltiplicare la produzione si possono abbassare i prezzi). (NOTA: aggiungerei che dunque l’intervento dello spirito libera, almeno in parte, dalla necessità).
Quanto al prezzo, tenendo presente che in realtà noi non scambiamo beni, ma propriamente valori, esso si situerà all’incontro tra le due opposte spinte:

Vx (del compratore) > prezzo < Vy (del venditore).

Nel prezzo confluisce ogni elemento economico.
Goethe dice che per percepire il colore occorre che esso sia poggiato sul fisico (sulla “torbidezza”). Anche il prezzo si aggrappa ugualmente al denaro come proprio elemento fisico. E come si pone il denaro all’interno del sistema economico? Consideriamo che l’uomo vive in un sottile strato tra il cielo (10 km di atmosfera) e la terra (esplorata sino a 10 km sotto il livello del mare). Ma con la coscienza occorre andare oltre, scendere entro il forte “egoismo” della terra nel suo interno gravitazionale, capirlo, e parimenti capire il cielo stellato, che ci porta forze superiori, pace ecc.
:D
Il denaro si esprime per polarità, diviene negativo aggrappandosi all’egoismo, ma nel dissolversi in bellezza e arte mostra il polo positivo. Così Novalis notava come il mercantilismo dei fiorentini nel Rinascimento, di per sé forza egoistica, avesse prodotto grande bellezza, consumandosi in essa.

La scienza economica non arriva a dare una definizione del denaro. Essa ce ne dice solo le funzioni, perché lo considera addirittura esterno all’economia. Queste funzioni sono
1) Funzione numerica, denaro come segno di valore
2) Funzione transattiva, esso agevola gli scambi
3) Funzione di accumulo, di tesaurizzazione.
Nella sesta conferenza sull’Apocalisse di S. Giovanni, RS parla dei 4 fratelli Rotschild, banchieri inventori dell’assegno bancario (nota del banco, da cui banconota, cui corrispondeva una certa quantità d’oro: al posto del trasporto fisico dell’oro, si trasportava la nota del Banco, per esempio lasciando il proprio oro a Napoli se ne riceveva poi uguale quantità a Londra). I Rotschild erano ebrei, e pertanto anche ben alfabetizzati ed istruiti. L’attività bancaria era legata alla fiducia che si riponeva nel banchiere, nella singola persona. Oggi la cosa è ben più spersonalizzata. Ed anche il denaro, non è più legato alle persone, od alle cose. Oggi la cartamoneta è solo il 2\3 % di tutto il denaro che circola, il resto sono numeri. Il denaro è diventato denaro-funzione, salendo ad una dimensione eterica. Però l’uomo sembra tuttora più vincolato alla dimensione fisica, e così finisce che ne viene dominato.
Il denaro che perde fisicità diventa denaro di finanza, una degenerazione. E qui comunque B. si chiede, senza voler o poter dare risposta, se attraverso questa nuova dimensione del denaro sia possibile aprirsi alla visione della nuova dimensione cristica.

Nel 1944 l’ungherese Karl Polanyi http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Polanyi , che da giovane fu pure citato da R. Steiner, scrive “La grande trasformazione”, testo di economia in cui parla delle merci fittizie [qui citiamo: terra, moneta e lavoro]. Una di queste è la terra, cui tutti abbiamo diritto, che non è una merce: dove infatti una merce è cosa che sia stata toccata da attività umana. Ciò apre la porta alla speculazione. L’iniziale diritto viene mercificato, e questa è cosa insana, come nel diritto di edificazione. Mercificando il lavoro l’attività umana, si ha come una forma di schiavismo, e in questo senso anche espressioni come forza-lavoro, mercato del lavoro e simili sono assai criticabili, suonano “male”.
La moneta, essa non è merce, ma rappresenta delle merci. Se la moneta diventa fatto autonomo, abbiamo un tumore dell’organismo economico, la moneta lavora per sé succhiando vita a quest’ultimo. Ma nell’economia reale, il denaro non è affatto esterno all’economia, come detto sopra, anzi, è ben all’interno del processo economico. E risponde a tre comandi

1) Creare; fa esistere quello che ancora non c’è (v. conferenza precedente)
2) Circolare, fa circolare sia le merci che le persone
3) Trasmutare, va a metamorfosarsi in qualcosa che non è economia.

Il prof. Austriaco Schumpeter http://it.wikipedia.org/wiki/Joseph_Schumpeter fu premio Nobel nel 1974 per la sua teoria di equilibrio economico generale http://it.wikipedia.org/wiki/Equilibrio ... o_generale . Uno studente impertinente gli chiese un giorno in che consistesse il mestiere di economista. Rispose: l’economista è uno che sa spiegare perché le proprie previsioni siano fallite. Con ciò B. vuol dire che, per esempio, i mercanti ne sanno molto più degli economisti sull’economia stessa.
Poi si parla di Silvio Gesell http://it.wikipedia.org/wiki/Silvio_Gesell , che appunto era un commerciante, che nella particolare confusa situazione della Baviera del 1920 fu chiamato a fare il ministro delle finanze. Egli dice che il denaro ha 2 vantaggi sulle merci

1) Non si consuma, a differenza di quelle.
2) Conservare le merci costa, conservare il denaro no.

Così il denaro diventa autonomo. E c’è eccesso di denaro rispetto alle merci. Gesell propose allora la banconota che periodicamente doveva essere rinnovata applicandovi sopra un bollino, pagato alle poste, in modo da rendere il denaro deperibile come le merci. Ne deriva che ci si affretta a spenderlo, rimettendo così in moto l’economia. Si parla allora di Schwundgeld, moneta che scompare. V. Video http://www.youtube.com/watch?v=UVrQtqH4Tlw

Irving Fischer http://it.wikipedia.org/wiki/Irving_Fisher americano, inventore dei numeri-indici (tipo il PIL), ha una sua teoria quantitativa della moneta. Conosce Gesell e ne sperimenta in varie zone degli USA (15 città) le teorie, riuscendo così a rivitalizzare le piccole economie in crisi. Egli mostra il processo economico come una bilancia (chiedo scusa per il disegno un po' ridicolo, ma ci sono voluti 20 minuti di acrobazie per comporlo!) dove il peso Q è la quantità di merci, nel braccio sinistro P abbiamo i prezzi, nel braccio destro V c'è la velocità transazione denaro e nel peso M vi è la moneta.



............................. P________________O________________V
..............................|.......................|......................| ..............................|.......................|......................|
..............................|.......................|......................| ..............................|.......................|......................|
..............................|.......................|......................| ..............................|.......................|......................|
.......................Q ___|____.............|_//\\_|.............___|____ M
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..................................................|_//\\_|



Se variamo le quantità, ad esempio ci sono troppe merci, allora il sistema tende a riequilibrarsi (però non si ferma mai in un vero equilibrio), e dunque abbassa i prezzi. Se viceversa c’è troppa moneta in giro, si alzano i prezzi.

John Maynard Keynes http://it.wikipedia.org/wiki/John_Maynard_Keynes previde che la Germania non sarebbe stata in grado di pagare i danni per la Prima Guerra Mondiale. Per far uscire la Gran Bretagna dalla crisi del ’29 indicò di svalutare la sterlina e di passare al Deficit Spending, cioè una politica di spesa in disavanzo. Se i privati non riescono ad investire, è lo stato che deve far investimenti pubblici, stampando denaro. Così l’economia si muove, e infatti l’Inghilterra uscì dalla crisi. Con Keynes siamo lontani da Gesell, che però lui apprezza, anzi, addirittura calcola con esattezza quale dovrebbe essere il costo ottimale dei bollini. Alla conferenza di Bretton Woods http://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Bretton_Woods propone il Bancor, una moneta in decumulo garantita da oro, in modo da favorire la ripresa dei paesi europei in crisi, ma gli USA rifiutano di partecipare. Keynes, Fisher, Gesell, tre economisti con identità di vedute sulla necessità di decumulare il denaro.

Steiner modifica il discorso di Gesell, nel senso che i bollini non si comprano alle poste, van comprati presso istituzioni culturali debitamente autorizzate dallo Stato all’emissione dei bollini (conservatori, ma anche ospedali, università, istituti di ricerca ecc.) che in tal modo vengono finanziati, e l’imposta viene tramutata in dono (NOTA: personalmente credo che il 5x1000 di Tremonti abbia avuto la stessa ispirazione). Steiner nota anche che il denaro di Gesell è un denaro inflattivo, distorce il sistema dei prezzi. Infatti la bilancia di Fisher vista sopra si appesantisce su M, ma aumenta la Velocità (di circolazione), e non aumentando la produzione Q genera inflazione P (prezzi). La soluzione per Steiner è che la moneta sana deve nascere da banche poste in libera concorrenza (Free Banking). (In Inghilterra ci sono 4 banche che emettono sterline, anche se solo a uso interno, e così fu in Italia dopo l’unificazione del1870 e sino allo scandalo della Banca Romana, che emetteva senza garanzia in oro).
Infatti la moneta centralizzata nasce malata. In guerra va a finanziare gli armamenti (che sono improduttivi), in pace finanzia i deficit pubblici. Con la prima Guerra Mondiale inizia un fenomeno inflazionistico, e viene dalle banche centrali. Steiner considera anche il prestito bancario una creazione di denaro, come spiegherà più tardi in sede accademica Schumpeter.

LA CIRCOLAZIONE MONETARIA SECONDO RUDOLF STEINER

Si immagini un cerchio: abbiamo tre punti a pari distanza, come nell’orologio sarebbe 12, 4 e 8. In alto (12) abbiamo A) Creare, poi in senso orario B) Circolare e C) Trasmutare. In A è il denaro giovane, vi è poi movimento anabolico sino a B) e poi con C) si ha il catabolismo, il denaro di dono, vecchio.
Il denaro nasce nel credito, per investimento, ed è questo il denaro giovane, poi diviene denaro mercantile, di spesa, poi deve poter morire, attraverso il processo di decumulo. Il denaro è spirito realizzato; le banche dovrebbero essere in grado di valutare le idee. Vi sono anche nel denaro di Steiner, vivente e tripartito, prima processi anabolici e poi catabolici, e da questi ultimi che cosa emerge? Come la coscienza dell’uomo, che nasce appunto da processi di distruzione, di morte, anche il denaro diviene spirito, idea, iniziativa che si realizza ( Das Geld ist realisierte Geist ).

riveduto e corretto il 16\5\2012 sulla base delle indicazioni del conferenziere.

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Seguono alcune domande del pubblico.
Sul denaro da eredità? R: va dato a chi lo sa usare.
Sul reddito di cittadinanza? R: Steiner non concepisce una rendita che non sia da lavoro (il reddito di cittadinanza è invenzione di Nicolò Bellìa http://www.bellia2.com/ che nel 2000 pubblicò anche un articolo sulla rivista antroposofica Kairos )
Sull’economia di mercato, è quanto sta applicando in Germania la Merkel
Sull’economia come atto di coscienza, nota che l’animale non scambia, non fa economia.
Sulla pensione. R: si tratta di un reddito differito, non di una rendita.


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 13/05/2012, 18:20 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Il 12 maggio terzo ed ultimo incontro con Gaetano Bonaiuto, alla presenza di un pubblico praticamente altrettanto numeroso che le volte precedenti. (Del gruppo che fa riferimento ad Antroponordest eravamo addirittura in sette, venuti da una distanza media di 150 km).

Sull’economia vi sono 14 conferenze di R Steiner. Egli era piuttosto favorevole alla scuola storica tedesca http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_storica_tedesca perché essa ha un approccio un po’ goethiano verso l’economia, la vede attraverso gli eventi storici.
L’economia non consente concetti definiti, non riesce nemmeno a dirci che cosa sia il valore, non ci dice cosa contiene il prezzo, o che cosa sia il denaro! Il prezzo nasce dall’incontro dei valori dei contraenti, va bene, però al supermercato, per esempio, non è mica possibile contrattare: quel tipo di prezzo si forma allora attraverso forze superiori: i produttori (da cui il bene è prodotto), i consumatori (da cui il bene è consumato), e da una terza forza, normalmente trascurata, che invece Steiner individua con esattezza, che è il commerciante. Infatti è lui che determina il prezzo, ragionando comunque diversamente dal produttore, il quale aggiunge semplicemente del valore alla materia bruta (per es. un tavolo dal legno): perciò lui fa il suo utile quando vende. Invece il commerciante non ragiona a costi storici, ma a costi di rimpiazzo, egli è costretto a seguire il mutare dei costi di produzione, e poiché egli non aggiunge valore il suo utile lo fa già quando acquista. Dunque il commerciante guarda al futuro ed ha per vocazione di stabilizzare i prezzi, ma in situazioni di difficoltà del mercato è portato a speculare.

Allora, onde evitare queste “degenerazioni”, Steiner propone che i prezzi (quelli “del supermercato”) vengano comunemente fissati da un accordo tra associazioni di produttori, di commercianti e di consumatori. L’ accordo potrebbe funzionare non tanto per un singolo prodotto, ma per categorie merceologiche, e il prezzo ‘giusto’ potrebbe emergere dalla fissazione di ‘ranges’, intervalli da minimo a massimo, concordati liberamente e consapevolmente per evitare spinte speculative. Sono quindi prezzi in libera concorrenza, non amministrati dallo Stato. Si parla dunque di economia sociale di mercato.

Pertanto abbiamo nel pensiero economico di RS: 1) una riforma del denaro attraverso il decumulo (sistema dei bollini, vedi in precedenti conferenze) 2) un’economia sociale di mercato, per una allocazione corretta delle risorse.


Poi B. è passato a parlare dell’euro. Per lui c’è un difetto all’origine. Negli USA la cultura prevalente è quella economica, magari con elementi di “finzione” (porta ad esempio attori divenuti politici: Reagan, Schwarzenegger) la quale a sua volta ha la tendenza a risolvere i problemi degenerando verso la guerra. I popoli orientali e arabi sono piuttosto immersi nelle ideologie (sino al limite del terrorismo): essi, ricorda Steiner, sono con la coscienza a livello dell’antica Atlantide (fa l’esempio delle musiche pentatoniche, o di quelle arabe povere di armonie, che sono più adatte o vicine a un sentire infantile, mentre il semitono della musica occidentale dopo il ‘700 porta molta più coscienza nonché ricchezza armonica). Questi esempi musicali trovano validità per il fatto che la musica è la sola arte che creiamo a partire da dentro di noi.

Allora, a occidente abbiamo l’economia , a oriente la cultura, al centro l’Europa avrebbe come sua caratteristica la politica fatta di tradizione culturale ed economia solidale.
Il movente dell’euro, allora, non è stato economico, bensì politico. E’ legato al riscatto della Germania ed al suo sogno di riunificazione, in cambio della rinuncia al marco, diluito nell’euro, così come imposto dagli altri Stati europei. Ma così, invece di decentrare la creazione della moneta, la si è accentrata, violando così i princìpi della triarticolazione, in quanto è stato inserito nell’economia questo movente politico.

Sul lavoro. Polanyi definì terra lavoro e moneta come merci fittizie. Dire che il lavoro non è una merce ha influenza sul salario, che è un valore che entra nel prodotto (costo certo). Ma questa è solo un’astrazione, pura matematica. (Vari economisti-matematici hanno ottenuto il Nobel, ma all’unico valido, Junus, è andato … il Nobel per la pace, una specie di premio di consolazione).
E perché non si può mettere il salario come valore nel prodotto? Se una azienda s’impingua, si arricchisce pur pagando regolarmente ogni costo, come fa ad arricchirsi? Sono tutti sacrifici salariali, in realtà, compreso pure il compenso per l’imprenditore, dunque il contributo di valore del salariato è maggiore del salario stesso (una forma di plus-valore). Allora accade che il salario viene contrattato, e il lavoro diviene una merce.
Ma per Steiner il lavoro non può far parte del mercato, perché lo scontro tra una parte e l’altra (come: capitale e operaio, per es.) è impari. Pertanto il salario va affidato alla sfera giuridica, alla legge, allo Stato! Nella realtà già le cose sono molto così. In tal modo si ridimensionerebbero pure i sindacati, che oggi contrattano, mentre ‘sindacare’ significa controllare.

Resta il problema: come si dovrebbe fare allora con i liberi professionisti? Qui nota che se la politica invade l’economia allora si arriva al dirigismo, mentre quando accade l’inverso abbiamo … le tangenti.
Ora, l’antroposofo sta sempre attento a separare politica e cultura, o magari politica ed economia, mentre sembra spesso poco attento a separare la cultura dall’economia. L’atto professionale è applicazione della conoscenza, la quale ci viene come dono dalle Gerarchie. Il professionista lo restituisce alle gerarchie perché torni infine all’uomo come prestazione professionale (pensiamo al progetto di un architetto). Ora, anche in una semplice conferenza noi ci comprendiamo attraverso la mediazione di entità spirituali, nel linguaggio, per esempio, nei suoni, e così l’espressione della musica si trova non nei suoni ma negli intervalli tra essi. Similmente per i silenzi tra una parola e l’altra. Dunque la prestazione professionale è atto celeste, non si misura, non va valutata, apprezzata, perché non può essere correlata a un prezzo, di conseguenza non va pagata, e allora resta il dono come unico compenso per la professione (cita il dr. Carosi, medico di Roma, che appunto usava lasciare discrezione per il suo compenso).

Tutto questo è molto bello, ma: in pratica? In pratica si ipotizza che una istituzione mercantile inserisca tra i suoi costi i doni da fare all’architetto, avendo tra i propri ricavi le parcelle. Importa non fare confusione tra le due cose, tra i due momenti. L’attività spirituale è atto di sacrificio ed esso è fatto agli dei, non agli uomini. Pertanto non si devono collegare l’azione spirituale, cioè la prestazione, ed il prezzo, così come è aberrante che una messa, un rito “costi” tot, sia correlata a un prezzo.

Il dono. Esso è un atto celeste, conclusivo. E’ atto dell’età matura (da piccoli riceviamo). Non va confuso con la “carità”, la quale vive nell’orizzontalità dell’anima, segue il bisogno immediato ma non possiede un destino preciso. Il dono vive nella piena coscienza di quello che si fa, in “verticalità”, incontra e supera la dimensione dell’anima, e vive quindi nella dimensione cristica. Esso va ancorato a 1) Etica, deve avere una sua moralità (qui cita Prometeo ed Epimeteo http://it.answers.yahoo.com/question/in ... 226AAUZStZ ) 2) Epica, al pensare in grande, a un’espansione di coscienza. Chi dona acquisisce conoscenza, chi riceve il dono raddoppia la propria conoscenza (ri-conoscenza). Tutto questo la scienza economica lo ignora. [di passaggio: B specifica qui che i servizi non andrebbero aggiunti al PIL come ricchezza prodotta, bensì al contrario come ricchezza consumata].
Tutto ciò vale anche a livello internazionale. Gli USA rifiutarono nel 1944 la proposta del Bancor di Keynes, per la quale avrebbero dovuto mettere in comune il proprio oro, ma poi alla fine furono costretti, se volevano avere una sponda commerciale, al dono che fu il Piano Marshall di aiuti all’Europa.
Ulteriore esempio fu la riforma monetaria tedesca del 1948, di Adenauer ed Erhard. Si cambiò il vecchio Reichsmark 10 a 1 col nuovo Deutschemark, e fu imposta un’ipoteca al 50% su tutto quanto era rimasto in piedi dopo la guerra e il ricavato fu utilizzato per la ricostruzione.

Infine: il denaro possiede una forma di attrazione verso l’idea, l’iniziativa. E come fa l’idea per attirare il denaro? Dovrebbe trovare una via immaginativa. Cita Linceo nel Faust di Goethe http://www.taozen.it/saggi/faust/Faust_Natale2.doc servo disonesto (rubava) che ci vedeva estremamente bene e rubando era divenuto ricco. Ma a un certo punto, stordito dalla bellezza di Elena di Troia dice: “E’ scomparso tutto quello che possedevo!”. Vale a dire, solo la bellezza ( come pure il dono o una sana iniziativa ) riesce a sanare, a coinvolgere, a redimere il denaro.

riveduto e corretto il 16\5\2012 sulla base delle indicazioni del conferenziere.
____________________________________________
E’ seguita una presentazione in slides di un progetto di Aurelio Riccioli. Poi vi sono state alcune domande. In particolare si è affrontato il punto ostico che consiste in: come e perché un dirigente accade venga retribuito più di un salariato che abbia mansioni semplici (Alessandro Di Grazia). Per i relatori, importanti sono i rapporti all’interno dell’azienda, cioè, se ho ben capito, una cosa sono il rispetto, o la dignità ecc. che andranno valutati da un consiglio “di gestione”, non solo economica ma anche funzionale; altro è il corrispettivo per le prestazioni, dove comunque serve una certa moderazione.
Poiché la cosa non è sembrata risolta (Di Grazia si è dichiarato non soddisfatto), spero che qui sotto possano seguire interventi chiarificatori.


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 14/05/2012, 18:35 

Iscritto il: 25/07/2011, 21:36
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Questo non è un intervento chiarificatore ma un piccolo appunto con una frase di Goethe che è apparsa sullo schermo a fine conferenza e che tutti (quasi tutti...) si sono annotati. Anch'io l'ho fatto ed ora la trascrivo qui:

"Tutto ciò che puoi fare o sognare di poter fare, incomincialo.
Il coraggio ha in sé genio, potere e magia.
Incomincialo adesso."


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 14/05/2012, 18:42 
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Ciao Michaela
Sperando di farti cosa gradita ti riporto il pensiero di Goethe per intero.

‘‘Fino a che uno non si compromette, c’è esitazione, possibilità di tornare indietro e sempre inefficacia.
Rispetto a ogni atto di iniziativa (e creazione) c’è solo una verità elementare, l’ignoranza uccide innumerevoli idee e splendidi piani. Nel momento in cui uno si compromette definitivamente, anche la provvidenza si muove. Ogni sorta di cose accade per aiutare, cose che altrimenti non sarebbero mai accadute.
Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero venire in questo modo.
Tutto quello che puoi fare, o sognare di poter fare, incomincialo.
Il coraggio ha in sé genio, potere e magia. Incomincia adesso.
’’ (Wolfgang J. Goethe)


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 15/05/2012, 8:17 

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Ciao Maria! Grazie per aver messo queste preziose parole! Non le conoscevo...


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 16/05/2012, 1:01 

Iscritto il: 15/11/2011, 23:35
Messaggi: 5
In merito al chiarimento richiesto (motivazioni per cui un dirigente possa avere una retribuzione diversa da quella del semplice operaio), credo che la questione vada calata nel suo contesto originario, l'elaborazione di un modello di impresa sociale (http://www.tripartizione.it/business_sociale.html) che, partendo dalle condizioni attuali esistenti (imprese con finalità sociali nell'accezione di Yunus, imprese effettivamente già esistenti), vi incorpori i principi della Tripartizione essenzialmente per i seguenti due aspetti (l'assenza del profitto pur essendo una istanza della Tripartizione è già presente nel modello di Yunus):

    * il concetto di dono in quanto processo economico (modello di business)
    * aspetto giuridico che integra la normativa attuale ancora carente in tema di condizioni salariali e di lavoro (governo d'impresa)

Bisogna distinguere quindi tra condizioni di partenza attuali e condizioni a regime, quelle in cui sperabilmente questo modello possa affermarsi e consolidarsi. Poichè la normativa attuale in materia di contratti nazionali del lavoro ovviamente prevede delle differenze tra dirigenti e posizioni subordinate, la necessità di avere un unico livello retributivo per tutte le funzioni aziendali non può non riguardare le condizioni da realizzarsi a regime in quanto ritenute più "giuste". Questo a meno di non abolire la figura del dirigente e pensare che tutte le funzioni aziendali possano essere intercambiabili a piacimento tra di loro, ma questa intercambiabilità è apparsa paradossale anche durante la conferenza. A tal proposito, se ci fossero dubbi, vorrei citare un libro di Varlam Shalamov, "I racconti della Kolyma" in cui il protagonista, detenuto per anni in un lager staliniano, ci racconta come anche nel periodo più oscuro della collettivizzazione comunista, i dirigenti dei gulag di Stalin si erano resi conto che era necessario porre a guida delle miniere quei detenuti che da liberi erano stati ingegneri piuttosto che i funzionari di partito.

Direi che la validità della questione del salario unico sia da porsi dunque sul piano teorico, come questione ideale. Per quel che riguarda gli emolumenti delle varie funzioni aziendali, in Steiner troviamo questi passi:

"Nel sano organismo sociale il provento di un lavoro, al quale concorrono il capitale e le attitudini individuali, come ogni prestazione spirituale deve risultare da un lato dalla libera iniziativa di chi opera, e dall'altro dalla libera comprensione di altri uomini che richiedono la prestazione. Alla libera iniziativa di chi opera deve essere lasciata in questo campo la misura di ciò che egli vuole riguardare come provento delle sue prestazioni, secondo la preparazione che gli occorre per eseguirle, le spese che deve fare per renderle possibili, e così via. Egli potrà trovare soddisfazione alle sue richieste soltanto se vi sia negli altri un adeguato apprezzamento della sua opera.
Per mezzo di provvedimenti sociali che seguano le direttive qui indicate, viene creato il terreno per un accordo realmente libero fra i dirigenti e gli esecutori del lavoro. E questo accordo non si riferirà a uno scambio di merce (del denaro) contro energia di lavoro, ma alla determinazione della parte spettante a ciascuno dei due contraenti che concorrono in comune alla produzione della merce.
" (pag. 76 Punti essenziali questione sociale)

Imprenditore e lavoratori dunque concordano i reciproci emolumenti. Sul progetto in questione si trova scritto: "gli emolumenti per ciascuna funzione aziendale, management compreso, vanno concordati tra le parti che partecipano, con responsabilità e compiti diversi, al processo produttivo".

Sul fatto che in questo modello aziendale siano previsti benefit e premi produzione ("giustificato perché più fatturato significa anche maggior dividendo per i beneficiari") non sembra contrasti con quanto Steiner ci dice in merito alle capacità individuali:

"Un giro economico chiuso in sé, che riceva dal di fuori la sua base giuridica e l'affluenza continua delle capacità umane individuali che vanno man mano sorgendo, avrà da fare soltanto con l'economia. Perciò potrà essere iniziatore di una distribuzione di beni che procuri a ciascuno quel che giustamente gli spetta secondo il benessere economico della collettività. Se uno avrà apparentemente un reddito maggiore di un altro, ciò avverrà solo perché, in virtù delle sue capacità individuali, il «di più» torna utile alla generalità." (pag. 96 Ibid.)

Il problema è tuttavia più vasto. Steiner si inoltra su un terreno ancor oggi a dir poco minato affrontando la questione di "ricco" e "povero" illuminandola da un punto di vista del tutto singolare:

"In apparenza sembrerà facilmente un oppressore chi conduce una vita sfarzosa, chi viaggia con le sue comodità e così via. Come oppresso apparirà chi veste male e deve viaggiare pigiato in seconda classe. Non è necessario essere senza cuore, reazionario o qualcosa del genere per afferrare con chiari pensieri quanto segue. Nessuno viene oppresso o sfruttato perché io porto questo o un altro vestito, ma soltanto se pago troppo poco l'operaio che confeziona l'abito per me. Il povero operaio che acquista il brutto vestito per pochi soldi, nel senso indicato e rispetto agli altri è esattamente nella medesima posizione del ricco che si fa confezionare il vestito migliore.
Che io sia ricco o povero, sono uno sfruttatore se acquisto cose pagandole troppo poco. In sostanza oggi nessuno dovrebbe chiamare oppressore qualsiasi altro, perché dovrebbe prima guardare se stesso. Facendolo scoprirà presto in sé anche l'oppressore. Il lavoro che tu devi fornire all'abbiente viene forse prestato solo a lui in cambio di un misero salario? No, chi siede accanto a te, e come te si lamenta dell'oppressore, si procura il lavoro delle tue mani esattamente alle stesse condizioni dell'abbiente contro il quale entrambi vi scagliate.
" (pag. 223 Scienza dello spirito e problema sociale)

Quindi il fatto di essere "ricco" di per sé non è un problema se ciò è stato raggiunto senza l'oppressione di nessuno; in via di principio un dirigente che prende più soldi di un operaio subordinato - a fronte di ben diverse responsabilità - è legittimo se quest'ultimo riceve quanto liberamente pattuito (per condurre una vita dignitosa per sé e la sua famiglia) e in condizioni di lavoro degne di un essere umano. Che le condizioni siano sempre degne di un essere umano, nell'impresa sociale tripartita viene assicurato tramite la governance d'impresa descritta nel sito.

AR


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 17/05/2012, 0:03 
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A queste considerazioni propositive vorrei aggiungere un'osservazione di tipo analitico che già avevo cercato di concretizzare a Trieste, senza peraltro ancora sapere dove essa possa portare.
Si tratta di una considerazione in sé banale: d'abitudine nella nostra e in altre culture viene maggiormente retribuito, per esempio, il manager rispetto all'operaio. Si può osservare come in generale i lavori meglio retribuiti (non so, ingegnere, notaio, medico, cioè le libere professioni, ma anche il funzionario di banca, o il professore universitario, che sono dipendenti) si basino principalmente su due parametri: la quantità di responsabilità e l'appartenenza principalmente alla sfera del pensare.
Per scendere ad un esempio più concreto, in medicina abbiamo la figura del medico che "guarda il passato", usa il pensare, e sempre meno oggi "agisce" fisicamente sul paziente. Legata al sentire è la figura dell'infermiera\e , che interagisce con il vissuto del paziente ed ha assai minore libertà di iniziativa. Infine, in rapporto con l'agire, con la volontà, abbiamo il tecnico, cioè il massaggiatore, il chiropratico, il fisiokinesiterapeuta ecc. Nella loro opera la presenza del pensare e della parola può addirittura, talora, risultare disturbante, togliendo concentrazione all'agire.
Ora, magari non è tutto esatto al millimetro, ma quantomeno si può ammettere che d'abitudine un medico sia pagato di più che un massaggiatore.
Ed anche in ambito scolastico, esiste una tradizionale forma mentis che considera l'insegnante di Educazione Fisica come un prof di seconda categoria. Meglio ancora, abbiamo l'esempio del maestro elementare e del professore universitario. Oggi dovrebbe esser chiaro che il lavoro del maestro è assai più rilevante per la vita della società che quello del professore universitario, per esempio, di letteratura Romena (con il massimo rispetto per tale letteratura, ovviamente). E se il maestro viene pagato assai meno della metà di quell'altro, ciò potrà dipendere anche dalla minore quantità di preparazione intellettuale necessaria, e quindi, in dipendenza da ciò, dalla legge domanda\offerta, ma non dal fatto che fare il maestro sia meno impegnativo o addirittura più piacevole che passare le ore sulla migliore letteratura romena.

Ora, mi piacerebbe capire se questa differenza (teorica o reale) nelle retribuzioni sia collegata - a parte l'aspetto "responsabilità" - ad una maggiore considerazione per quanto riguarda la sfera del pensare rispetto alle altre, ed in questo caso se ciò sia giustificato nei fatti, ovvero relativamente alla quantità di anni di studio necessari, ovvero ancora solo per un'antica tradizione; o se invece ciò risulti legato, nella nostra società, esclusivamente alla legge della domanda e dell'offerta. E aggiungo quanto in altro ambito ho ipotizzato, parlando di quanto l'io del singolo uomo venga messo in gioco nel lavoro in rapporto con i periodi di pagamente (paga giornaliera al bracciante, addirittura posticipata con ratei ampiamente intervallati per il libero professionista). Voglio dire, oltre che per la periodicità potrebbe esservi un'influenza anche sulla quantità della retribuzione.

E' evidente che le risposte a tali quesiti possono essere fondamentali per la salute di una iniziativa quale quella esposta in http://www.tripartizione.it/business_sociale.html .


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 17/05/2012, 0:49 

Iscritto il: 15/11/2011, 23:35
Messaggi: 5
Tali quesiti tuttavia non sono fondamentali per una inziativa come quella indicata del business sociale, almeno non nel modo in cui sono stati posti. Per questo progetto, per quanto attiene alla retribuzione, non si tratta di un problema di "maggiore o minore considerazione della sfera del pensare" ma dei vincoli concreti che si hanno quando si mette in piedi una impresa "vera" partendo da quello che, ahimè, è il "mercato del lavoro" odierno. Non si può prescindere da questo punto di partenza altrimenti siamo già nell'utopia. E' un astrazione pensare in questo modo perché se oggi devo retribuire un collaboratore non mi regolo su "maggiore o minore considerazione della sfera del pensare" ma innanzitutto sulla base dei contratti nazionali del lavoro. Da qui bisogna partire e indicare una direzione da percorrere che è quella della condivisione della retribuzione come descritto. Il modello di impresa proposto in sostanza è una associazione di persone, le cui varie competenze e funzioni si aggregano attorno all'idea dell'imprenditore e ciascuno riceve la parte che ha concordato con gli altri attori del processo produttivo per parteciparvi.

Che un maestro di asilo debba essere più o meno retribuito di un professore universitario infatti da che cosa dipende? in verità dalla comprensione che si ha della sua funzione (e delle grandi responsabilità che infatti egli ha). Ma la comprensione deriva dallo sfera della cultura: se conosco certi retroscena della vita umana sarò portato ad attribuire più importanza al maestro elementare che al professore, quindi, che in un futuro le politiche retributive cambino sarà il frutto di una cultura finalmente libera dei gioghi statali, e il modello d'impresa proposto ha per "mandato" proprio la nutrizione della sfera della cultura per renderla progressivamente sempre più libera. Da una cultura liberata discenderanno anche politiche salariali diverse da quelle a cui oggi siamo usi.


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 Oggetto del messaggio: Re: Gaetano Bonaiuto a Trieste - aprile\maggio 2012
Messaggio da leggereInviato: 22/05/2012, 23:06 
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Iscritto il: 13/07/2011, 20:31
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Allora, Clark, da una parte abbiamo la situazione obiettiva, reale, condizionante cui tu alludi
Cita:
vincoli concreti che si hanno quando si mette in piedi una impresa "vera" partendo da quello che, ahimè, è il "mercato del lavoro" odierno
ma credo che appiattirsi sull'esistente, se da una parte può mostrare un nostro sano realismo, dall'altra potrebbe essere equivalente ad una carenza di idealità, di progettualità. Se riteniamo che una realtà non sia ottimale, pur volendo considerare che l'economia è sempre in movimento, le modificazioni che proporremo ed eventualmente otterremo saranno in rapporto con un nostro progetto ideale, non astratto, non utopico, ma attento ad aspetti più ampi che non il solo competere economico nel mercato.
Infatti tu scrivi
Cita:
Il modello di impresa proposto in sostanza è una associazione di persone, le cui varie competenze e funzioni si aggregano attorno all'idea dell'imprenditore e ciascuno riceve la parte che ha concordato con gli altri attori del processo produttivo per parteciparvi.
A questo punto credo sia bene aver chiaro quali sono i criteri inconsci, o poco coscienti, secondo i quali tratteremo le varie retribuzioni, e può darsi che, a questo punto, il pregiudizio, chiamiamolo per ora così, della superiorità di un lavoro legato al pensare porti ad una maggiore disponibilità per remunerare un tale lavoro più che gli altri. Ovviamente questa spinta inconscia può ben agire durante le trattative per concordare le singole retribuzioni: perché non verificare se sia così?
Poiché alla fine la cosa dipende, a quanto affermi, da una cultura liberata, vedi che 1) anche tu inserisci un elemento che tu chiami, in rapporto al mio dire, utopico, ma che a buon diritto può venir detto inerente al progetto e alle sue profonde finalità (ideale, se si vuole); 2) una cultura "liberata" ha un estremo bisogno di conoscenza, pena il fallimento. Prendere coscienza delle strutture mentali che giacciono sotto alle varie decisioni è essenziale.

Con questo credo di aver "dimostrato" la legittimità del porsi il problema relativo a quanto retribuire il pensare, quanto il sentire, quanto il volere, per dirla piuttosto schematicamente. Ma preferisco immedesimarmi nell'entusiasmo di chi questa iniziativa vorrebbe proprio farla reale, ed allora osservo che rimane essenziale sapere in quale ambito ci si muova. Per dire: sto creando una società di servizi sanitari o una fabbrica di campane in bronzo? Credo che cambino le condizioni, se a) o b): e cambiano così tanto che un modello unico rischia di diventare quasi una gabbia.
Quando ci accordiamo per i rispettivi compensi, poi, fino a che punto ci faremo influenzare dalla legge della domanda e dell'offerta di professionalità presenti sul mercato?
Infine, osservo che, curiosamente, il problema forse non cambia in caso di impresa individuale. Infatti, io posso scindere la mia partecipazione (per es.: vado a pescare con la barca e vendo i pesci) in più ruoli. C'è il ginogost finanziatore, che mette i soldi per la barca, e va retribuito; c'è il g. pescatore, e va retribuito; c'è il g. che porta il pesce ai ristoranti, e va retribuito; questi ultimi due vanno poi assicurati (caso di malattia ecc.), gratificati se le cose vanno bene, ecc. ecc. ecc. Per farla breve, se sono solo potrò essere più elastico, vabbè, però teoricamente le cose non cambiano molto: i conti vanno fatti prendendo decisioni sui vari aspetti, e non è detto che queste decisioni possano essere prese a priori, anzi, solo in un secondo momento avrò abbastanza elementi per valutare del successo dell'impresa.
Come dicevo a Trieste, infatti, hai voglia di definire uno stipendio per un lavoratore, magari non dipendente, però qualcosa di simile: questo corrisponde ad una obbligazione a tasso fisso, o quasi, il cui proprietario può bellamente fregarsene di come andrà l'impresa, e a questo punto l'impresa è cosa diversa dal lavoratore, che presta l'opera come una merce.

Mi fermo qui, anche perché voglio avere il tempo di leggere bene su tripartizione tutto quanto inerisce la cosa, e se non lo faccio, allora, è vero, rischio realmente l'astrattezza.

A presto, g.


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